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Suprema Corte di Cassazione 

SEZIONE LAVORO

sentenza n. 3802 del 18 febbraio 2014

Svolgimento del processo

1. Può ritenersi pacifico in fatto quanto segue.

1.1 – Il 23 giugno 2009, nell’esercizio dei suoi poteri di ispezione e vigilanza, il Consiglio Notarile di Grosseto, con comunicazione prot. n. 97/09, invitava il Notaio B. a produrre copia integrale di alcuni atti iscritti a repertorio relativi ai mesi di aprile, giugno, luglio, dicembre 2008 e marzo 2009.

A seguito della delibera del Consiglio Notarile di Grosseto del 6 ottobre 2009, avente ad oggetto l’attività di monitoraggio annuale, veniva inviata in data 14 ottobre 2009 a tutti i Notai del distretto una nota con la quale si richiedeva una copia della denuncia IVA riferita agli anni 2007 e 2008, nonché delle denunce mensili dei primi sei mesi del 2009.

1.3 – Esaminata la documentazione inviata dal Notaio B., il 10 marzo 2010, il Consiglio lo invitava a far pervenire copia delle fatture relative agli acquisti effettuati nel secondo semestre del 2009, oltre alla indicazione del numero degli atti stipulati nei singoli recapiti che non erano stati indicati precedentemente.

1.4- Il Notaio impugnava presso il TAR Toscana tale provvedimento (ricorso notificato il 12 maggio 2010) e gli atti presupposti (la nota prot. n. 97/2009, relativa alle richieste documentali, il provvedimento del Consiglio Notarile relativo al monitoraggio obbligatorio annuale di “Rilevazione dati” e gli articoli 22 e 49 dei “Principi di deontologia professionale dei Notai”, in qualità di atti presupposti). Di tanto notiziava il Consiglio notarile e motivava il mancato adempimento alla richiesta di esibizione documentale in base al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, richiedendo la sospensione del procedimento amministrativo in attesa della pronuncia dell’adito Tribunale.

1.5 – Con delibera dell’8 marzo 2011, il Consiglio Notarile contestava al Notaio B. la violazione degli articoli 21 e 22 del Codice Deontologico; il 3 maggio 2011 veniva promosso il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 153 della Legge Notarile (prot. n. 67/2011), ed il 18 maggio 2011 seguiva il provvedimento del Presidente della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana (Co.Re.Di) con il quale veniva esercitata la relativa azione disciplinare.

1.7 – Tali atti venivano impugnati, previa istanza cautelare, dinnanzi al TAR Toscana, con motivi aggiunti depositati il 9 luglio 2011. Il TAR si pronunciava con ordinanza n. 1002/2011, respingendo la domanda di sospensiva.

1.8 – La Co.Re.Di. Toscana, con decisione del 12 ottobre 2011, comminava al notaio la sanzione dell’avvertimento per aver violato l’obbligo di collaborazione previsto dal Codice Deontologico.

1.9 – Avverso tale decisione il Notaio proponeva reclamo davanti alla Corte d’Appello di Firenze, lamentando, nei tredici motivi di diritto, illegittimità procedimentali sia in relazione alla Legge Notarile che alla legge n. 241/1990, nonché evidenziando profili di eccesso di potere. 1.10 – La Corte di Appello, con ordinanza del 24 febbraio 2012 n. 349 respingeva il reclamo, confermando l’impugnata decisione. 2 – Avverso tale decisione il Notaio notificava, in data 18 ottobre 2012, ricorso per Cassazione, fondato su 14 motivi. Resiste con controricorso il Consiglio notarile di Firenze.

