Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 novembre 2017, n. 27108. In tema di impresa familiare e la quota di partecipazione del familiare

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Questa Corte ha gia’ chiarito (Cassazione civile, sez. lav., 16/04/1992, n. 4650; Cassazione civile, sez. lav., 22/05/1991, n. 5741) che la fattispecie costitutiva dell’impresa familiare e’ un fatto giuridico – ovvero l’esercizio continuativo di attivita’ economica da parte di un gruppo familiare in funzione di imprenditore oppure di “partecipante” – sicche’ non occorre alla sua configurazione la conclusione di un negozio giuridico. Cio’ non esclude che un contratto possa intervenire a regolamentare la fattispecie; in tale eventualita’, tuttavia, ove il negozio stesso oppure singole clausole di esso – pur risultando compatibili con la configurabilita’ dell’impresa familiare – siano in contrasto con le norme imperative di cui all’articolo 230 bis cod. civ. le relative previsioni sono affette da nullita’, con la conseguenza che nella ipotesi di nullita’ parziale le clausole nulle sono sostituite “di diritto” dalle norme imperative che ne risultino violate, ex articolo 1419 cod. civ..
La Corte di merito nello statuire la nullita’ della sola clausola che escludeva la partecipazione del (OMISSIS) all’avviamento ha fatto dunque corretta applicazione previsioni del comma due dell’articolo 1419 cod. civ..
3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale e’ denunziata violazione e falsa applicazione dell’articolo 230 bis cod. civ..
Oggetto di censura e’ la statuizione della Corte territoriale che individua nel 49% la quota di partecipazione del (OMISSIS) (non solo agli utili ma anche) agli incrementi materiali.
La ricorrente incidentale ha dedotto che la quota del 49% prevista nell’atto costitutivo della impresa familiare riguardava la sola partecipazione agli utili sicche’ il giudice dell’appello avrebbe dovuto individuare ex post il valore dell’apporto di lavoro del coniuge non solo ai fini dell’avviamento ma anche in relazione agli incrementi materiali.
4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) ha lamentato insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla determinazione in sentenza della quota di partecipazione del (OMISSIS) all’avviamento nella misura del 20%.
La ricorrente incidentale ha asserito che, in ragione del ruolo prevalente da lei assunto, come professionista, nella erogazione dei servizi di farmacia, l’apporto lavorativo del coniuge avrebbe potuto essere stimato al massimo nella misura del 10%, censurando la sua determinazione nella maggior quota del 20%.
I due motivi, entrambi relativi alla determinazione della quota di partecipazione del familiare agli incrementi, materiali (terzo motivo) ed immateriali (quarto motivo), sono infondati.
E’ sufficiente sul punto rinviare al principio di diritto gia’ esposto nel primo motivo del ricorso principale relativamente alla impossibilita’ di considerare distintamente la quantita’ e qualita’ del lavoro del partecipante nella impresa familiare in relazione, rispettivamente, agli utili ed agli incrementi – (sia materiali che immateriali) – contrariamente a quanto in questa sede assume la ricorrente incidentale.
5. Con il quinto motivo la ricorrente incidentale ha dedotto violazione del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, articolo 110.
Ha esposto che nella valutazione dell’avviamento dovevano applicarsi i criteri indicati dalla suddetta norma di legge, che la Corte di merito aveva erroneamente ritenuto rilevanti al solo fine del rilascio della autorizzazione all’esercizio della farmacia e non nei rapporti tra privati.
Il motivo e’ infondato.
La norma di legge invocata prevede gli obblighi del concessionario dell’autorizzazione all’esercizio di una farmacia che non sia di nuova istituzione ed, in particolare, l’obbligo di rilevare gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico nonche’ di corrispondere al precedente titolare un’indennita’ di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell’applicazione dell’imposta di ricchezza mobile nell’ultimo quinquennio.
La disciplina riguarda, dunque, il trasferimento della titolarita’ di una farmacia; in tal caso la determinazione dell’avviamento secondo il criterio legale e’ giustificata dalla necessita’ di tener conto della non-monetizzabilita’ del titolo amministrativo, pur in larga misura incidente sul valore dell’esercizio, la cui titolarita’ e’ personale ed il cui trasferimento e’ consentito nei limiti individuati ex lege (sulla ratio della disciplina della norma in commento si veda Cass., sez. 2, 22.10.2015 nr. 21523).

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