Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 9 ottobre 2014, n. 21299
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere
Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12482/2013 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 355/2012 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 07/11/2012 R.G.N. 85/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 7.11.12 la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in riforma della sentenza emessa in prime cure dal Tribunale della stessa sede rigettava la domanda di (OMISSIS) intesa ad ottenere l’invalidazione del licenziamento intimatogli il 22.5.2000 da (OMISSIS) S.p.A. per aver ottenuto l’iscrizione nella lista degli invalidi presso l’UPLMO di Taranto – e, per l’effetto, l’assunzione alle dipendenze della suddetta societa’ – previa produzione di documentazione medica falsa.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre (OMISSIS) affidandosi a due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c..
(OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 654 c.p.p., per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto vincolante nel giudizio civile la sentenza n. 355/12 di proscioglimento per prescrizione pronunciata dalla Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, nei confronti del ricorrente, sentenza emessa all’esito del processo svoltosi a suo carico per gli stessi fatti oggetto del licenziamento disciplinare per cui e’ causa; cio’ i giudici del gravame hanno affermato – prosegue il ricorso – in base all’erroneo presupposto che anche una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione implichi l’accertamento dei fatti nella loro materialita’, al punto da vincolare il giudice civile e, quindi, da esonerarlo dalla loro autonoma valutazione quanto a fondatezza dell’addebito sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
Censura sostanzialmente analoga si fa valere con il secondo motivo, sotto forma di violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., articolo 34 CCNL per il personale di (OMISSIS) S.p.A. e articolo 2119 c.c., nonche’ di omesso esame di un fatto decisivo e controverso.
2-1 due motivi – da esaminarsi congiuntamente perche’ connessi – sono fondati.
Contrariamente a quanto asserito dalla gravata pronuncia, il giudicato penale e’ vincolante (nei sensi e nei limiti di cui all’articolo 654 c.p.p., quanto all’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale) nel giudizio civile od amministrativo solo ove si tratti di sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, mentre nel caso di specie si e’ trattato di sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
Ne’ puo’ ipotizzarsi una sorta di estensione analogica dell’articolo 654 c.p.p., anche a sentenze meramente dichiarative della prescrizione, vuoi per il carattere eccezionale della norma (che deroga al principio generale – proprio del vigente c.p.p. – dell’autonomia della giurisdizione del giudice civile rispetto a quella del giudice penale: cfr., ex aliis, Cass. 17.6.13 n. 15112; Cass. 18.1.07 n. 1095), vuoi perche’ non sempre la prescrizione importa accertamento della sussistenza del fatto materiale costituente reato, accertamento assorbito dall’obbligo di immediata declaratoria di una causa di estinzione del reato previsto dall’articolo 129 c.p.p., comma 1, che innanzi al giudice penale impedisce di proseguire oltre nella delibazione del materiale di causa.
Ne’ – per altro – di per se’ dimostra sempre e comunque l’avvenuto accertamento del fatto reato la mancata applicazione della prevalenza del proscioglimento nel merito di cui all’articolo 129 cpv. c.p.p., trattandosi di norma che presuppone l’evidenza della prova della non colpevolezza che emerga dagli atti in modo a tal punto incontestabile che la valutazione del giudice appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento (cfr. in tal senso Cass. pen. S.U. n. 35490 del 28.5.09, dep. 15.9.09).
Dunque, nel caso in esame, a fronte di una sentenza penale di estinzione del reato per prescrizione, l’impugnata sentenza avrebbe dovuto svolgere un autonomo apprezzamento non solo della potenziale rilevanza disciplinare del fatto, ma – ancor prima – della sua effettiva esistenza (essendo controversa fra le parti).
Invece la Corte territoriale non ha svolto alcun autonomo apprezzamento delle prove raccolte in sede penale, limitandosi a recepirne l’esito complessivo in base all’erronea supposizione della loro vincolativita’, senza alcun vaglio critico e senza neppure indicare le fonti di prova utilizzate.
L’unica valutazione eseguita dalla gravata pronuncia concerne non gia’ la sussistenza storica del fatto oggetto di contestazione disciplinare – che, come s’e’ detto, erroneamente ha ritenuto vincolante per come ricavabile dalla sentenza penale – bensi’ la sua mera rilevanza quale giusta causa di licenziamento, valutazione che pero’ costituisce un posterius rispetto al preliminare ed autonomo accertamento, da parte del giudice del lavoro, della verita’ storica del fatto medesimo.
Il vizio denunciato e’, poi, decisivo perche’ riguarda la prova della dedotta giusta causa di licenziamento, vale a dire l’asserita falsita’ dei certificati medici presentati da (OMISSIS) per poter ottenere l’iscrizione nella lista degli invalidi presso l’UPLMO di Tarante e l’assunzione per chiamata diretta alle dipendenze della societa’ controricorrente.
Per altro, va meglio chiarita anche la possibilita’ di utilizzo nel giudizio civile delle prove raccolte in sede penale.
Invero, una volta che si escluda il ricorrere di ipotesi di vincolativita’ del giudicato penale, il giudice civile puo’ anche non rinnovare innanzi a se’ le prove testimoniali raccolte nel processo penale, ma solo se siano state assunte in dibattimento nel contraddirtene tra le parti (altrimenti si incorrerebbe in una violazione dell’articolo 111 Cost., comma 2, primo periodo) o se la verifica dibattimentale sia mancata per scelta dell’imputato, che abbia optato (ma non e’ questo il caso in oggetto) per un rito alternativo come il giudizio abbreviato ex articolo 438 c.p.p. e ss., o il c.d. patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. e ss., (cfr. Cass. 30.1.13 n. 2168; Cass. 8.1.08 n. 132).
In altre parole, al di fuori dell’ipotesi di riti alternativi scelti dall’imputato, in nessun caso il giudice civile puo’ avvalersi di materiale probatorio acquisito senza contraddittorio in sede penale (come avviene, ad esempio, per le sommarie informazioni assunte nel corso delle indagini preliminari), salvo che le parti non gliene facciano concorde richiesta.
Inoltre, anche quando si limita a recepire – senza rinnovarle – prove che siano state assunte in sede penale nel contraddittorio tra le parti, il giudice civile non puo’ esimersi dal procedere ad un loro autonomo apprezzamento quanto ad attendibilita’, affidabilita’ e rilevanza, dando altresi’ conto e ragione del perche’ non ha ritenuto di accogliere l’eventuale istanza di nuova assunzione in sede civile ritualmente avanzata da una delle parti.
Diversamente, si finirebbe con il reintrodurre surrettiziamente quella vincolativita’ del giudicato penale che si e’ esclusa al di fuori delle ipotesi tassative previste dal c.p.p.
E’, poi, appena il caso di notare che i precedenti di Cass. n. 15572/2000 e Cass. n. 11483/04, richiamati dalla Corte territoriale, statuiscono principi diversi da quelli ritenuti dalla gravata pronuncia, nel senso che il primo arret afferma che la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 444 c.p.p., non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi e il secondo puntualizza che il giudice civile puo’ utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale gia’ definito con sentenza passata in giudicato e fondare il proprio giudizio su elementi e circostanze gia’ acquisiti “con le garanzie di legge” in quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio ovvero ricavandoli dalla sentenza penale o, se necessario, dagli atti del relativo processo, in modo da individuare esattamente i fatti materiali accertati per poi sottoporli a proprio vaglio critico svincolato dall’interpretazione e dalla valutazione che ne abbia dato il giudice penale.
Ma – giova rimarcare – l’impugnata sentenza, muovendo dall’erroneo convincimento della vincolativita’ della sentenza penale emessa nei confronti dell’odierno ricorrente, ha omesso qualsiasi autonomo apprezzamento dei fatti oggetto di contestazione disciplinare, limitandosi ad elencarli e a dichiarandoli tout court come processualmente acclarati dal giudice penale.
3- In conclusione, il ricorso e’ da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari, che si atterra’ ai seguenti principi di diritto, enunciati ex articolo 384 c.p.p., comma 2:
“L’efficacia vincolante del giudicato penale di cui all’articolo 654 c.p.p., e’ propria delle sole sentenze penali irrevocabili di condanna o di assoluzione pronunciate in seguito a dibattimento e non anche delle sentenze di proscioglimento per prescrizione o per altra causa di estinzione del reato o di improcedibilita’ dell’azione penale”.
“Al di fuori delle ipotesi, tassative, di vincolativita’ del giudicato penale in quello civile previste dal vigente c.p.p., il giudice civile puo’ anche avvalersi delle prove raccolte in sede penale quando esse siano state assunte nel contraddittorio tra le parti o quando il contraddittorio sia mancato per l’autonoma scelta dell’imputato di avvalersi di riti alternativi oppure quando tutte le parti gliene facciano concorde richiesta, ma in ogni caso deve procedere ad autonoma e motivata valutazione dell’attendibilita’, dell’affidabilita’ e dell’idoneita’ delle prove medesime a dimostrare l’esistenza o l’inesistenza dei fatti rilevanti nella controversia civile innanzi a lui pendente”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.
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