Motivi della decisione

1. I motivi del ricorso

1.1 – Col primo motivo di ricorso si deduce: «Error in procedendo. Sulla mancata sospensione del procedimento disciplinare per “pregiudiziale amministrativa giurisdizionale”. Illegittimità». Il ricorrente aveva impugnato al Tar, e la relativa controversia era pendente, “i provvedimenti di esercizio dell’azione disciplinare presupposti del giudizio disciplinare” (atto del 10 marzo 2010 di richiesta integrazione della documentazione, atto del 23 giugno 2009 di richiesta di documenti, provvedimento del consiglio notarile di Grosseto di adozione del monitoraggio, articoli 22 e 44 dei principi di deontologia professionale, approvati dal Consiglio nazionale notarile il 5 aprile 2008 e tutti gli altri atti presupposti, istruttori, connessi e consequenziali anche non conosciuti). Trattandosi di presupposti essenziali dell’azione disciplinare sussisteva la pregiudiziale amministrativa nel giudizio disciplinare. Ciò malgrado la Co.Re.Di non aveva disposto la sospensione del giudizio, che, in caso di accoglimento del ricorso avrebbe determinato il venir meno ex tunc di tutti gli atti in questione con effetti diretti sull’azione disciplinare.

1.2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Error in indicando: astratta ammissibilità dell’impugnazione giurisdizionale degli atti di esercizio dell’anione disciplinare». L’azione disciplinare era una conseguenza diretta degli atti in data 23 giugno 2009 e 10 marzo 2010, adottati in conseguenza del disposto monitoraggio. L’eventuale annullamento da parte del giudice amministrativo avrebbe determinato il venir meno del presupposto dell’illecito disciplinare contestato (mancata collaborazione). Di qui la necessità di sospensione del giudizio disciplinare, pure autonomo rispetto a quello amministrativo.

Illegittimità assoluta ed insanabile dei provvedimenti del Presidente e del Consiglio Notarile di Grosseto esercizio dell’anione disciplinare, per I provvedimenti di esercizio dell’azione disciplinare risultavano illegittimi, perché posti in essere in violazione della legge 241/1990, applicabile al procedimento amministrativo di natura disciplinare, anche per effetto dell’articolo 29, comma 1, della legge richiamata. provvedimento di acquisizione documentale era illegittimo per violazione degli articoli 9 e 10 della legge 241/90; così come illegittima risultava, per il mancato invio dell’avviso di procedimento, la delibera consiliare 8 marzo 2011 (non comunicata ed assunta senza contraddittorio) in violazione dell’articolo 3, comma 3, della legge 241/90. Il provvedimento del 26 marzo 2009 era stato assunto senza alcuna motivazione e non era stato preceduto dal necessario contraddittorio.

1.4 – Col quarto motivo di ricorso si deduce: «Illegittimità dell’anione amministrativa del Presidente e del Consiglio Notarile di Grosseto in relazione agli atti di esercizio dell’anione disciplinare per violazione e falsa applicatone dell’art. 160 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall’art. 49 del D. Lgs. 1 agosto 2006, n. 249; violazione e falsa applicatone degli artt. 1, 3, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241; violazione del principio di trasparenza; violazione del diritto di difesa; eccesso di potere». Era mancato “un regolare e legittimo procedimento amministrativo istruttorio notarile con l’applicazione della legge 241/90”, con violazione dei principi di trasparenza, partecipazione procedimentale e conseguente compressione del diritto di difesa anche quanto alla possibilità di depositare memorie e di essere ascoltati.

1.5 – Col quinto motivo di ricorso si deduce: «Violatone e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241; 153, comma 2, e 160 della legge 16 febbraio 1913, n. 89. Eccesso di potere». Era stato omesso l’invio dell’ “avviso di procedimento” (articoli 7 e 8 della legge 241/90), imposto dalla legge per consentire il diritto di partecipazione e l’esercizio dei diritti di difesa nel contraddittorio. Non sussistevano nemmeno le situazioni di urgenza che potessero giustificarne l’omissione (comma 1, dell’articolo 7 della legge 241/90).

1.6 – Col sesto motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e 160 della legge 16 febbraio 1913, n. 89. Eccesso di potere». I provvedimenti di esercizio dell’azione disciplinare, di monitoraggio e di acquisizione documentale erano illegittimi perché contrari agli articoli 9 e 10 della legge 241/90, non avendo consentito il diritto di intervento nel procedimento e il diritto di difesa. Né tale comportamento era giustificato, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di appello di Firenze, in ragione dell’assenza di attività istruttoria, alla quale l’incolpato aveva diritto di partecipare, non essendo stata neanche disposta la sua audizione.

. I provvedimenti di acquisizione documentale e di monitoraggio adottati dal Consiglio notarile di Grosseto risultavano in contrasto con l’articolo 93 della legge 16 febbraio 1913 n. 89.

Il presidente del Consiglio notarile aveva “esercitato in forma assolutamente abnorme il potere di vigilanza, tramutandolo in forma di un inesistente potere di ispezione”. La norma non prevede un potere ispettivo, poiché l’ispezione straordinaria spetta al Ministero della Giustizia e al Procuratore della Repubblica, mentre il potere di ispezione ordinario spetta all’Archivio notarile. Il potere era stato esercitato in assenza di situazioni patologiche e distorsive specifiche. Il monitoraggio è assolutamente estraneo alla funzione di vigilanza, che, se esercitata in mancanza di motivazione, risulta distorta e abnorme.

1.9 – Con il nono motivo di ricorso si deduce: «Violazione art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 93, comma 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89. Eccesso di potere. Illogicità. Uso abnorme e distorsione della funzione di vigilanza. Violazione del diritto della privacy». L’adempimento alle richieste documentali avrebbe determinato la violazione del diritto alla privacy dei soggetti estranei coinvolti nella acquisizione documentale. Di qui l’ulteriore illegittimità delle richieste del Consiglio notarile.

1.10 – Col decimo motivo si deduce: «Violazione art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c. in relazione al capo di incolpazione della decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana, Secondo Collegio Giudicante, in data 14 luglio 2011, n. 66 Ruolo P.D. Violazione e falsa applicazione dei par 21 e 22 del Codice Deontologico Notarile e degli artt. 147 lettera b.e c. della legge 16 febbraio 1913, n. 89, Legge Notarile; Infondatezza e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto per la configuratone della fattispecie di cui all’art. 147 della decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana, Secondo Collegio Giudicante, in data 14 luglio 2011, n. 66 Ruolo P.D. Inesistenza nel merito dell’illecito disciplinare contestato. L’illecito disciplinare contestato è inesistente». La contestazione postulava la violazione continuata dell’ordine di acquisizione documentale. Non era stato invece interposto alcun rifiuto, ma vi era stata la sola non ottemperanza conseguente all’esercizio del diritto soggettivo di azione e di difesa, posto, tra l’altro, che l’adempimento alla richiesta avrebbe comportato l’inammissibilità del ricorso giurisdizionale per intervenuta acquiescenza. Inoltre, il ricorrente aveva dato notizia del suo comportamento, dandone ampia motivazione, prima della proposizione del ricorso al Tar.

1.11 – Con l’undicesimo motivo si deduce: «Violatone dell’art. 360 comma 1, n. 5) c.p.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivatone circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assenza di dolo disciplinare specifico». Era assente il dolo specifico, posto che la non esecuzione del provvedimento del Consiglio notarile era “dipesa esclusivamente dalla volontà di esercitare il proprio diritto soggettivo alla tutela giurisdizionale ex articolo 24 della Costituzione”.

1.12 – Col dodicesimo motivo si deduce: «Violatone dell’art. 360, comma n. 3), c.p.c. in relazione al capo di incolpatone della decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Toscana, Secondo Collegio Giudicante, in data 14 luglio 2011, n. 66 Ruolo P.D.». Non sussiste un’analogia tra procedimento penale e quello disciplinare: il soggetto incolpato non doveva adempiere anche ad atti “ritenuti illegittimi”.

1.13 – Col tredicesimo motivo si deduce: «Violatone dell’art. 360 comma n. 5) c.p.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivatone circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Illegittimità delle delibere che dispongono il minimo di tariffa inderogabile». Il provvedimento di acquisizione della documentazione doveva ritenersi finalizzato a raccogliere documentazione utile per contestare la violazione in ordine all’obbligo di rispettare i minimi tariffari, ormai superato dalla giurisprudenza e dalla normativa.

