Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 settembre 2016, n. 17966

Il principio di non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c., e articolo 416 c.p.c., comma 2, non si applica alle mere difese, fra cui rientra anche l’assunto del datore di lavoro di aver stabilito una data turnazione fra i propri dipendenti per venire incontro ad una loro richiesta.

In tema di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, bisogna tenere distinto il danno da usura psico-fisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’eventuale ulteriore danno biologico, che invece si concretizza in un’infermita’ determinata da una continua attivita’ lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima evenienza, il danno puo’ essere presunto sull’an; il relativo quantum e’ indennizzabile mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive.

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 13 settembre 2016, n. 17966

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente
Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20174/2011 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS);
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
avverso il provvedimento n. 6698/2010 della CORTE D’APPELLO DI ROMA depositata il 23/07/2010, R.G. N. 2310/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale per quanto di ragione, assorbito il ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2.3.06 il Tribunale di Roma condannava (OMISSIS) S.p.A. a pagare in favore dei lavoratori di cui in epigrafe l’indennita’ compensativa del lavoro prestato, per effetto di turnazione, nel settimo e ottavo giorno consecutivo.
Con sentenza depositata il 23.7.10 la Corte d’appello di Roma, in totale riforma della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda per difetto della maggiore penosita’ del lavoro cosi’ prestato, atteso che la peculiare turnazione articolata su sette od otto giorni consecutivi era stata stabilita proprio per venire incontro ad una richiesta dei dipendenti, affinche’ – lavorandosi oltre il sesto giorno consecutivo – il riposo non coincidesse sempre con lo stesso giorno della settimana, ma potesse essere accorpato con altri giorni di riposo e coincidere anche con il sabato o con la domenica.
Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori di cui in epigrafe affidandosi a sei motivi.
(OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale basato su un solo motivo.
Le parti depositano memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 370 del 1934, per avere la Corte territoriale sostanzialmente disatteso il principio giurisprudenziale secondo cui, in ipotesi di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, il danno da usura psicofisica conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro e alla sua penosita’ (danno diverso da quello biologico, eventuale e ulteriore, che si concretizza in un’infermita’ del lavoratore determinata dall’attivita’ lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attivita’ lavorativa non seguita da puntuali riposi settimanali) deve ritenersi presunto circa l’an. Del pari e’ stato disatteso – prosegue il ricorso – il principio per cui chi lavora tutti i giorni della settimana ha diritto (anche in assenza di apposita previsione contrattuale) a due distinti trattamenti economici (diversi dall’indennita’ di turno), l’uno per la prestazione domenicale e l’altro (oggetto del presente contenzioso) per la maggiore penosita’ del lavoro prestato per piu’ di sei giorni consecutivi. In breve – conclude il motivo – la sentenza impugnata ha confuso quest’ultima indennita’ con il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno determinato da superlavoro (questo si’ da allegarsi e provarsi specificamente).
Analoga doglianza viene svolta nel secondo motivo sotto forma di violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 Cost., dovuta anche ad una fuorviante lettura, da parte della Corte territoriale, della giurisprudenza citata in sentenza, posto che e’ la stessa quantita’ di lavoro ad essere maggiore ove esso venga prestato con modalita’ piu’ usuranti e/o penose.
Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione la’ dove la sentenza impugnata ha ritenuto che la turnazione de qua fosse il frutto d’un consenso dei lavoratori interessati: in realta’ – si obietta – non vi era alcun accordo in tal senso, soprattutto considerando che, riguardando la turnazione un’intera unita’ produttiva, non poteva parlarsi d’un consenso di tutta una pluralita’ di lavoratori, avendo ognuno di essi proprie diverse esigenze.
Il quarto motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli articoli 416 e 436 c.p.c., per avere la gravata pronuncia fatto erronea applicazione del principio di non contestazione circa l’esistenza d’un accordo con i lavoratori, contestazione che – invece – era stata espressamente formulata nella memoria difensiva in appello depositata dagli odierni ricorrenti.
Tale censura viene sostanzialmente fatta valere anche nel quinto motivo, sotto forma di vizio di motivazione.
Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 101 e 115 c.p.c., perche’, per suffragare il proprio convincimento, la Corte territoriale si e’ basata – oltre che sull’erronea applicazione del principio di non contestazione anche su una pretesa lettera del 15.11.09 e sull’esito della prova, espletata in altro giudizio, risultante da un precedente giurisprudenziale versato in atti.
