Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 febbraio 2018, n. 4342. Per l’esercizio della professione in Italia da parte dello straniero (nel caso un’infermiera) è necessario possedere il titolo abilitante legalmente riconosciuto sul territorio, ed essere iscritti all’ordine o al collegio professionale.

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8.4. Venendo alla disciplina specifica delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione la L. 1 febbraio 2006, n. 43, articolo 3 (nel testo modificato dalla L. 17 ottobre 2007, n. 189, articolo 1) prevede l’istituzione degli ordini e degli albi per le professioni sanitarie gia’ esistenti e per quelle di nuova configurazione ai quali devono accedere gli operatori e, con l’articolo 4, delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o piu’ decreti legislativi al fine di istituire gli ordini professionali per le professioni sanitarie previste dalla L. 10 agosto 2000, n. 251, e dal decreto del Ministro della sanita’ 29 marzo 2001 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001) trasformando i collegi professionali esistenti in ordini professionali e prevedendo albi professionali distinti per ciascuna area professionale e tra queste per l’area delle professioni infermieristiche, aggiornando la definizione delle figure professionali da includere nelle fattispecie di cui alla L. 10 agosto 2000, n. 251, articoli 1, 2, 3 e 4 ed individuando, tra l’altro, in base alla normativa vigente, i titoli che consentono l’iscrizione agli albi e dettando i principi cui si devono attenere gli statuti e i regolamenti degli ordini neocostituiti. Il procedimento prevede che gli schemi dei decreti legislativi, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di’ Trento e di Bolzano, siano trasmessi alle Camere perche’ esprimano nel termine di quaranta giorni il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri.

8.5. Questo il contesto normativo al momento della stipula del contratto a tempo determinato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) in data 15 maggio 2007. Stante il differimento del termine per l’esercizio della delega di cui alla L. 1 febbraio 2006, n. 43, articolo 4 recante istituzione degli ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, disposto con la L. 17 ottobre 2007, n. 189, articolo 1 a quella data la disciplina novellata introdotta dalla L. n. 43 del 2006 non era ancora in vigore. Pertanto a quel momento la lavoratrice per poter concludere il contratto doveva aver ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio della professione di infermiera e doveva essersi iscritta al Collegio delle infermiere professionali, delle assistenti sanitarie visitatrici e delle vigilatrici d’infanzia costituito in ogni Provincia, ai sensi della L. 29 ottobre 1954, n. 1049, articolo 1 cui sono estese, ai sensi della citata L. n. 1049 del 1954, articolo 2 le norme contenute nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, riguardante la ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse.

8.6. Poiche’ e’ incontroverso tra le parti che l’odierna ricorrente non aveva provveduto ne’ ad ottenere il riconoscimento del titolo conseguito in Ucraina ne’, tanto meno ad iscriversi al Collegio provinciale professionale correttamente la Corte di appello ha ritenuto che il contratto concluso in mancanza di uno dei requisiti soggettivi necessari fosse, per cio’ solo, nullo. Qualora, infatti, per lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa, sia richiesta dalla legge un’abilitazione o un titolo di studio abilitante, in ragione dell’incidenza di tale attivita’ sulla salute pubblica, o sulla sicurezza pubblica, la prestazione lavorativa, svolta in carenza di detti presupposti e’, anche ai fini di cui all’articolo 2126 c.c., illecita, perche’ in violazione di norme imperative attinenti all’ordine pubblico e poste a tutela di diritti fondamentali della persona (cfr. Cass. 07/07/2014 n. 15450)

8.7. Quanto alla verifica della sussistenza in concreto dei requisiti di validita’ del titolo di studio, correttamente la Corte di merito ha sottolineato che qualunque esame era precluso dall’esistenza di una domanda in tal senso della lavoratrice che sola avrebbe avuto interesse ad ottenere un tale accertamento.

9. In conclusione e per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere rigettato e le spese, regolate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che si liquidano in Euro 3500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie ed accessori dovuti per legge.

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