1.14 – Col quattordicesimo motivo si prospetta, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale degli artt. 148 – 159, della legge 16 febbraio 1913, n. 89. Violazione artt. 3, 24, 103, 111 e 113 Costituzione, in relazione alla mancata previsione di un doppio grado pieno di tutela giurisdizionale.

2. Il ricorso è infondato e va rigettato.

giurisdizionale allo svolgimento del procedimento disciplinare, il quale risponde ad una logica funzionale sua propria e trova al suo interno gli strumenti per assicurare l’esercizio del diritto di difesa dell’incolpato.

Al contrario, l’impugnabilità della sanzione disciplinare davanti al giudice ordinario implica che sia devoluta a quest’ultimo ogni valutazione inerente la legittimità degli atti amministrativi presupposti. Nella specie, del resto, il TAR adito dal notaio per far valere l’illegittimità delle richieste provenienti dal Consiglio Notarile ha respinto la domanda di sospensiva, sicché non può dubitarsi dell’esecutorietà sul piano amministrativo dei provvedimenti, di carattere latamente ispettivo, dalla cui inottemperanza nasce l’azione disciplinare. A fronte della decisione negativa del TAR sull’istanza inibitoria del B., non solo la Commissione Ragionale di Disciplina non aveva obbligo di sospendere il procedimento disciplinare, ma aveva il dovere di procedere all’accertamento relativo. È chiaro che l’impugnativa non può di per sé paralizzare un’attività di controllo che risponde ad inderogabili esigenze pubblicistiche. Stante l’esecutività della richiesta, ormai apertamente ammessa dal TAR, il notaio, pur impugnandola, avrebbe dovuto ottemperarle comunque. Non è vero che questo avrebbe comportato acquiescenza, come sempre quando si tratta di dare esecuzione ad un provvedimento esecutivo sottoposto a gravame.

L’esecuzione per compulsum salvo impugnazione è quanto normalmente si verifica davanti ai provvedimenti provvisoriamente esecutivi che in misura sempre più larga l’ordinamento offre per contrastare iniziative dilatorie e strumentali dell’obbligato».

3.2 Quanto ai primi due motivi, occorre in primo luogo osservare che la legge notarile non prevede alcuna specifica i
potesi nel senso indicato dal ricorrente, il quale peraltro nemmeno indica nella sua censura la norma in tesi violata, pur articolando la censura sotto il profilo del 360 n. 3 cod. proc. civ.. La legge notarile, anzi, prevede la sola ipotesi della sospensione per procedimento penale (art. 158-quinquies), che consente di concludere per l’esclusione di altre ipotesi di pregiudiziali necessarie al riguardo. Occorre poi rilevare che il provvedimento impugnato è pienamente conforme ai principi in materia più volte affermati, in via generale, da questa Corte in materia di pregiudizialità, anche amministrativa, secondo i quali «in tema di sospensione necessaria del processo civile ex art. 295 cod. proc. civ., la pregiudizialità di una controversia amministrativa può astrattamente sussistere solo quando quest’ultima verta su questioni di diritto soggettivo rientranti nell’ambito della giurisdizione esclusiva, mentre, qualora davanti al giudice amministrativo sia impugnato un provvedimento incidente su interessi legittimi, non può disporsi la sospensione del giudizio civile, ancorché connesso con quello amministrativo, potendo il giudice ordinario disapplicare i provvedimenti a tutela dei diritti soggettivi influenzati dagli effetti dei detti provvedimenti» (Cass. 2012 n. 9558), dovendosi ulteriormente ritenere che sussista la pregiudiziale amministrativa «qualora sia imposta dall’esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che però non ricorre se il possibile contrasto riguardi soltanto gli effetti pratici dell’una o dell’altra pronuncia» (Cass. 2009 n. 11085). Nel caso in questione, i provvedimenti impugnati non riguardano diritti soggettivi del notaio, ma soltanto il suo interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri attribuiti al Consiglio Notarile. Vi è, quindi, pieno potere di sindacato da parte del giudice ordinario sugli atti in questione ai fini della eventuale disapplicazione. Né può sussistere contrasto di giudicati, posto che la decisione assunta sul punto dal giudice ordinario sugli atti (disapplicazione) non ha alcun effetto di giudicato sugli stessi. Sussiste, invece, com’è evidente, un potenziale contrasto riguardo agli effetti pratici delle due pronunce. Ma ciò non è sufficiente a integrare l’ipotesi della sospensione necessaria.

