Cassazione 13

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 9 settembre 2015, n. 17832

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7747-2013 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

nonche’ da:

(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 8020/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/03/2012 R.G.N. 9178/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

(OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva respinto le sue domande dirette al superiore inquadramento ed alle relative differenze retributive, oltre al risarcimento del danno, connessi al dedotto demansionamento subito presso la (OMISSIS) s.p.a. dal 1997. Si costituiva la societa’ resistendo al gravame.

Con sentenza depositata il 13 marzo 2012, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto della lavoratrice all’inquadramento nel 6 livello di cui al c.c.n.l. di categoria dal luglio 1994, con condanna della societa’ alle conseguenti differenze retributive, da liquidarsi in separato giudizio, oltre al risarcimento del danno professionale, liquidato in complessivi euro 74.530,83, con interessi dalla sentenza al saldo.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la (OMISSIS), affidato a cinque motivi.

Resiste la societa’ con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a quattro motivi, poi illustrato con memoria.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi proposti avverso la medesima sentenza.

1. – Con i primi tre motivi la (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c.; del combinato disposto dell’articolo 111 Cost. e articolo 132 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), oltre a difetto di motivazione in ordine alla domanda basata sulla discriminazione di genere.

Lamenta che la Corte di merito ritenne infondata la domanda di superiore inquadramento (il 7 livello), limitandosi a valutare se le mansioni di fatto svolte potevano o meno ricondursi alla relativa qualifica contrattuale collettiva, senza considerare che la domanda proposta si basava sulla cd. discriminazione di genere, di cui alle Legge n. 903 del 1977, Legge n. 125 del 1991, e Decreto Legislativo n. 145 del 2005.

Lamenta inoltre che la sentenza impugnata non esamino’ affatto la questione della discriminazione di genere, che pure era stata ritualmente introdotta in giudizio ove si era lamentato che al rientro dalla sua assenza per maternita’ la (OMISSIS) aveva visto la sua carriera bloccata, mentre i dipendenti di sesso maschile avevano ottenuto inquadramenti superiori (7 livello), a nulla rilevando quanto osservato dalla societa’ resistente, secondo cui cio’ era dovuto solo al fatto che i dipendenti promossi risultavano in concreto possedere maggiori professionalita’.

1.1.- I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, presentano profili di inammissibilita’, non chiarendo in quali termini e quando la domanda in questione sarebbe stata proposta, nulla risultando al riguardo dalla sentenza impugnata. Occorre al riguardo evidenziare che il ricorrente che, in sede di legittimita’, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, indicandone inoltre (ai fini di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4) la sua esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di causa (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726), al fine di consentire al giudice di legittimita’ il controllo della decisivita’ dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569). Essi sono comunque infondati perche’, secondo il consolidato orientamento di questa S.C. non e’ sufficiente lamentare o invocare la discriminazione in parola per essere sollevati dall’onere di provare i fatti costitutivi del diritto (Cass. n.l4206/13), ovvero per ottenere automaticamente le posizioni lavorative superiori reclamate (Cass. n. 11661/06).

Nella specie non e’ dedotta alcuna effettiva prova della discriminazione e del diritto della (OMISSIS) ad ottenere il reclamato livello 7 (Cass. n.l4206/13). Senza considerare poi che la sola assenza per maternita’ non puo’ dar luogo a progressioni di carriera tout court (Cass. n. 116601/06), salvo il caso, non dedotto nella specie, in cui la progressione di carriera sia legata alla mera anzianita’ (che decorre durante l’assenza per gravidanza) e neppure quando tale anzianita’ sia tuttavia legata alla maggiore professionalita’ acquisita.

2. – Con il quarto motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., oltre che dell’articolo 2697 c.c..

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne di condividere acriticamente quanto rilevato dal Tribunale in ordine al danno biologico e cioe’ che nella specie non era stata dimostrata l’esistenza di uno stato patologico conseguente la dedotta situazione lavorativa, laddove dalla stessa c.t.u. emergeva che a seguito delle condizioni di lavoro verosimilmente verificatesi dal (OMISSIS) era derivato alla (OMISSIS) (che peraltro aveva documentato sin dal primo grado la sindrome ansioso depressiva di tipo reattivo conseguente le condizioni di lavoro) un disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso e cioe’ una sindrome ansioso depressiva di tipo reattivo, quantificando il danno biologico nella misura dell’8%. Lamenta che la sentenza impugnata non considero’ che la c.t.u. poteva costituire in tal caso fonte di prova, che tuttavia la Corte di merito, in contrasto con le norme denunciate, non considero’ minimamente.

