Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 luglio 2017, n. 17373

L’apprendista in caso di licenziamento illegittimo non ha diritto al risarcimento del danno pari agli stipendi fino alla scadenza del periodo di formazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 13 luglio 2017, n. 17373

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere

Dott. MANNA Antonio – Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22447/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO COPPOLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5271/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/06/2015 R.G.N. 5761/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Chiede che la Corte disponga la trasmissione degli atti alla Procura territorialmente competente, potendo ravvisarsi alternativamente l’ipotesi di reato di falso, frode processuale o calunnia;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Torre Annunziata del 19 gennaio 2011 (OMISSIS), gia’ dipendente della societa’ (OMISSIS) srl con qualifica di apprendista tornitore, impugnava il licenziamento intimatogli con lettera del 12.10.2006 per ragioni disciplinari; chiedeva condannarsi il datore di lavoro al pagamento delle differenze di retribuzione maturate per lavoro straordinario, delle retribuzioni e del TFR che avrebbe percepito lavorando sino alla scadenza del contratto di apprendistato (Euro 22.048,78), del danno derivato dalla mancata formazione (Euro 11.024,39).

Il giudice del lavoro accoglieva la domanda limitatamente al pagamento della indennita’ risarcitoria derivante dalla accertata illegittimita’ – inefficacia del licenziamento (Euro 22.048,78), respingendola nel resto.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 17-29.6.2015 (nr. 5271/2015), rigettava l’appello della societa’ (OMISSIS) srl.

Per quanto rileva in causa, la Corte di merito ritenuta carente la prova della preventiva contestazione degli addebiti, osservava che correttamente il primo giudice aveva fatto discendere dalla illegittimita’ – inefficacia del licenziamento il risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni che sarebbero maturate dal licenziamento al termine del contratto di apprendistato.

In ordine al quantum delle retribuzioni, i conteggi del ricorrente non erano stati contestati nel primo grado e le questioni circa la deduzione dal risarcimento delle somme spettanti all’INPS ed all’erario erano inammissibili perche’ nuove; l’aliunde perceptum era rilevabile in appello unicamente sulla base di allegazioni articolate tempestivamente mentre solo nel grado di appello la societa’ aveva allegato la esistenza di nuovi contratti di apprendistato, stipulati nel gennaio 2007 (con la ditta (OMISSIS)) e nel maggio 2007 (con la (OMISSIS) srl).

In ogni caso, la societa’ aveva richiamato ma non prodotto l’estratto contributivo del dipendente a sostegno dell’aliunde perceptum ed anche la richiesta di interrogatorio formale sul punto era stata formulata tardivamente nel giudizio di prime cure.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la societa’ (OMISSIS) srl, articolato in tre motivi.

Ha resistito con controricorso (OMISSIS).

La societa’ (OMISSIS) srl ha presentato istanza di emissione dell’ordine di cancellazione di frasi ingiuriose del controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Il PM nel formulare le proprie conclusioni ha altresi’ chiesto a questa Corte di provvedere alla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica territorialmente competente, potendo ravvisarsi alternativamente l’ipotesi del reato di falso e frode processuale ovvero di calunnia.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la societa’ ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, della L. n. 604 del 1966, articolo 8, e del Decreto Legislativo n. 167 del 2011, articolo 1.

La censura afferisce alla statuizione di condanna conseguente alla dichiarata illegittimita’ del licenziamento.

La ricorrente, sull’assunto di rientrare per requisito dimensionale nella area di applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 8, ha affermato doversi dare luogo alla tutela economica ivi prevista.

Ha rilevato che nella fase formativa dell’apprendistato il regime del licenziamento, a seguito degli interventi additivi della Corte costituzionale (sentenze del 14.1.1970 nr. 14 e 22.11.1973 nr. 169), era quello previsto dalla legge 604/1966 per il lavoratore a tempo indeterminato.

Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 – articoli 48 e 49 – aveva poi codificato la irrecedibilita’ del datore di lavoro nel corso del periodo di apprendistato in assenza di giusta causa e giustificato motivo sicche’ non potevano essere applicati nei casi di illegittimita’ del licenziamento i principi affermati in giurisprudenza in relazione alla diversa tipologia del contratto a termine.

Il riconoscimento in sentenza del diritto del lavoratore-apprendista a percepire a titolo di danno conseguente al licenziamento illegittimo le retribuzioni maturande fino alla scadenza del periodo di apprendistato gli attribuiva una tutela piu’ forte di quella che gli sarebbe stata riconosciuta in ipotesi di sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Il Decreto Legislativo n. 167 del 2011, articolo 1 comma 1, che definiva l’apprendistato come contratto “a tempo indeterminato”, aveva fornito una interpretazione autentica della sua disciplina.

2. Con il secondo motivo la societa’ ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – omesso e insufficiente esame nonche’ carente e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia; erronea applicazione degli articoli 1223, 1175 e 1176 c.c..

Con il motivo si denunzia la insufficienza della motivazione della sentenza per non avere considerato la natura sinallagmatica del rapporto di lavoro e, dunque, la necessita’ della offerta della prestazione lavorativa nonche’ la contraddittorieta’ della motivazione rispetto alle risultanze istruttorie, che avevano accertato il completo disinteresse del lavoratore alla prestazione lavorativa sia all’epoca del licenziamento che in prospettiva futura.

Inoltre, come gia’ rilevato dal giudice del primo grado, il lavoratore aveva coltivato unicamente la domanda di risarcimento del danno, senza allegare alcunche’ circa il pregiudizio alla professionalita’ ed era risultato corresponsabile della mancata acquisizione della professionalita’ al momento del licenziamento.

Tali circostanze avrebbero dovuto determinare una riduzione del risarcimento ed addirittura il venir meno della causa dell’apprendistato.

Il giudice dell’appello aveva trascurato di esaminare il comportamento tenuto dal lavoratore in costanza di rapporto cosi’ come le pregresse vicende dei rapporti di lavoro intercorsi alle dipendenze di terzi, ritenendo irrilevante la prova sul punto.

3. Con il terzo motivo la societa’ ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – omesso ed insufficiente esame nonche’ carente ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

La societa’ ha dedotto che la quantificazione delle somme dovute a titolo risarcitorio doveva essere effettuata assumendo a parametro la retribuzione netta laddove la sentenza, parametrata alla retribuzione lorda, aveva attribuito al (OMISSIS) anche somme che sarebbero spettate all’erario ed all’INPS.

Non aveva pregio il rilievo, in sentenza, della mancata contestazione dei conteggi e della novita’ delle allegazioni in appello, giacche’ si trattava di applicare norme di diritto, nell’esercizio del potere-dovere del giudice.

La censura investe, altresi’, la statuizione di mancata detrazione dal quantum del risarcimento dell’aliunde perceptum, che il giudice dell’appello erroneamente fondava sulla novita’ della eccezione laddove si trattava di una eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio.

La societa’ ha esposto che nel periodo compreso tra il licenziamento e la scadenza del contratto di apprendistato il lavoratore aveva percepito la somma complessiva di Euro 20.838 in relazione ad altri rapporti di lavoro, come risultava dall’estratto contributivo, che – contrariamente a quanto rilevato in sentenza – era stato gia’ depositato nel primo grado unitamente alla memoria integrativa, come riconosciuto anche da controparte (nella memoria difensiva sull’istanza di sospensione della esecutivita’ della sentenza).

Il primo motivo di ricorso e’ fondato.

Giova premettere che la fattispecie di causa e’ regolata ratione temporis dalla normativa di cui alla L. 19 gennaio 1955, n. 25, alla L. n. 56 del 1987, articoli 21 e 22, alla L. n. 196 del 1997, articolo 16, al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articoli da 47 a 53.

