Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 3 dicembre 2015, n. 24643
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo – Presidente
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere
Dott. MANNA Antonio – Consigliere
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 96 6-2010 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono giusta procura speciale notarile in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 545/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/05/2009 r.g.n. 926/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/2015 dal Consigliere Dott. BERRINO UMBERTO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’oggetto della presente controversia e’ rappresentato dalla domanda di (OMISSIS) il quale, nell’evocare in giudizio la (OMISSIS) s.p.a. innanzi al Tribunale di Torino, si era lamentato, per quel che qui interessa, del fatto che l’assegno “ad personam” riconosciutogli dalla datrice di lavoro ” (OMISSIS) s.p.a.” all’atto dell’assunzione dell’1.12.1987 era stato illegittimamente riassorbito a decorrere dal 1991, nonostante non potesse trovare applicazione nei suoi confronti l’Accordo 10.6.1991 per difetto delle condizioni ivi previste per l’assorbimento del predetto emolumento, non avendo egli sottoscritto transazione alcuna ed essendo rimasto sempre inquadrato come capoufficio, senza alcun avanzamento di qualifica o di grado.
Con sentenza del 23/4 – 8/5/2009 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’impugnazione del (OMISSIS) avverso la sentenza del primo giudice che gli aveva rigettato la domanda.
Nel respingere l’appello la Corte territoriale ha spiegato che l’assegno riconosciuto al ricorrente non era stato assorbito per effetto dei miglioramenti retributivi fino al mese di agosto del 1991, mentre a seguito dell’accordo collettivo del 10.6.1991 era stato previsto che se il nuovo trattamento retribuivo fosse risultato inferiore a quello precedente la relativa differenza sarebbe stata mantenuta attraverso l’istituzione di un assegno ad personam assorbibile solo in caso di passaggio di grado e/o di qualifica e, in ogni caso, il nuovo assegno non era stato mai assorbito. Inoltre, il lavoratore aveva firmato per accettazione la lettera con la quale gli era stato comunicato il nuovo trattamento economico con le modalita’ applicative previste dal predetto accordo collettivo e, tuttavia, il medesimo non aveva impugnato l’accordo transattivo raggiunto nel giugno del 1991, ne’ lo aveva mai contestato prima del deposito del ricorso. Egualmente un nuovo assegno ad personam assorbibile nei futuri miglioramenti era stato previsto dal successivo accordo del 1995 come differenziale fra il precedente trattamento retributivo e quello nuovo.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso (OMISSIS) con sei motivi.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a..
Le parti depositano memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente sostiene che la Corte d’appello di Torino e’ incorsa nella violazione e falsa applicazione dell’articolo 2077 c.c., nel momento in cui ha ritenuto legittima la modificazione in pejus, da parte della societa’ e delle organizzazioni sindacali, della natura dell’assegno “ad personam” non assorbibile, previsto dal contratto di lavoro, e la sua conseguente soppressione. Si assume che, al contrario, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che, avendo il contratto individuale previsto una speciale condizione piu’ favorevole, gli Accordi del 10 giugno del 1991 e del 28 novembre del 1995 non avrebbero potuto porre nel nulla l’assegno “ad personam”, sostituendolo con nuove previsioni meno favorevoli.
2. Col secondo motivo il ricorrente si duole dell’omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla intervenuta modificazione in pejus del contratto individuale di lavoro a seguito degli accordi collettivi del 10.6.1991 e del 28.11.1995, oltre che dell’omessa ed insufficiente motivazione in merito alla scomparsa dell’assegno “ad personam” non assorbibile di cui allo stesso contratto individuale a seguito dei predetti accordi che, secondo il non condiviso ragionamento della Corte territoriale, avrebbero creato nuovi assegni “ad personam”.
3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta la contraddittorieta’ della motivazione in ordine alla stessa situazione peggiorativa gia’ segnalata col precedente motivo assumendo che la Corte di merito, dopo aver stabilito che l’assegno “ad personam” nascente dal contratto individuale non era assorbibile, ha ritenuto legittimo il suo riassorbimento e la sua scomparsa ad opera dei predetti accordi collettivi.
4. Col quarto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., comma 1, articoli 1363, 1364, 1366 e 1371 c.c., in relazione all’interpretazione degli accordi sindacali del 10 giugno 1991 e del 28 novembre 1995, in quanto ritiene erronea l’applicazione ad un singolo lavoratore di un accordo collettivo che esplicitamente richiede, quale condizione per la sua applicabilita’, la sottoscrizione della transazione individuale da perfezionarsi ai sensi degli articoli 410 e 411 c.p.c., nel caso in cui tale transazione, come nella fattispecie, non sia stata perfezionata. Inoltre, la lamentata violazione discenderebbe anche dal rilievo che la Corte territoriale ha ritenuto applicabile un nuovo assegno “ad personam” nascente da un accordo collettivo che richiedeva, quale condizione per la corretta istituzione dell’assegno medesimo, la sussistenza di una pregressa maggiore retribuzione annua, nonostante il mancato accertamento della sussistenza di tale presupposto. Il ricorrente lamenta, altresi’, che la stessa Corte, pur avendo accertato la sussistenza di un assegno “ad personam” non assorbibile, cosi’ come nascente dal contratto individuale di lavoro, ha finito per ritenere legittimo il suo riassorbimento ad opera di un accordo collettivo, senza aver eseguito il necessario raffronto tra la retribuzione in godimento e quella risultante dall’applicazione dell’accordo, nonostante tale raffronto rappresentasse un presupposto condizionante della sua applicazione. Infine, il ricorrente ravvisa una violazione alle predette norme del codice civile anche nel fatto che la Corte d’appello ha omesso di valutare come contrario alla buona fede ed al principio del contemperamento degli interessi delle parti il comportamento consistito nel mutamento della natura dell’assegno “ad personam” non assorbibile in suo godimento.
5. Col quinto motivo il ricorrente lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione in relazione all’interpretazione degli accordi sindacali del 10.6.1991 e del 28.11.1995 alla luce dei principi di cui all’articolo 1362 c.c., comma 2″, articoli 1363, 1366 e 1371 c.c., riproponendo come vizio di motivazione le stesse doglianze gia’ espresse nel precedente motivo.
6. Col sesto motivo, dedotto per contraddittorieta’ della motivazione in relazione all’interpretazione dei predetti accordi collettivi del 1991 e del 1995, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha trascurato il fatto che nessuna modificazione del trattamento retributivo in godimento avrebbe dovuto essere adoperata se non a seguito di una specifica transazione conciliativa da formalizzarsi innanzi alla competente Commissione di conciliazione, ovvero in sede sindacale ai sensi degli articoli 410 e 411 c.p.c.. Avrebbe, quindi, errato la Corte d’appello a far coincidere la firma per accettazione di esso ricorrente, apposta in calce alla lettera del 12.6.1991 ed avente valore di mera ricevuta, con la transazione che avrebbe dovuto essere formalizzata ai sensi delle predette norme del codice di rito. Ritiene la Corte di poter esaminare congiuntamente i predetti motivi di censura per ragioni di connessione.
Orbene, e’ opportuno prendere le mosse dalla considerazione che correttamente la Corte territoriale rileva che la lettera di assunzione non prevedeva alcunche’ in ordine alla assorbibilita’ o meno del superminimo e in essa nulla veniva specificato circa le ragioni di siffatta attribuzione, per cui in applicazione dei principi generali enucleati in sede di legittimita’ doveva escludersi la non riassorbibilita’ dell’assegno in esame che, comunque, era stato incontrovertibilmente riconosciuto nella sua interezza fino all’agosto del 1991, cioe’ fino a quando non fu stipulato il primo accordo collettivo del credito col quale si convenne che l’eventuale maggiore retribuzione annua gia’ percepita sarebbe stata mantenuta come assegno “ad personam” assorbibile in caso di passaggio di qualifica e/o di grado. Ne conseguiva che il nuovo assegno “ad personam” sostituiva quello precedente, posto che scaturiva dalla differenza tra il maggior trattamento precedente e quello nuovo ed era, percio’, comprensivo dell’assegno “ad personam” riconosciuto al momento dell’assunzione. Inoltre, la Corte ha adeguatamente precisato che l’assegno in questione venne pacificamente corrisposto al (OMISSIS) nella medesima misura di lire 1.152.654, nonostante gli incrementi stipendiali via via intervenuti (come da fogli paga del gennaio del 1992 e del 1995) fino a quando non venne applicato il successivo Accordo del 1995, la qual cosa confermava che tale assegno era proprio quello derivante dall’Accordo del 1991 e che lo stesso non venne mai assorbito, conformemente alla previsione dell’accordo stesso secondo cui l’assegno sarebbe stato riassorbito solo in caso di passaggio di qualifica o di grado, ipotesi, questa, mai verificatasi, atteso che il (OMISSIS) rimase sempre inquadrato come “Capoufficio”.