3 – Con il quinto motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 345 c.p.c..

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che essa ricorrente non avesse esplicitamente riproposto la domanda in ordine al danno biologico, negata dal primo giudice, laddove tale domanda era stata ritualmente proposta attraverso il richiamo ai precedenti scritti difensivi, di cui riporta taluni brani.

4.- I motivi, che per la loro connessione debbono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. La Corte di merito ha infatti affermato che il Tribunale aveva escluso la sussistenza di uno stato patologico conseguente alla situazione lavorativa in cui la (OMISSIS) aveva operato mentre quest’ultima “non aveva formulato alcuna espressa censura” alla sentenza di primo grado. Deve allora rilevarsi che la ricorrente, in questa sede, si limita a dedurre di aver enunciato nell’atto di appello i vari danni derivanti da demansionamento, senza fornire pertanto alcun elemento a sostegno della specifica censura formulata nei confronti della sentenza di prime cure, non criticando cosi’ specificamente quanto al riguardo statuito dalla Corte di merito.

A cio’ aggiungasi che la c.t.u. invocata dalla (OMISSIS) non risulta depositata, ne’ sono riportati in ricorso quanto meno i passi salienti ed idonei, nel rispetto del principio di autosufficienza, a valutare se effettivamente sia stata accertata, e per quali ragioni, l’esistenza di un danno biologico di origine lavorativa.

5. – Venendo all’esame del ricorso incidentale si osserva.

5.1. – Con primo motivo la societa’ (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 2103 c.c. e dell’articolo 4 del c.c.n.l. sulla classificazione del personale (articolo 360 c.pc.., comma 1, n. 3).

Lamenta che la sentenza impugnata riconobbe alla (OMISSIS) il 6 livello nonostante le mansioni di fatto svolte, ed emerse dall’istruttoria, avrebbero imposto di ritenere corretto l’inquadramento nel 5 livello posseduto.

Ed infatti, l’attivita’ della (OMISSIS), riportata in sentenza, risulto’ consistere: 1) nella redazione di rapporti contenenti la indicazione di tutti i risultati utili e dei metodi usati; 2) nella redazione di documenti (PAD) che descrivono i requisiti che devono avere le varie componenti; 3) nella conoscenza di base di materie scientifiche (chimica, fisica ed elettronica. Al contrario gli elementi caratterizzanti la declaratoria del 6 livello, ad avviso della societa’, erano: 1) svolgimento di funzioni direttive; 2) particolare preparazione e capacita’ professionale; 3) discrezionalita’ di poteri; 4) facolta’ di decisione; 5) autonomia di iniziativa nei limiti delle direttive; 6) capacita’ di sviluppare nel campo di attivita’ progetti relativi a prove di controllo; 7) capacita’ di sviluppare apparecchiature e/o prototipi; 8) definire i cicli di prova, le metodologie di esecuzione, i mezzi e gli impianti da utilizzare o da innovare; 9) collaborare con altri enti per definire i provvedimenti da adottare in caso di anomalie e per studi e/o miglioramenti da apportare alle metodologie di prova.

Lamenta che la Corte capitolina erro’ nell’attribuire alla (OMISSIS) il superiore inquadramento, ritenendo sussumibili nella citata categoria attivita’ di mera redazione e compilazione di documenti (ovviamente tecnici essendo il reparto a cui era addetta la (OMISSIS) un reparto tecnico), senza verificare la coesistenza di tutti gli altri elementi propri e qualificanti la 6 categoria, vale a dire autonomia, discrezionalita’, facolta’ di decisione, funzioni direttive e sviluppo di progetti.

Il motivo e’ inammissibile. In primo luogo per richiedere a questa Corte nuove valutazioni in fatto, e segnatamente circa lo svolgimento delle mansioni in concreto svolte dalla lavoratrice; in secondo luogo per non essere stato prodotto il c.c.n.l. di categoria.

5.2.- Con il secondo motivo la societa’ denuncia una insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che la (OMISSIS) fu lasciata sostanzialmente inoperosa, non considerando che dalle testimonianze raccolte era emerso che fu la lavoratrice a rifiutare sovente (ed illegittimamente) gli incarichi affidatile. A tal fine trascrive i capitoli di prova formulati dalla societa’ al riguardo e la copia dei verbali di udienza contenenti le relative deposizioni testimoniali (pagg. 31-52 del controricorso).

Il motivo e’ inammissibile, per sottoporre a questa Corte nuove valutazioni di fatto ed inoltre per difetto di autosufficienza, requisito che non puo’ ritenersi soddisfatto nel caso in cui il ricorrente inserisca nel proprio atto di impugnazione la riproduzione fotografica di uno o piu’ documenti, affidando alla Corte la selezione delle parti rilevanti e cosi’ una individuazione e valutazione dei fatti, preclusa al giudice di legittimita’ (Cass. 7 febbraio 2012 n. 1716).

5.3.- Con il terzo ed il quarto motivo la societa’ denuncia la violazione degli articoli 115, 414 e 420 c.p.c., in relazione agli articoli 2697 e 2729 c.c., nonche’ articolo 432 c.p.c., articoli 1223 e 1226 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Lamenta che la sentenza impugnata riconobbe alla (OMISSIS) un risarcimento del danno alla professionalita’ senza che quest’ultima avesse adeguatamente allegato, e quindi provato, i presupposti del danno medesimo. Cio’ in contrasto con i consolidati principi di legittimita’ in materia, secondo cui il danno da demansionamento non puo’ mai ritenersi in re ipsa, ma deve essere sempre provato, se del caso anche attraverso presunzioni, ma giammai attraverso la mera allegazione del dedotto fatto illecito, che non puo’ mai costituire di per se’ elemento, neppure indiziario o presuntivo, di prova del danno.

5.4 – I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.

Deve innanzitutto rilevarsi che sebbene ai fini del riconoscimento del danno, anche patrimoniale, da demansionamento, e’ sempre necessaria la prova del pregiudizio subito, tale prova puo’ essere anche presuntiva, non costituendo le presunzioni un mezzo di rango secondario nella gerarchia degli strumenti di prova, ben potendo pertanto essere impiegate anche in via esclusiva dal giudice per la formazione del suo convincimento (Cass. sez. un. n. 5672/06, Cass. n. 19778/14; Cass. n. 28274/08, Cass. n. 13819/2003; Cass. n. 9834/2002). Nella specie la Corte di merito, esattamente in linea con i principi enunciati da Cass. sez. un. 6572/06, Cass. n. 4652/09 e successiva giurisprudenza, ha ritenuto provata la lesione della professionalita’ della (OMISSIS) per la sua sostanziale inattivita’, protrattasi per un lungo periodo di tempo (ottantaquattro mesi).

La Corte ha quindi ritenuto che il danno patito dal lavoratore per effetto del demansionamento non discende in via automatica dall’inadempimento datoriale, e dunque non e’ in re ipsa, dovendo comunque essere provata. Allo scopo ha utilizzato la prova presuntiva, in linea con la menzionata giurisprudenza di questa Corte, valorizzando sia la totale inattivita’, e dunque la piu’ grave violazione dell’articolo 2103 c.c., cui fu costretta la (OMISSIS), sia l’assenza di conferimento di altri incarichi significativi, sia la notevole durata di essa (ottantaquattro mesi), valutando dunque la natura, l’entita’ e la durata del demansionamento (alla giurisprudenza citata, adde. Cass. n. 10157/2004; Cass. 8271/2004; Cass. n. 15868/2002; Cass. n. 13580/2001; Cass. n. 1443/2000), con apprezzamento di fatto dunque incensurabile in sede di legittimita’ (ex aliis, Cass. n. 19778/14, Cass. n. 28274/08).

6.- I ricorsi debbono pertanto rigettarsi entrambi. La reciproca soccombenza legittima la compensazione integrale delle spese del presente giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese del presente giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale ed incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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