Non si applica invece la disciplina introdotta dal Decreto Legislativo 14 settembre 2011, n. 167, che, all’articolo 1, nel definire l’apprendistato, ne ha riconosciuto la natura di rapporto a tempo indeterminato (qualificazione confermata anche dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, articolo 41, abrogativo del Decreto Legislativo n. 167 del 2011).

Tuttavia, pur in mancanza di una statuizione espressa, deve affermarsi che anche il contratto di apprendistato disciplinato dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25, da’ origine ad un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in continuita’ con l’arresto di questa Corte di cui alla sentenza del 15 marzo 2016 nr. 5051 (relativa a fattispecie di licenziamento nullo per violazione del divieto di cui al Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 54).

La L. n. 25 del 1955, articolo 19, prevede, infatti, che in caso di mancata disdetta a norma dell’articolo 2118 c.c., al termine del periodo di apprendistato l’apprendista sia “mantenuto in servizio” con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneita’ e con il computo del periodo di apprendistato ai fini dell’anzianita’ di servizio del lavoratore. La stessa previsione normativa della disdetta ai sensi dell’articolo 2118 c.c., cioe’ con periodo di preavviso, corrisponde all’esigenza, propria di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di evitare che la parte che subisce il recesso si trovi improvvisamente di fronte allo scioglimento del rapporto.

Il contratto di apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla L. n. 25 del 1955, e’ dunque un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase e’ contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attivita’ lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase – soltanto eventuale, perche’ condizionata al mancato recesso ex articolo 2128 c.c. – rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato.

Tale qualificazione non e’ contraddetta dalla L. n. 25 del 1955, articolo 7 – a tenore del quale l’apprendistato non puo’ avere una durata superiore a quella stabilita dai contratti collettivi di lavoro e, comunque, a cinque anni – giacche’ il termine finale della formazione professionale non identifica un termine di scadenza del contratto ma un termine di fase all’esito del quale, in assenza di disdetta, il rapporto (unico) continua con la causa tipica del lavoro subordinato.

Il principio di diritto qui ribadito ha quale immediato effetto la inapplicabilita’ al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in pendenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.

Tale conclusione e’ del resto imposta dalle sentenze additive di accoglimento della Corte Costituzionale del 28.11.1973 nr. 169 e del 4 febbraio 1970 nr. 14; per effetto delle citate pronunzie l’intero corpus di norme di cui alla legge 604/1966 e’ stato esteso al contratto di apprendistato, proprio sul presupposto della sua assimilabilita’ all’ordinario rapporto di lavoro.

Erroneamente la parte controricorrente sostiene in questa sede di avere richiesto il risarcimento del danno per l’inadempimento contrattuale derivato dal licenziamento illegittimo e che pertanto non avrebbe rilievo la questione dell’applicabilita’ agli apprendisti delle L. n. 604 del 1966, e L. n. 300 del 1970.

Il legislatore ha infatti tipizzato le conseguenze derivanti dalla illegittimita’ del licenziamento (con disciplina applicabile anche all’apprendistato), secondo un regime sostitutivo e non alternativo rispetto a quello comune dell’inadempimento contrattuale sicche’ quest’ultimo non puo’ essere utilmente invocato dal lavoratore.

Altra questione e’ quella della risarcibilita’ di danni ulteriori rispetto alla liquidazione prevista dalla legge (previa rituale allegazione in causa) questione che tuttavia non rileva in questa sede, avendo il giudice dell’appello liquidato esattamente il danno derivante dall’accertamento della “illegittimita’-inefficacia” (cosi’ in sentenza) del licenziamento e rigettato,invece, le ulteriori domande di danno.

Conclusivamente deve affermarsi che il giudice del merito ha falsamente applicato al rapporto di apprendistato una disciplina diversa da quella risultante dalla sua natura di rapporto a tempo indeterminato e dalle pronunzie di incostituzionalita’ della L. n. 604 del 1966, L. n. 169 del 1973, e L. n. 14 del 1970, affermando erroneamente in sentenza che il risarcimento del danno non fosse condizionato dalla qualificazione del contratto di apprendistato come contratto a tempo determinato o indeterminato.