Tra l’altro, in siffatta materia questa Corte ha avuto occasione di precisare (Cass. Sez. Lav. n. 14689 del 29.8.2012) che “il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retribuiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, e’ soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento e’ assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento.”
Si e’, altresi’, statuito (Cass. sez. lav. n. 19750 del 17.7.2008) che “il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, che sia stato individualmente pattuito, e’ normalmente soggetto al principio generale dell’assorbimento nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualita’ o maggiore onerosita’ delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo, alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali sull’onere della prova, e’ tenuto lo stesso lavoratore. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che, correttamente, la sentenza di merito aveva disatteso la domanda del ricorrente, secondo il quale andava esclusa la riassorbibilita’ del superminimo in quanto condizione di miglior favore e diritto acquisito, in quanto sin dall’accordo del 30 maggio 1990, con cui era stato regolato il passaggio dei lavoratori presso il (OMISSIS), era stata esplicitamente prevista la riassorbibilita’ dei maggiori trattamenti “ad personam”, clausola poi ribadita dalla societa’ in data 22 giugno 1992 e non contraddetta dall’accordo sindacale del 28 marzo 1995, senza che assumesse rilievo – in assenza di ulteriori riscontri – la condotta del datore di lavoro che, in una prima fase, aveva continuato ad erogare l’emolumento aggiuntivo pur in concomitanza dei miglioramento economici contrattuali e legali).” (conf. a Cass. sez. lav. n. 12788 del 9/7/2004)
Non colgono, quindi, nel segno le censure che tentano di accreditare l’esistenza di un diritto quesito al mantenimento del vecchio assegno “ad personam” e della insuscettibilita’ di una sua riforma in pejus, dal momento che quest’ultimo venne mantenuto fino al 1991, prima di essere sostituito dal nuovo assegno “ad personam” che ricomprendeva quello precedente per effetto del suddetto meccanismo espressamente previsto dalla contrattazione collettiva. Egualmente infondato e’ il motivo che fa leva sulla mancata formalizzazione della procedura transattiva, in quanto come e’ spiegato bene in sentenza il lavoratore firmo’ per accettazione la lettera del 12.6.1991 contenente la comunicazione dell’applicazione del CCNL del credito e, quindi, del nuovo trattamento economico comprensivo dell’assegno “ad personam” di lire 1.152.654, per cui alcun rilievo assume la tesi del ricorrente il quale tenta di superare tale statuizione sostenendo che non aveva alcuna necessita’ di proporre una specifica impugnativa, non essendo mai intervenuta una formale transazione. Oltretutto, come la Corte territoriale ha ben evidenziato, il (OMISSIS) contesto’, attraverso le lettere del 25.11.1996, del 22.2.1997 e del 23.12.2001, unicamente il successivo accordo sindacale del 28.11.1995 e la riduzione dell’assegno “ad personam” dal mese di
gennaio del 1996, tanto che ancora con la lettera di convocazione per il tentativo obbligatorio di conciliazione del 31.5.2005, nell’invocare il riconoscimento di emolumenti vari, si limito’ a richiedere l’importo di euro 54.000 in relazione all’illegittimo riassorbimento dell’assegno “ad personam” dal 1995 sino alla fine del rapporto di lavoro.
In ogni caso, la mancata formalizzazione dell’accordo transattivo non poteva di certo far rivivere un assegno “ad personam” rimasto in vigore fino al 1991, non sorretto da un autonomo titolo e di fatto sostituito da uno nuovo che lo ricomprendeva grazie alla previsione di un nuovo accordo collettivo legittimamente concluso.
In definitiva il ricorso e’ infondato e va, percio’, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di euro 3000,00 per compensi professionali e di euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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