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Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 7 luglio 2014, n. 15434

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20090/2013 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 198/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 01/07/2013 R.G.N. 74/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La sentenza attualmente impugnata, riformando la sentenza del Tribunale di Perugia n. 185 del 2013, dichiara inammissibili le domande proposte da (OMISSIS) al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimita’ del licenziamento intimatogli dalla (OMISSIS) s.r.l., con le consequenziali pronunce di cui alla Legge n. 300 del 1970, articolo 18, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla Legge n. 92 del 2012.
La Corte d’appello di Perugia, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la societa’ reclamante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte relativa al rigetto dell’eccezione di decadenza, ritualmente proposta dalla societa’ medesima in ragione del fatto che il lavoratore, dopo aver tempestivamente impugnato il licenziamento, non ha promosso il giudizio nei successivi 270 giorni, termine che il primo Giudice ha ritenuto, nella specie, sospeso fino al 31 dicembre 2011 (in base a quanto disposto dalla Legge n. 10 del 2011), sicche’ ha escluso che si fosse verificata la decadenza essendo stato il ricorso depositato entro 270 giorni dal 31 dicembre 2011;
b) invero, il ricorrente, licenziato il 18 maggio 2011, ha impugnato il licenziamento il 24 giugno 2011 ed ha introdotto il giudizio il 22 settembre 2012;
c) deve essere ricordato che il termine di 270 giorni in oggetto – poi rideterminato in 180 dalla Legge n. 92 del 2012, per i licenziamenti intimati dopo il 18 luglio 2012 – e’ stato introdotto dalla Legge n. 183 del 2010, articolo 32, comma 1, in sede di modifica della Legge n. 604 del 1966, articolo 6, prevedendosene l’applicazione a tutti i casi di impugnazione del licenziamento per invalidita’ nonche’ ad altre indicate fattispecie riguardanti il rapporto di lavoro;
d) successivamente, la legge n. 10 del 2011, di conversione del Decreto Legge n. 225 del 2010, ha aggiunto il suddetto articolo 32, comma 1 bis, che e’ una norma di non agevole comprensione con la quale si e’ stabilito che: “In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604, articolo 6, comma 1, come modificato dal comma 1, del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”;
e) come si vede la norma non menziona la Legge n. 604 del 1966, articolo 6, comma 2, che e’ quello che prevede il termine di 270 giorni di cui si discute, sicche’, pur non sembrando a prima vista l’interpretazione letterale avere significative prospettive di successo, tuttavia considerando i casi in cui l’applicabilita’ dell’onere di impugnazione rappresentava una novita’, si puo’ affermare che il differimento “in sede di prima applicazione” del nuovo regime abbia una logica, pur sembrando semmai inutile la suddetta precisazione;
f) per gli altri casi si deve ritenere che, quanto all’onere della impugnazione stragiudiziale, gia’ previsto da anni, il suddetto comma 1 bis, non abbia comportato alcuna modifica nel senso che, fino al 31 dicembre 2011, e’ rimasto in vigore il vecchio testo della Legge n. 604 del 1966, articolo 6, comma 1, mentre dalla mancata menzione dell’articolo 6, comma 2, nel comma 1 bis cit. e’ dato desumere che non sia stato disposto alcun rinvio del termine di 270 giorni per l’avvio della fase giudiziale, non sussistendo alcun impedimento per la relativa decorrenza;
g) ne consegue che per i licenziamenti – quale quello di cui si tratta nel presente giudizio – per i quali, anteriormente alla Legge n. 183 del 2010, gia’ era previsto, nel vecchio testo della Legge n. 604 del 1966, articolo 6, l’onere dell’impugnazione stragiudiziale nel termine di 60 giorni l’articolo 32, comma 1 bis, cit. non ha prodotto alcun effetto;
h) per tali ragioni l’impugnazione giudiziale del (OMISSIS) e’ da considerare palesemente tardiva e cio’ comporta l’inefficacia dell’impugnazione stragiudiziale (ancorche’ tempestiva) e la definitiva preclusione della possibilita’ di far valere l’illegittimita’ del licenziamento in oggetto.
2.- Il ricorso di (OMISSIS), illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo, articolato in otto punti; resiste, con controricorso, la (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Sintesi delle censure.
1.- Il ricorso e’ proposto per un unico motivo, articolato in otto punti, tutti aventi ad oggetto la violazione e falsa applicazione della Legge 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, comma 1 bis, aggiunto dal Decreto Legge 29 dicembre 2011, n. 225, articolo 2, comma 54, convertito con modificazioni dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10, con la denuncia, in alcuni casi anche di vizi di motivazione.
1.1- Nel primo punto si rileva che, dato il carattere oscuro del dato letterale della suddetta norma, tra l’interpretazione logico-sistematica prospettata dal primo Giudice e quella “meramente letterale” della Corte d’appello, si dovrebbe preferire la prima in applicazione del canone ermeneutico fissato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 8830 del 2010, secondo cui le norme che dispongono decadenze debbono essere interpretate in senso favorevole al soggetto onerato, che appunto porta a ritenere che il rinvio dell’entrata in vigore del nuovo regime riguarda anche l’onere di proporre il ricorso in sede giurisdizionale entro 270 giorni previsto dal comma 2 dell’articolo 6 nel testo sostituito dalla Legge n. 183 del 2010, articolo 32, pure per i casi – come il presente – ai quali gia’ si applicava il termine di 60 giorni in base al vecchio testo della Legge n. 604 del 1966, articolo 6.
1.2- Nel secondo punto si rileva che, data la oscurita’ del testo del comma I-bis in oggetto, la Corte d’appello avrebbe dovuto individuare la ratio legis quale si desume dai lavori parlamentari preparatori della norma da cui si evince che il testo approvato era contenuto in un emendamento che e’ stato considerato assorbente rispetto ad un altro emendamento, ove piu’ chiaramente si faceva riferimento a tutte le disposizioni della Legge n. 604 cit., articolo 6, introdotte dalla Legge n. 183 del 2010, articolo 32, che non e’ stato approvato perche’ non prevedeva la locuzione iniziale – “In sede di prima applicazione” – indispensabile per attribuire efficacia retroattiva alla norma.
1.3- Nel terzo punto si sottolinea che la Corte perugina non ha neppure considerato che la norma era diretta a consentire ai lavoratori di adeguarsi, in modo graduale, alle decadenze – tutte -introdotte dal c.d. collegato lavoro.
1.4- Nel quarto punto si sostiene che l’interpretazione della Corte territoriale, portando a ritenere applicabile il disposto rinvio solo ad ipotesi marginali, da un lato, frustra la ratio legis suindicata e, d’altra parte, non si armonizza con la giurisprudenza di merito che ritiene inapplicabile la proroga di cui al comma 1 bis, alle scadenze dei contratti a termine.
1.5- Nel quinto punto il ricorrente sottolinea come l’interpretazione della Corte d’appello sconvolge completamente la ratio della norma di proroga anche perche’ finisce con trasformarla da norma di “ausilio” per i lavoratori a norma”trabocchetto” volta a “tagliare le gambe” a posteriori alle azioni giudiziarie proposte dai lavoratori stessi a tutela dei propri diritti.
Infatti, e’ indubbio che la norma aveva creato un “legittimo affidamento” sulla applicazione del rinvio a tutti i termini di decadenza in argomento, sulla base della prevalente giurisprudenza di merito, della dottrina e anche di una nota esplicativa del Ministero del Lavoro (allegata in atti).
1.6- Nel sesto punto si rileva che, a fronte di un dato testuale oscuro, la norma va interpretata in modo costituzionalmente orientato e cio’ e’ possibile soltanto ricorrente al criterio ermeneutico logico-sistematico.
Infatti, mentre il criterio letterale non e’ funzionale alla tutela di alcun interesse costituzionalmente rilevante e anzi pregiudica il diritto al lavoro che ha un ruolo centrale nella nostra Costituzione, l’interpretazione logico-sistematica non pregiudica alcun diritto garantito dalla Costituzione.
1.7- Nei punti settimo e ottavo il ricorrente sottolinea che l’interpretazione adottata dalla Corte perugina, pur qualificata come letterale, in realta’ non corrisponde al dato letterale.
Infatti: a) da un lato il comma 1 bis, fa riferimento alla Legge n. 604 del 1966, articolo 6, comma 1, “come modificato dall’articolo 32” cit., sicche’ non puo’ che essere inteso nel senso di consentire l’applicazione del rinvio a tutte le decadenze per tutte le ipotesi, senza alcuna eccettuazione dei casi gia’ assoggettati al termine di 60 giorni cit., eccettuazione sostenuta invece dalla Corte d’appello, peraltro con motivazione illogica e contraddittoria; b) d’altra parte, la locuzione “in sede di prima applicazione” – come confermato dai lavori parlamentari, di cui si e’ detto sopra al punto 1.2 – e’ stata finalizzata a consentire la retroattivita’ della norma di proroga, senza la quale essa sarebbe stata inutile e non a riferire la norma stessa alle sole fattispecie prima non assoggettate al termine di 60 giorni, come affermato dalla Corte d’appello, con motivazione altrettanto inadeguata dal punto di vista logico-giuridico.
Del resto la stessa Corte, sulla base della propria interpretazione, ha considerato la suddetta locuzione “non illogica, ma inutile”, mentre essa e’ utile proprio se intesa nel senso suo proprio di assicurare la retroattivita’ della proroga.
2 – Esame delle censure.
2.- Il ricorso deve essere accolto, nei limiti e per le ragioni di seguito esposte ed in continuita’ con l’orientamento espresso da Cass. 23 aprile 2014, n. 9203, che il Collegio condivide.
3.- E’ opportuno, innanzi tutto, ricordare che la Legge n. 604 del 1966, articolo 6, primi due commi, prevedevano che:
“Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta’ del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”
“Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento”.
La Legge n. 183 del 2010, articolo 32, comma 1, ha sostituito la Legge n. 604 del 1966, ridetto articolo 6, primi due commi, come segue:
“Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta’ del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”.
“L’impugnazione e’ inefficace se non e’ seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilita’ di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso, (omissis)”.
Il Decreto Legge n. 225 del 2010, articolo 2, comma 54, convertito con modificazioni nella Legge n. 10 del 2011, ha poi inserito nella Legge n. 183 del 2010, articolo 32, il comma 1 bis, dal seguente tenore: “In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604, articolo 6, comma 1, come modificato dal comma 1, del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”.
4.- La questione sottoposta all’attenzione di questa Corte nella presente controversia e’ costituita dall’interpretazione da dare a tale ultima disposizione e, in particolare, dall’accertamento dei suo effettivo ambito di incidenza.
5.- Le difficolta’ ermeneutiche discendono dal fatto che, nella sostanza, il primo comma novellato altro non fa che accorpare le previsioni di cui ai primi due commi originali, mentre nuova e’ l’introduzione dell’ulteriore termine di decadenza di cui al comma 2 novellato.
Non riesce quindi agevole comprendere per quale ragione – addirittura in sede di conversione di un atto normativo di urgenza – il legislatore abbia ritenuto di dover differire nel tempo l’efficacia (e, quindi, l’entrata in vigore) di una norma costituente la mera riproposizione di quella preesistente (che, come tale, avrebbe continuato a mantenere, medio tempore, la propria applicabilita’).
Risulta, pertanto, necessario soffermarsi sulla portata dell’inciso “In sede di prima applicazione”, contenuto nel ridetto articolo 32, comma 1 bis, che, come tale, fa riferimento, ovviamente, all’ambito di novita’ insito nelle disposizioni in parola, rendendo quindi necessario individuare quali siano tali margini di novita’.
Poiche’, come detto, in se’ la Legge n. 604 del 1966, novellato articolo 6, comma 1, non configura un’innovazione sostanziale della precedente disciplina, gli indicati margini di novita’ vanno necessariamente ricercati, perche’ la norma all’esame abbia un senso, nel contesto normativo in cui si inserisce la disposizione di cui e’ stata differita l’efficacia.
6.- La Corte territoriale individua tale elemento di novita’ nel fatto che il termine di decadenza stragiudiziale e’ stato esteso anche ad ipotesi in precedenza non contemplate dalla Legge n. 604 del 1966, articolo 6: a tutti i casi di invalidita’ del licenziamento (comma 2); ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articoli 1, 2 e 4, e successive modificazioni (comma 3, lettera a); al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalita’ a progetto (comma 3, lettera b); al trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile (comma 3, lettera c); all’azione di nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articoli 1, 2 e 4, e successive modificazioni (comma 3, lettera d); ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articoli 1, 2 e 4, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge stessa (comma 4, lettera a); ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti ai Decreto Legislativo n. 368 del 2001, e gia’ conclusi alla data di entrata in vigore il della legge stessa (comma 4, lettera b); alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 c.c. (comma 4, lettera c); in ogni altro caso in cui fosse chiesta la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto (comma 4, lettera d).
Da cio’ il Giudice di appello ha tratto la conclusione che solo per queste ulteriori ipotesi dovrebbe ritenersi che le disposizioni di cui alla Legge n. 604 del 1966, novellato articolo 6, comma 1, sarebbero state di “prima applicazione” e che solo in relazione a tali ipotesi andrebbe quindi riferito il differimento dell’efficacia delle disposizioni medesime sancito dalla Legge n. 183 del 2010, ridetto articolo 32, comma 1 bis.
7.- Deve pero’ rilevarsi che, se l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale a casi in precedenza non previsti configura indubbiamente un elemento di novita’ (esterno pero’ alla disposizione di cui e’ stata differita l’entrata in vigore), ancora piu’ incisivo, e generalizzato, e’ l’ulteriore elemento di novita’ costituito dal fatto che la stessa impugnazione stragiudiziale diviene inefficace se non seguita dal deposito del ricorso giudiziale (o dalla richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato) nel termine disposto dalla Legge n. 604 del 1966, novellato articolo 6, comma 2.
Diviene percio’ decisivo il rilievo che il legislatore non ha testualmente limitato la proroga dell’efficacia del comma 1, novellato alle ipotesi in precedenza non contemplate (di cui non e’ del resto fatto testualmente cenno), ma ha disposto il differimento dell’entrata in vigore del comma 1, dando per presupposto che la disposizione novellata abbia, in linea generale, una sua prima applicazione (letteralmente, del resto, si dice “In sede di prima applicazione” e non gia’, ad esempio, “nei casi di sua prima applicazione” o altra similare).
Cio’, per quanto sopra detto, va riferito proprio al diretto contestuale collegamento tra impugnazione stragiudiziale e decorrenza del termine (parimenti di decadenza) per il deposito del ricorso giudiziale, sicche’ la Legge n. 604 del 1966, novellato articolo 6, commi 1 e 2, vengono a costituire, integrandosi fra loro, una disciplina unitaria, articolata – e qui sta appunto l’elemento generalizzato di novita’ – nella previsione di due successivi e tra loro connessi termini di decadenza.
Ne discende che, attraverso il differimento “In sede di prima applicazione” – incipit che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte perugina, non e’ affatto pleonastico, ma ha, anzi, un ruolo primario per l’esegesi della normativa – della Legge n. 604 del 1966, novellato articolo 6, comma 1, il legislatore ha inteso, con cio’ stesso, differire anche il termine a partire dal quale decorre la decadenza di cui al secondo comma, che diviene quindi a sua volta non applicabile anteriormente al 31 dicembre 2011.
Diversamente opinando, del resto, si dovrebbe giungere alla conclusione che l’articolo 6, comma 1, novellato rimarrebbe applicabile, anche prima del 31 dicembre 2011, nelle ipotesi che gia’ ricadevano sotto la disciplina del testo originario, mentre il medesimo articolo 6, comma 1, novellato a non sarebbe in vigore (sempre fino al 31 dicembre 2011) nelle ulteriori ipotesi originariamente non previste; il che equivarrebbe a dire che una norma di cui e’ stata differita, senza ulteriore specificazione, l’entrata in vigore, resterebbe non di meno in vigore in alcuni casi.
Si verrebbe cosi’ a determinare, in via ermeneutica, la contemporanea vigenza e non vigenza di una medesima disposizione di legge, il che costituisce un risultato illogico e, al tempo stesso, contrario alla lettera della legge stessa.
8.- In base alle considerazioni teste’ esposte ed avuto riguardo alle scansioni temporali dei fatti rilevanti ai fini del decidere, quali accertate dai Giudici del merito (intimazione del licenziamento in data il 18 maggio 2011; impugnativa stragiudiziale ricevuta dalla parte datoriale il 24 giugno 2011; deposito del ricorso giudiziario in data 22 settembre 2012) deve dunque convenirsi che il ricorrente non e’ incorso in alcuna decadenza, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata.
3 – Conclusioni.
9.- In sintesi, il ricorso deve essere accolto, nei termini sopra esposti assorbenti rispetto ad ogni altro profilo di censura.
La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, che si atterra’, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente:
“la Legge 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, comma 1 bis, introdotto dal Decreto Legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, riguarda tutti gli ambiti di novita’ di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604, novellato articolo 6, e dunque non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista dal medesimo articolo 6, comma 2, anche per le ipotesi gia’ in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziale o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.

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