unica evidente cautela della dichiarata esclusione di qualsiasi acquiescenza al riguardo. Né tale adempimento, negli indicati limiti, avrebbe determinato violazioni di norme e possibili responsabilità a carico del notaio, trattandosi di necessaria ottemperanza ad un provvedimento amministrativo esecutivo, sia pure in pendenza di sindacato di legittimità.

4. Sono pure infondate le censure avanzate con i motivi da tre a sette con riguardo all’asserita violazione della legge 241 del 1990, applicabile al procedimento disciplinare notarile, quanto ai diritti di partecipazione e di difesa. Tali censure sono inconferenti perché si fondano: a) sull’errato assunto che gli atti generali adottati del locale Consiglio notarile di monitoraggio, d’informazione e di acquisizione di documenti costituiscano già atti del procedimento disciplinare; b) sulla espletata istruttoria del procedimento disciplinare in questione. Al riguardo, correttamente la Corte di appello ha rilevato che «il rinvio a giudico disciplinare non è stato preceduto da alcuna attività istruttoria a cui l’incolpato avesse diritto di partecipare. L’addebito si sostanzia, infatti, in una condotta di pura omissione, di per sé censurabile e tale da integrare gli estremi dell’illecito disciplinare. Donde la deliberazione del rinvio a giudizio in data 8 marzo 2011, ricevendo la quale la Commissione di Disciplina, in data 18 maggio 2011, ha dato immediato avviso dell’inizio del procedimento all’organo richiedente ed al notaio incolpato, rispettando puntualmente il disposto dell’art. 155 L.N.» Nel caso in questione non vi è stata alcuna istruttoria disciplinare, come esattamente rilevato dalla Corte territoriale. Né gli atti generali di informazione e di acquisizione documentale adottati dal Consiglio notarile possono essere automaticamente qualificati come atti di inizio del procedimento disciplinare, avendo altra e diversa finalità. La legittima acquisizione di dati e informazioni, in tesi suscettibili di dare luogo ad azione disciplinare, non si pone di per sé come atto di inizio del procedimento disciplinare, avendo quest’ultimo inizio solo dal momento viene acquisita la notizia di rilievo disciplinare. Del resto, diversamente opinando, tutti gli atti, anche genericamente, ispettivi dovrebbero essere ricondotti nell’alveo del procedimento disciplinare. Inoltre, nel caso in questione, è stato censurato il solo comportamento omissivo del notaio e non altro. Del resto, questa Corte ha già avuto occasione di affermare, con riguardo alla comunicazione di cui all’art. 7 della legge 241 del 1990, che «In materia di procedimento disciplinare a carico dei notai, non è necessaria la comunicazione prescritta dall’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, allorché il Presidente del Consiglio notarile investa quest’ultimo del promovimento della procedura, perché, da un lato, lo stesso art. 7 limita il proprio ambito di operatività, escludendola quando esistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”, e, dall’altro, dette ragioni sono legislativamente presupposte dall’art. 153 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall’art. 39 del d.lgs. 1 agosto 2006, n. 249, il quale dispone che “il procedimento è promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante». (Sez. U, Sentenza n. 13617 del 31/07/2012, Rv. 623439).

5. Sono anche infondate le censure articolate con l’ottavo e il nono motivo di ricorso, quanto all’inesistenza di un potere ispettivo del Consiglio notarile e alla violazione del diritto alla privacy. Non si tratta di esercizio di potere ispettivo, ma di vigilanza sull’attività svolta dai notai, attività questa che certamente rientra nelle attribuzioni dei Consigli notarili, in quanto collegate alle funzioni pubbliche loro riservate. Si tratta di atti strumentali al fine e che non presentano profili di illegittimità, nemmeno sotto il profilo di eccesso o di sviamento del potere, così come correttamente valutato dal giudice del merito, cui esclusivamente tale valutazione spetta, se, come nel caso, adeguatamente motivata. Né sussiste la dedotta violazione della normativa di cui alla legge 2003 n. 196. Al riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il condiviso principio secondo il quale «ai sensi degli artt. 18 e 19 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (c.d. codice della privacy) – secondo cui il trattamento da parte di un soggetto pubblico di dati personali è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, mentre il trattamento riguardante dati diversi da quelli sensibili e giudiziari è consentito anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo commette illecito disciplinare il notaio, libero professionista esercente una funzione pubblica, il quale non ottempera alla richiesta del Consiglio notarile distrettuale, organismo di natura anch’esso pubblica, di trasmettere copia delle fatture attinenti agli atti repertoriati, trattandosi della comunicazione di dati tra soggetti pubblici stabilita dall’art. 26 dei principi di deontologia professionale dei notai emanati dal C.N.N. in data 24.02.1994 in virtù di autonoma potestà regolamentare attribuita a tale Consiglio dall’art. 16 della legge 27.06.1991 n. 220» (Cass. n. 25504 del 2006, Rv. 594712).

6. Sono infondate le censure avanzate con l’undicesimo e dodicesimo motivo, sulla base del giustificato mancato adempimento alla richiesta del Presidente del Consiglio notarile del 10 marzo 2010, conseguenza del legittimo esercizio del diritto di difesa (decimo m
otivo), in assenza di “dolo disciplinare specifico” (undicesimo motivo), non potendosi comunque configurare un obbligo di adempimento a fronte di atti ritenuti illegittimi (dodicesimo motivo). Tutte le argomentazioni avanzate risultano superate alla luce delle considerazioni svolte con riguardo al rigetto del decimo motivo (cui si rinvia), quanto al protrarsi della mancata collaborazione anche dopo il rigetto della istanza di sospensiva da parte del TAR., che ha tolto ogni residuo ostacolo alla esecutività del provvedimento. Da tale momento, infatti, il provvedimento poteva essere adempiuto, con esenzione da ogni responsabilità o esclusione di qualsiasi acquiescenza soltanto con l’adozione di semplici accorgimenti. In tal modo e in tale momento è venuto meno ogni residuo ragionevole ostacolo, anche sul piano soggettivo, in ordine alla necessità della collaborazione istituzionale, restando ovviamente impregiudicato il merito della vicenda.

7. É infondato anche il tredicesimo motivo, che si fonda sull’affermazione, secondo la quale le acquisizioni documentali e le richieste di informativa sarebbero state orientate alla verifica del rispetto dei minimi tariffari. Si tratta di affermazione che non risulta comprovata dagli atti in esame, né vi è stata contestazione disciplinare al riguardo. La censura è quindi inconferente.

8. Va disatteso anche l’ultimo motivo, col quale si pone la questione di legittimità costituzionale della normativa disciplinare notarile, che non consente il doppio grado di giurisdizione. Al riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il condiviso principio secondo il quale: «In tema di responsabilità disciplinari a carico dei notai, la conformazione del procedimento, nel quale è previsto un unico grado in sede giurisdizionale, non è in contrasto con i principi o le disposizioni della Costituzione e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, poiché queste fonti di rango primario non impongono il doppio grado di giudizio, come evidenziato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza del 30 luglio 1997, n. 288, né può ritenersi violato il principio di uguaglianza, perché anche altri ordinamenti disciplinari professionali (come quello forense) prevedono un’articolazione analoga a quella fissata peri notai. (Cass. SU n. 13617 del 2012, Rv. 623443).

9. Le spese possono essere compensate in relazione alla specificità della vicenda e delle questioni poste.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese compensate.

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