2- Con l’unico motivo del ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., e vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata compensato le spese del doppio grado di merito vista l’esistenza di contrasti giurisprudenziali, che pero’ – obietta la ricorrente – per loro stessa natura non possono rientrare nel concetto di gravi ed eccezionali ragioni idonee a giustificare la compensazione.
3- I sei motivi del ricorso principale – da esaminarsi congiuntamente perche’ connessi – sono fondati.
La ratio decidendi dell’impugnata sentenza si rivela erronea sotto plurimi profili la’ dove ha escluso la maggior penosita’ del lavoro prestato per oltre sei giorni consecutivi – e, quindi, l’indennita’ rivendicata dagli attori – in quanto la turnazione articolata su piu’ di sei giorni lavorativi consecutivi senza riposo sarebbe stata adottata “per venire incontro alla richiesta dei lavoratori”.
La Corte territoriale lo desume non da un accordo sindacale, ma dalla mancata contestazione di tale affermazione fatta dalla difesa di (OMISSIS) S.p.A..
Si tratta d’una erronea applicazione del principio di non contestazione.
Si premetta che la giurisprudenza di questa S.C. ha da tempo affermato che tale principio riguarda i fatti primari (costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto azionato) e non quelli secondari, dedotti in funzione probatoria (cfr. Cass. n. 4854/14; Cass. n. 22787/13; Cass. n. 5407/13; Cass. n. 6345/12; Cass. S.U. n. 761/02).
E’ pur vero che Cass. S.U. n. 12065/14 e talune voci di dottrina hanno ventilato l’eventualita’ di estendere il principio di non contestazione anche ai fatti secondari, in virtu’ del nuovo testo dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, come sostituito dalla L. n. 69 del 2009, articolo 45.
Nondimeno e’ dirimente osservare che si tratta di novella applicabile solo ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (v. relativo articolo 58) – mentre quello odierno e’ stato instaurato nel 2004 – e che, comunque, l’essere la societa’ venuta incontro ad un’ipotetica richiesta dei lavoratori non integra neppure un fatto secondario, ma una mera difesa (in quanto tale estranea al principio di non contestazione).
Inoltre, la predetta circostanza fattuale e’ altresi’ irrilevante, per come e’ stata formulata dalla societa’ e accolta dalla Corte di merito, giacche’ riferita non gia’ ad un testo contrattuale, ma ai presunti desiderata d’una pluralita’ indifferenziata di lavoratori, fra cui neppure si dice rientrassero gli odierni ricorrenti.
Ne’ la prova a riguardo puo’ ricavarsi da un mero precedente giurisprudenziale versato in atti e dalla sintesi di prove che in esso si legga: cio’ sarebbe lesivo degli articoli 115 e 116 c.p.c., e articolo 111 Cost., e costituirebbe una sostanziale abdicazione rispetto all’obbligo di valutare autonomamente attendibilita’ e affidabilita’ delle fonti di prova, cosa impossibile ove ci si limiti a recepirne l’altrui sintesi, senza neppure lettura dei relativi verbali.
Tale modus procedendi sarebbe altresi’ contrario alla giurisprudenza di questa Corte Suprema.
Invero, il giudice e’ libero di utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche prove raccolte in un diverso processo svoltosi fra le stesse o altre parti, ma queste prove valgono – nella controversia innanzi a lui pendente – come meri indizi idonei a fornire elementi indiretti e concorrenti di giudizio e non possono assurgere a fonte determinante per l’accertamento del fatto, in mancanza di adeguato raffronto critico con le altre risultanze processuali (cfr. Cass. n. 7518/01; Cass. n. 2616/95; Cass. n. 5792/90; Cass. n. 1484/83).
Cio’ detto, deve ribadirsi il noto principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, bisogna tenere distinto il danno da usura psico-fisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’eventuale ulteriore danno biologico, che invece si concretizza in un’infermita’ determinata da una continua attivita’ lavorativa non seguita da riposi settimanali. Nella prima evenienza, il danno puo’ essere presunto sull’an; il relativo quantum e’ indennizzabile mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive (cfr., per tutte e da ultimo, Cass. n. 21225/15).
4- L’accoglimento del ricorso principale assorbe la disamina di quello incidentale (concernente solo il governo delle spese di lite).
5- In conclusione, il ricorso e’ da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovra’ attenersi ai seguenti principi di diritto:
“Il principio di non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c., e articolo 416 c.p.c., comma 2, non si applica alle mere difese, fra cui rientra anche l’assunto del datore di lavoro di aver stabilito una data turnazione fra i propri dipendenti per venire incontro ad una loro richiesta”.
“In tema di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, bisogna tenere distinto il danno da usura psico-fisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’eventuale ulteriore danno biologico, che invece si concretizza in un’infermita’ determinata da una continua attivita’ lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima evenienza, il danno puo’ essere presunto sull’an; il relativo quantum e’ indennizzabile mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive”.
P.Q.M.

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