La Corte di merito non ha accertato, a seguito dell’erroneo inquadramento della azione, la dimensione occupazionale del datore di lavoro, la cui verifica diviene invece rilevante alla luce della affermata applicabilita’ della disciplina ordinaria del licenziamento illegittimo.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, che provvedera’ a rinnovare il giudizio sul risarcimento del danno in applicazione del principio di diritto sopra esposto, previa verifica delle tutele applicabili in ragione della dimensione occupazionale.

Sono assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso, in quanto relativi allo stesso capo della sentenza annullato in accoglimento del primo motivo.

Il giudice del rinvio provvedera’ altresi’ alla disciplina delle spese del presente grado.

Resta da esaminare la istanza del ricorrente, in data 5 novembre 2015, ex articolo 89 c.p.c., per la cancellazione delle espressioni offensive del controricorso, istanza reiterata nella memoria ex articolo 378 c.p.c..

La stessa deve essere disattesa.

La giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. Civ., sez. 2, 31/08/2015, n. 17325; sez. 3 06/12/2011, n. 26195; 26/07/2002, n. 11063) afferma che il presupposto della tutela ex articolo 89 c.p.c., comma 2, va escluso allorquando le espressioni contenute negli scritti difensivi non siano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo e non rivelino percio’ un intento offensivo nei confronti della controparte, ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilita’ delle sue affermazioni.

Ne’ e’ precluso che, nell’esercizio del diritto di difesa, il giudizio sulla condotta reciproca possa investire anche il profilo della moralita’, fattore non del tutto estraneo per contestare la credibilita’ delle affermazioni dei contendenti.

Nella fattispecie di causa le espressioni di cui si chiede la cancellazione appaiono pertinenti rispetto all’esercizio della difesa in relazione al terzo motivo di ricorso, con il quale il difensore della societa’ ricorrente assumeva che l’estratto contributivo del dipendente (rilevante alla prova dell’aliunde perceptum) era stato depositato gia’ nel primo grado, unitamente alla memoria integrativa, producendo il documento e la memoria tra gli atti del fascicolo di parte del primo grado.

Da ultimo, la denunzia in controricorso – alle pagine dalla numero 17 alla numero 27 e dalla numero 43 alla numero 49 – dei comportamenti tenuti dal difensore di parte ricorrente nel presente giudizio di legittimita’ (che sarebbero consistiti nel produrre dinanzi a questa Corte una memoria diversa da quella effettivamente depositata nel primo grado, cui veniva allegato un documento non prodotto in quella sede), potendo astrattamente configurare le ipotesi di reato di falso e di frode processuale impone a questa Corte, ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., comma 4, la trasmissione degli atti rilevanti al Procuratore della Repubblica di Roma, territorialmente competente, per la verifica dei fatti di reato denunziati ed, alternativamente, del reato di calunnia, conformemente alla richiesta del PM di udienza.

La suddetta verifica resta invece irrilevante nell’attuale giudizio, in quanto incidente su di un motivo di ricorso (il terzo) rimasto assorbito.

La Cancelleria curera’ la trasmissione al sig. Procuratore della Repubblica di Roma di copia della presente sentenza e dei seguenti atti:

– ricorso per Cassazione di (OMISSIS) srl;

– controricorso di (OMISSIS);

– istanza ex articolo 89 c.p.c., presentata dalla societa’ (OMISSIS) srl in data 5.11.2015;

– memorie ex articolo 378 c.p.c..

– fascicolo della societa’ (OMISSIS) srl relativo al giudizio di primo grado, (come depositato nella presente sede);

– fascicolo depositato da (OMISSIS) nel presente grado di legittimita’, contenente i documenti affoliati dal numero 1 al numero 10.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

Dispone, altresi’, che copia della presente sentenza, unitamente agli atti all’uopo rilevanti, come da motivazione, venga inviata al Signor Procuratore della Repubblica di Roma.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *