Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 31 ottobre 2017, n. 25976 . Per ottenere il rimborso delle spese legali sostenute nel procedimento penale per fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, il pubblico dipendente non deve solamente essere assolto, ma deve, altresì, comunicare all’ente di appartenenza la pendenza del procedimento

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La necessita’ di realizzare un giusto equilibrio fra detti opposti interessi ha ispirato le diverse discipline dettate per ciascun tipo di rapporto e di giudizio (Decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 1987, articolo 67, per i dipendenti degli enti locali; Decreto Legge n. 67 del 1997, articolo 18, applicabile ai dipendenti statali; il Decreto Legge n. 543 del 1996, articolo 3, in tema di giudizi di responsabilita’ amministrativa dinanzi alla Corte dei conti; le diverse previsioni dei contratti collettivi del personale pubblico contrattualizzato dettate per ciascun comparto), sicche’ e’ stato affermato, e va qui ribadito, che in ragione della specificita’ e della diversita’ delle normative, si deve escludere che nel settore del lavoro pubblico costituisca principio generale il diritto incondizionato ed assoluto al rimborso delle spese legali (Cass. 13.3.2009 n. 6227). Non e’, infatti, sufficiente che il dipendente sia stato sottoposto a procedimento per fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni e sia stata accertata l’assenza di responsabilita’, dovendo essere di volta in volta verificata anche la ricorrenza delle ulteriori condizioni alle quali e’ stato subordinato dal legislatore o dalle parti collettive il diritto all’assistenza legale o al rimborso delle spese sostenute.
2.2. Il CCNL 14 settembre 2000, articolo 28, per i dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali, applicabile alla fattispecie ratione temporis il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, ex articolo 69, nel ricalcare la disciplina gia’ dettata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 1987, articolo 67, prevede che “L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilita’ civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumera’ a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripetera’ dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio”.
La disposizione e’ strutturata nel senso che l’obbligo del datore di lavoro ha ad oggetto non gia’ il rimborso al dipendente dell’onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l’assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (Cass. S.U. 13.3.2009 n. 6227). Detto obbligo, inoltre, e’ subordinato all’esistenza di ulteriori condizioni perche’ l’assunzione diretta della difesa del dipendente e’ imposta all’ente locale solo nei casi in cui, non essendo ipotizzabile un conflitto di interessi, attraverso la difesa del dipendente incolpato il datore di lavoro pubblico agisca anche “a tutela dei propri diritti ed interessi”.
Sebbene la norma contrattuale non preveda espressamente un obbligo a carico del lavoratore di immediata comunicazione della pendenza del procedimento e della volonta’ di volersi avvalere del patrocinio legale a carico dell’ente, tuttavia, come e’ stato affermato da questa Corte interpretando disposizioni analoghe dettate per altri comparti (Cass. 4.3.2014 n. 4978; Cass. 27.9.2016 n. 18946), la disciplina postula una necessaria valutazione ex ante da parte dell’Amministrazione, che deve essere messa in condizione di valutare la sussistenza o meno del conflitto di interessi e, ove questo venga escluso, di indicare il difensore, sul cui nominativo dovra’ essere espresso il gradimento da parte del dipendente.
In mancanza della previa comunicazione non e’ configurabile in capo all’amministrazione l’obbligo di farsi carico delle spese di difesa sostenute dal proprio dipendente che abbia unilateralmente provveduto alla scelta ed alla nomina del legale di fiducia.
Parimenti detto obbligo non sussiste nei casi in cui il lavoratore, dopo avere provveduto alla nomina, si limiti a comunicarla all’ente, poiche’ la disposizione pone a carico dell’amministrazione le spese in caso di scelta di un legale “di comune gradimento” e cio’ in considerazione del fatto che il difensore nel processo dovra’ farsi carico della necessaria tutela non del solo dipendente ma anche degli interessi dell’ente.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha escluso il diritto al rimborso rilevando che il (OMISSIS) aveva provveduto unilateralmente alla nomina del difensore, ed inoltre aveva atteso oltre quattro mesi prima di darne comunicazione al Comune di Treglio ed all’Unione dei Comuni della Frentania e Costa dei Trabocchi.
Non si puo’ poi sostenere ne’ che la nomina sarebbe stata resa necessaria dall’urgenza di provvedere alla scelta del difensore di fiducia, in vista dell’interrogatorio fissato a distanza di soli tre giorni dall’avviso, ne’ che l’amministrazione, rimanendo silente, avrebbe avallato con il proprio comportamento concludente la scelta effettuata.
Quanto al primo aspetto va, infatti, osservato che il (OMISSIS), proprio in considerazione dei tempi fissati dagli inquirenti, era tenuto a dare immediata comunicazione all’amministrazione di appartenenza per consentire a quest’ultima di effettuare le necessarie valutazioni, anche a tutela degli interessi dell’ente coinvolti nel procedimento.

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