Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 marzo 2018, n. 5510. L’articolo 31 del Dpr 761/1979, che vincola la corresponsione della cosiddetta indennità De Maria all’equiparazione del personale universitario a quello sanitario, a parità di mansioni, funzioni e anzianità, ha conservato la sua efficacia sino al contratto 2002-2005 per il personale del comparto università.

segue pagina antecedente
[…]

5.1. La normativa che regola la materia oggetto della presente controversia puo’ essere ricostruita, in sintesi, come segue. La L. 25 marzo 1971, n. 213, articolo 4 stabili’ che al personale docente in servizio presso cliniche ed istituti universitari convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, gestiti dalle universita’, fosse attribuita un’indennita’ economica tale da equiparare il trattamento economico a quello in godimento del personale ospedaliero di pari funzioni, mansioni ed anzianita’ (cd. indennita’ De Maria). La L. 15 maggio 1974, n. 200, articolo 1 estese tale indennita’ al personale non medico (cd. indennita’ piccola De Maria). Il Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, articolo 31 (avente ad oggetto lo stato giuridico del personale delle unita’ sanitarie locali) stabili’ che “al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unita’ sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle universita’, e’ corrisposta un’indennita’, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unita’ sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianita’” (comma 1); venne altresi’ previsto che il personale universitario assumesse diritti e doveri pari a quelli del personale di pari o corrispondente qualifica del ruolo regionale, secondo modalita’ stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, articolo 39, e che “tenuto conto degli obblighi derivanti dal suo particolare stato giuridico, nei predetti schemi sara’ stabilita in apposite tabelle l’equiparazione del personale universitario a quello delle unita’ sanitarie locali ai fini della corresponsione della indennita’ di cui al comma 1” (comma 4). Il D.I. 9 novembre 1982, recante l’approvazione degli schemi tipo di convenzione tra regione e universita’ e tra universita’ e unita’ sanitaria locale, stabili’, poi, che per il personale universitario non medico la corrispondenza con quello in servizio presso le unita’ sanitarie locali avvenisse secondo le indicazioni contenute nell’allegata tabella D (articolo 7). 5.2. Le disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, articolo 31 hanno conservato la loro vigenza anche successivamente alla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico ed all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Difatti, l’articolo 53 del CCNL 19941997 per il personale dell’universita’ ha confermato l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, articolo 31, “fino alla ridefinizione dell’ordinamento come previsto dall’articolo 50…”. A detto articolo 53 venne successivamente aggiunto in data 25/3/1997 un comma 3 per il quale le parti si impegnavano alla ridefinizione delle corrispondenze economiche tra il trattamento del personale di cui al comma 1 e quello del personale del S.S.N., al fine di assicurare l’omogeneita’ dei trattamenti sul territorio nazionale e l’inserimento delle nuove figure professionali; nelle more, le parti si davano atto che venivano conservate le indennita’ di cui al Decreto Legislativo n. 761 del 1979, articolo 31.

5.3. E’ solo con il c.c.n.l. 2002-2005 (sottoscritto il 27/1/2005) che viene elaborata una tabella unica in cui il personale universitario in servizio presso le AOU e’ inquadrato per fasce, sulla base delle categorie professionali ed economiche in atto nel S.S.N. (articolo 28 tab. A). Dalla data della sottoscrizione di questo contratto l’indennita’ di cui all’articolo 31 viene corrisposta sulla base delle nuove corrispondenze indicate dalla tabella.

6. Sulla base di queste disposizioni contrattuali, si e’ ritenuto che l’articolo 53 cit. avesse congelato provvisoriamente i criteri di equiparazione in atto e che tale assetto fosse stato ribadito dall’articolo 51 del c.c.n.l. 1998-2001 e che dunque Decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 1979, articolo 31 avesse continuato ad applicarsi transitoriamente.

6.1. Ad avviso della giurisprudenza di questa Corte, e’ dunque direttamente all’articolo 31 che deve farsi riferimento per determinare i parametri di attribuzione dell’indennita’ perequativa nei periodi precedenti il CCNL del 2005 ed e’ alla tabella all. D al Decreto Interministeriale 9/11/82, recante gli schemi tipo di convenzione, che deve farsi ulteriore riferimento per quel che riguarda il criterio di equiparazione.

6.2. Come affermato dalle sentenze delle Sezioni unite n. 8521 del 2012 e n. 9279 del 2016, tale equiparazione fra le qualifiche non ha carattere rigido, bensi’ dinamico e cioe’ deve essere riferita anche ai mutamenti apportati all’inquadramento del personale, universitario e sanitario, dai contratti collettivi.

7. In sintesi, anche dopo la privatizzazione del pubblico impiego, il Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, articolo 31 ha conservato la sua efficacia per effetto della contrattazione collettiva sino all’entrata in vigore dell’articolo 28 del C.C.N.L. 27/1/2005 per il personale del comparto universita’ (quadriennio 2002-2005). La fonte dell’equiparazione deve essere individuata nella tabella allegata al D.I. 9 novembre 1982, norma che pone in automatica correlazione – ai soli fini economici – le qualifiche universitarie e quelle ospedaliere, prescindendo dal concreto esercizio delle mansioni corrispondenti e dal possesso del titolo di studio necessario per il loro effettivo svolgimento. Il meccanismo di equiparazione delle retribuzioni tra il personale universitario e quello sanitario ha carattere dinamico, tale per cui il mutamento di una delle originarie qualifiche che comporti effetti sulla retribuzione ripercuote automaticamente i suoi effetti anche sull’altra. L’articolo 28 del menzionato C.C.N.L. 27/1/2005 dispone, al comma 6, che “Sono fatte salve, con il conseguente inserimento nella colonna A della precedente tabella, le posizioni giuridiche ed economiche, comunque conseguite, del personale gia’ in servizio nelle A.O.U. alla data di entrata in vigore del presente C.C.N.L.” e, al comma 7, che “I benefici economici derivanti dall’applicazione dell’articolo 51, comma 4, ultimo capoverso del C.C.N.L. 9 agosto 2000 e articolo 5, comma 3, del C.C.N.L. 13 maggio 2003, sono conservati “ad personam”, salvo eventuale successivo riassorbimento.”

8. E’ pacifico che, sulla base della tabella di corrispondenza del personale universitario rispetto a quello delle USL, contenuta nell’allegato D del D.I. 9 novembre 1982 (Approvazione degli schemi tipo di convenzione tra regione e universita’ e tra universita’ e unita’ sanitaria locale), applicabile fino all’entrata in vigore del CCNL siglato nel 2005, la figura professionale rivestita dal ricorrente trovava corrispondenza in quella di Dirigente di primo livello del contratto della Dirigenza del comparto Sanita’, per cui nei suoi confronti trovava applicazione la clausola di salvezza di cui all’articolo 28 del contratto comparto Universita’ del 27 gennaio 2005 (cfr. pure S.U. n. 9279/2016, punti 30 e 31).

9. In ordine al trattamento spettante, occorre tuttavia chiarire che le S.U., con la sentenza n. 9279/2016 citata, hanno avuto modo di precisare che, nell’ambito della indennita’ di equiparazione non possono essere inclusi automaticamente gli emolumenti che presuppongono o sono collegati all’effettivo conferimento di un incarico direttivo.

9.1. Le S.U., pur riferendosi specificamente alla questione (dedotta in quella sede) della inclusione nell’indennita’ di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie (“indennita’ De Maria”) dell’indennita’ di posizione dei dirigenti del comparto sanita’, nell’affermare che tale trattamento puo’ essere riconosciuto soltanto se collegato all’effettivo conferimento di un incarico direttivo, hanno – tra l’altro – osservato che l’articolo 31, in precedenza citato, che vincola la corresponsione della c.d. indennita’ De Maria all’equiparazione del personale universitario a quello del SSN, a parita’ di mansioni, funzioni e anzianita’, contempla un presupposto che induce ad escludere l’applicazione di un’equiparazione automatica delle retribuzioni estesa anche ad indennita’ spettanti unicamente in relazione al conferimento di incarichi specifici. In altre parole, l’intento perequativo del trattamento economico del personale universitario rispetto a quello del personale sanitario, che costituisce la ratio legis dell’articolo 31 e che viene realizzato con la previsione di una indennita’ (appunto perequativa) che fa riferimento al trattamento complessivo spettante ai dipendenti del SSN e che si applica in modo sostanzialmente automatico trova un limite logico, oltre che giuridico, in quelle componenti del trattamento economico complessivo del personale sanitario che non dipendono direttamente ed esclusivamente dall’inquadramento contrattuale, ma sono erogate in correlazione al conferimento di incarichi come quello dirigenziale.

10. Questa Corte, nel ribadire tali principi, osserva che, secondo l’accertamento compiuto dai Giudice di appello, non era provato in giudizio (ed invero neppure allegato) che il ricorrente avesse svolto assunto funzioni dirigenziali. Come noto, la ricostruzione della vicenda storica e la sua valutazione in fatto costituisce indagine demandata al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita’ nei ristretti ambiti del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo costante nella giurisprudenza di legittimita’, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (v. tra le tante, Cass. n. 27197 del 2011 e n. 24679 del 2013). E’ invece inammissibile un motivo che denunci la difformita’ della decisione rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013).

10.1. Nel caso in esame, il ricorso tende ad ottenere un’interpretazione delle complessive risultanze istruttorie e delle allegazioni diversa da quella che ha indotto il convincimento della Corte territoriale, sicche’ il motivo in esame si traduce nell’invocata revisione delle valutazioni espresse dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perche’ estranea alla natura ed alla finalita’ del giudizio di legittimita’.

11. Va dunque dichiarato inammissibile il ricorso nella parte in cui tende ad una rivisitazione del merito della causa in relazione agli accertamenti di fatto ivi contenuti e al difetto di prova dello svolgimento di mansioni riconducibili alla qualifica dirigenziale. E’ invece fondato il ricorso laddove la sentenza impugnata ha affermato che l’equiparazione fra le qualifiche ha carattere rigido e non dinamico, escludendo cioe’ la rilevanza dei mutamenti apportati all’inquadramento del personale, universitario e sanitario, dai contratti collettivi.

11.1. Il ricorso va dunque accolto per quanto di ragione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, alla stregua dei seguenti principi di diritto:

– Il Decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, articolo 31 ha conservato la sua efficacia per effetto della contrattazione collettiva sino all’entrata in vigore dell’articolo 28 del C.C.N.L. 27/1/2005 per il personale del comparto universita’ (quadriennio 2002-2005).

– Tale norma, che vincola la corresponsione della c.d. indennita’ De Maria all’equiparazione del personale universitario a quello del SSN, a parita’ di mansioni, funzioni e anzianita’, non comporta l’applicazione di un’equiparazione automatica delle retribuzioni estesa anche ad indennita’ spettanti unicamente in relazione al conferimento di incarichi dirigenziali.

– I benefici economici derivanti dall’applicazione dell’articolo 51, comma 4, ultimo capoverso del C.C.N.L. 9 agosto 2000 e articolo 5, comma 3, del C.C.N.L. 13 maggio 2003, sono conservati “ad personam”, salvo eventuale successivo riassorbimento.

12. La Corte accoglie il ricorso nei limiti anzidetti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata nei termini di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *