Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 2 marzo 2017, n. 5322

Quanto alla proporzionalita’ fra illecito disciplinare e relativa sanzione, e’ appena il caso di ricordare che, per costante giurisprudenza, il giudice ha il dovere di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive disciplinari al disposto dell’articolo 2106 c.c., in forza del quale gli illeciti disciplinari vanno sanzionati “secondo la gravita’ dell’infrazione”; solo dopo che tale verifica consenta di escludere la nullita’ delle clausole del contratto collettivo, il giudice deve apprezzare in concreto (e non semplicemente in astratto) la gravita’ degli addebiti sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 2 marzo 2017, n. 5322

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – rel. Presidente

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 605/2015 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo Studio Legale e Tributario (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 82/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 06/03/2014 R.G.N. 479/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/12/2016 dal Consigliere e Presidente Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 156/12 il Tribunale di Teramo, annullato il licenziamento disciplinare intimato il 23.10.07 da (OMISSIS) S.p.A. nei confronti di (OMISSIS), condannava la societa’ a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, con tutte le conseguenze, anche economiche, di cui alla L. n. 300 del 1970, articolo 18.

Il licenziamento disciplinare era stato intimato per avere il lavoratore, ausiliario della viabilita’, cagionato un sinistro stradale nel traforo del (OMISSIS), che stava percorrendo per ragioni di servizio, sinistro nel quale aveva trovato la morte un automobilista. Al dipendente erano state altresi’ contestate plurime violazioni dei suoi doveri, doveri consistenti nel controllo, pronto intervento e assistenza all’utenza al fine di garantire un tracciato stradale sgombro da insidie e una circolazione stradale sicura.

Con sentenza depositata il 6.3.14 la Corte d’appello di L’Aquila, in totale riforma della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda di Renato Tiberii, che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a due motivi.

(OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex articolo 378 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria oltre il termine di cui all’articolo 378 c.p.c..

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilita’ della memoria fatta pervenire dal ricorrente solo in data 19.12.16, vale a dire oltre il termine di cui all’articolo 378 c.p.c..

1.1. Con il primo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonche’ violazione e falsa applicazione della normativa sulle procedure operative di sicurezza, di segnalazione e di informazione: si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto – in maniera decontestualizzata e non conforme al materiale istruttorio acquisito – che il ricorrente stesse percorrendo a velocita’ sostenuta il tratto di strada su cui si era verificato il sinistro mortale, di non aver prestato la dovuta attenzione al mezzo fermo sulla destra in galleria, di aver posto in essere una manovra rischiosa, di non aver informato correttamente la Sala Operativa e la Polizia Stradale, di aver omesso l’invio d’una relazione dettagliata, di non essersi arrestato in prossimita’ del luogo dell’incidente per consentire l’ispezione e l’eventuale assistenza al cliente, bensi’ di aver provocato il sinistro.

1.2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione delle L. n. 604 del 1966, L. n. 300 del 1970, L. n. 108 del 1990 e del Decreto Legislativo n. 179 del 2009, nonche’ omessa motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ravvisato nei fatti attribuiti al ricorrente una grave negazione del vincolo fiduciario proprio del rapporto di lavoro, senza prendere in esame gli elementi di fatto emersi in concreto e la pregnanza dell’elemento soggettivo della condotta (intenzionalita’ o mera colpa), cosi’ venendo meno all’obbligo di valutare la proporzionalita’ fra l’addebito e la sanzione disciplinare, per di piu’ senza considerare che le violazioni che sarebbero state commesse da (OMISSIS) erano smentite da quanto accertato in sede penale dal C.T. del P.M. e che, comunque, la societa’ non aveva assolto al proprio onere probatorio circa la sussistenza d’una giusta causa di recesso.

2.1. Il primo motivo e’ inammissibile perche’ non solo non formula le proprie censure con motivi distinti e con separata individuazione del relativo canale di accesso fra quelli tassativamente elencati dall’articolo 360 c.p.c., ma affastella insieme e disordinatamente doglianze relative al governo delle risultanze istruttorie e pretese violazioni di norme di diritto neppure analiticamente indicate (e gia’ cio’ importa inammissibilita’ del mezzo medesimo: cfr., ex aliis, Cass. n. 635/15; Cass. n. 828/07).

In realta’ l’intero ricorso suggerisce una generale rivisitazione del materiale istruttorio (documentale e testimoniale) affinche’ se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimita’ neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.

In altre parole, il ricorso si dilunga nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale proprie difformi valutazioni delle prove, ma tale modus operandi non rispetta le prescrizioni contenute nella sentenza 7.4.14 n. 8053 (e nelle successive pronunce conformi) delle S.U. di questa S.C. e non e’ idoneo a segnalare un vizio denunciabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo, nel caso di specie applicabile ratione temporis, novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134) ne’, a maggior ragione, ai sensi degli altri casi tassativamente elencati dall’articolo 360 c.p.c..

2.2. Analoghe considerazioni valgano in relazione al secondo motivo, anch’esso inteso a sollecitare un’inammissibile rivisitazione delle risultanze di causa.

Quanto alla proporzionalita’ fra illecito disciplinare e relativa sanzione, e’ appena il caso di ricordare che, per costante giurisprudenza, il giudice ha il dovere di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive disciplinari al disposto dell’articolo 2106 c.c., in forza del quale gli illeciti disciplinari vanno sanzionati “secondo la gravita’ dell’infrazione”; solo dopo che tale verifica consenta di escludere la nullita’ delle clausole del contratto collettivo, il giudice deve apprezzare in concreto (e non semplicemente in astratto) la gravita’ degli addebiti sotto il profilo oggettivo e soggettivo.

Nel caso di specie la sentenza impugnata si e’ attenuta a tale insegnamento, motivatamente valutando la gravita’ dell’infrazione sotto il profilo oggettivo e soggettivo (viste le plurime e reiterate violazioni delle disposizioni di sicurezza sia a monte che a valle del sinistro), compito – questo – precipuo del giudice di merito e non di quello di legittimita’.

3.1. In conclusione, il ricorso e’ da dichiararsi inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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