Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 febbraio 2018, n. 4342. Per l’esercizio della professione in Italia da parte dello straniero (nel caso un’infermiera) è necessario possedere il titolo abilitante legalmente riconosciuto sul territorio, ed essere iscritti all’ordine o al collegio professionale.

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5. Osserva al riguardo il Collegio che per dedurre utilmente in sede di legittimita’ un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., a fronte di domande ed eccezioni ritualmente ed inequivocabilmente formulate oltre che autonomamente apprezzabili e per le quali la pronuncia sia necessaria ed ineludibile, occorre che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo nel quale erano state proposte sicche’ sia possibile verificare in primo luogo la ritualita’ e la tempestivita’ della domanda o dell’eccezione ed, in secondo luogo, la decisivita’ delle questioni prospettate. Pertanto ove si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato articolo 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione e’ giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimita’ di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilita’, all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di’ autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (cfr. in termini Cass. n. 18/08/2017 n. 20178, 08/06/2016 n. 11378, 04/07/2014 n. 15367). Nel caso in esame la ricorrente e’ venuta meno a tale onere di specificazione, in violazione dell’articolo 369 c.p.c., n. 4, limitandosi ad asserire di aver eccepito la tardivita’ dell’appello senza tuttavia precisare gli esatti termini dell’eccezione proposta ne’ indicare dove era possibile reperire gli atti a tal fine rilevanti cosi’ che la censura deve essere dichiarata inammissibile.

6. Con il secondo motivo di ricorso e’ denunciata la violazione dell’articolo 12 preleggi, della L. 1 febbraio 2006, n. 43, articolo 2, commi 3, 4 e 7 e del D.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, articolo 10 oltre che l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

6.1. Sostiene la ricorrente che, pur essendo obbligatoria l’iscrizione all’albo per l’esercizio delle professioni sanitarie, tuttavia l’articolo 4 della legge ha delegato il governo per l’emanazione di decreti legislativi di istituzione degli ordini professionali, cosi’ trasformando i collegi esistenti; che, stante la mancata attuazione della delega, continuava a trovare applicazione il D.C.P.S. n. 233 del 1946, articolo 10 in base al quale l’iscrizione all’albo professionale e’ facoltativa quando, come nel caso in esame, l’attivita’ sia svolta in regime di subordinazione con una struttura privata accreditata con la p.a., restando irrilevante la circostanza che l’IPASVI detenesse un albo, in nessun modo equiparato o equiparabile agli Ordini professionali di nuova istituzione ed ai relativi Albi.

7. Con il terzo motivo di ricorso viene censurata la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli articoli 1418 e 1343 c.c., dell’articolo 115 c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c. oltre che con omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ritenuto che la mancanza di un riconoscimento in Italia del titolo per lo svolgimento della professione sanitaria conseguito all’estero equivalesse all’assenza del titolo con conseguente impossibilita’ di esercitare la professione e nullita’ del contratto.

7.1. Sostiene la ricorrente che il riconoscimento del titolo da parte del Ministero della Salute si sostanzia nella mera verifica del corso di studi la cui istruttoria e’ demandata alle regioni.

7.2. Sottolinea che la violazione delle disposizioni regolamentari dettate per il riconoscimento costituisce mera irregolarita’ e non e’ idonea a travolgere il contratto stipulato.

7.3. Erroneamente, pertanto, la Corte di merito avrebbe assimilato il mancato riconoscimento del titolo alla totale assenza dello stesso, sopravvalutandone l’incidenza sul rapporto gia’ instaurato e sanzionando con la nullita’ quella che invece si sostanziava in una mera irregolarita’ suscettibile, semmai, di giustificare una sospensione del rapporto lavorativo sino ad una sua regolarizzazione.

7.4. Evidenzia, infine, la contraddittorieta’ della sentenza per avere ritenuto di non poter accertare incidentalmente l’equipollenza del titolo conseguito all’estero in mancanza di una specifica domanda in via incidentale della (OMISSIS) laddove, invece, era la Fondazione che era tenuta a chiedere, sin dal primo grado, la verifica del titolo abilitante prodotto.

8. Le due censure, da esaminare congiuntamente poiche’ attengono sotto vari profili all’esistenza di un titolo abilitante per l’esercizio della professione infermieristica ed all’incidenza di una sua mancanza o irregolarita’ sul contratto di lavoro della (OMISSIS) con la Fondazione, sono infondate.

8.1. Occorre premettere che a norma della L. 6 marzo 1998, n. 40, articolo 35 e del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 37 “1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all’esercizio delle professioni, e’ consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di Albi, l’iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L’iscrizione ai predetti Albi o elenchi e’ condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza. 2. Le modalita’, le condizioni ed i limiti temporali per l’autorizzazione all’esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai ministri competenti, di concerto con il ministro dell’Universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate. 3. Gli stranieri di cui al comma 1, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformita’ ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione. 4. In caso di lavoro subordinato e’ garantita la parita’ di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.”.

8.2. Condizione per l’esercizio della professione in Italia da parte degli stranieri ed in deroga al requisito del possesso della cittadinanza italiana e’ pertanto:

– il possesso di un titolo professionale abilitante legalmente riconosciuto in Italia.

– l’iscrizione all’ Ordine o al Collegio professionale. Nel caso, poi, di professione sprovvista di albo, l’iscrizione deve essere effettuata nell’ elenco speciale da istituire presso il Ministero competente.

La norma chiarisce inoltre che l’iscrizione all’albo o all’elenco “e’ condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato” e precisa che non si possono avvantaggiare della deroga alla cittadinanza italiana gli stranieri che siano stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.

8.3. Con il Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e’ stato approvato il regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286) cui era stata demandata la definizione di modalita’, condizioni e limiti temporali per l’autorizzazione all’esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia che all’articolo 50 prevede l’istituzione di elenchi speciali presso il Ministero della sanita’ per gli esercenti le professioni sanitarie sprovviste di ordine o collegio professionale e dispone che il Ministro della sanita’ pubblichi annualmente gli elenchi speciali e gli elenchi degli stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria. Prevede poi che ai fini dell’iscrizione negli albi professionali e negli elenchi speciali siano previamente accertate dagli ordini e collegi professionali e dal Ministero della sanita’ la conoscenza della lingua italiana e delle speciali disposizioni che regolano l’esercizio professionale in Italia. Ai fini dell’iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per l’esercizio delle professioni sanitarie sul territorio nazionale e dei Paesi dell’Unione europea non e’ sufficiente la dichiarazione di equipollenza dei titoli accademici nelle discipline sanitarie, conseguiti all’estero, nonche’ l’ammissione ai corrispondenti esami di diploma, di laurea o di abilitazione, con dispensa totale o parziale degli esami di profitto, essendo necessario acquisire il preventivo parere positivo del Ministero della salute. Conseguito il parere l’iscrizione all’albo deve seguire nel termine di due anni trascorso il quale il decreto di riconoscimento perde efficacia. In mancanza di ordini o collegi, invece, il decreto di riconoscimento perde efficacia, qualora l’interessato non lo abbia utilizzato, a fini lavorativi, per un periodo di due anni dalla data del rilascio.

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