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Si duole che la settimana corta non matura in ragione della prestazione lavorativa resa, ma e’ una giornata, comunque retribuita (pag. 17 ricorso), in cui la prestazione lavorativa non e’ esigibile, sicche’ se tra i cinque giorni lavorativi vi e’ una sospensione tutelata del rapporto (per sciopero, malattia o altro) il giornalista deve comunque godere di tale riposo compensativo.
Il motivo e’ infondato.
Premesso che puo’ ritenersi sussistente l’antisindacalita’ del comportamento in base all’oggettiva idoneita’ della condotta datoriale a ledere interessi sindacali (come nella specie in cui viene riservato agli scioperanti un trattamento economico deteriore), osserva la Corte che, in generale, la giornata di riposo compensativo connesso alla cd. settimana corta deriva dall’esigenza di compensare il minor riposo giornaliero derivante dal turno di lavoro su cinque giorni, con aggravio della prestazione oraria giornaliera nei cinque giorni precedenti (ex multis, Cass. n. 10730/04, n. 9853/04, n. 3570/04).
Laddove tuttavia vi sia, per sciopero o altra causa tutelata, anche costituzionalmente (es. malattia del lavoratore), una sospensione legittima del rapporto, tale mancata prestazione lavorativa non puo’ incidere sulla disciplina dei riposi, connessi all’esistenza del rapporto lavorativo, cfr., in materia di ferie, Cass. SU n.14020/01.
Deve tuttavia considerarsi in primo luogo che il caso di specie non riguarda il diritto al riposo (settimanale) costituzionalmente tutelato, ma solo la richiesta di non lavorare egualmente il sesto giorno, giornata lavorativa a zero ore, e solo impropriamente denominata riposo compensativo (comunque aggiuntivo e non oggetto di tutela costituzionale). In secondo luogo deve considerarsi che, come si evince dalla nota del comitato di redazione del 9.11.07 (riprodotta a pag. 4 dell’odierno ricorso), nella specie l’azienda non trattenne agli scioperanti l’intera retribuzione giornaliera (7h e 12′), bensi’ la sola retribuzione (non dovuta per sciopero) di 6 ore connessa all’orario di 36 ore su sei giorni; nella nota in questione infatti si lamenta che “considerati i 17 giorni di sciopero fatti nel 2006, ci risulta un totale di 3,4 giornate lavorative trattenute ad ogni persona”. In sostanza l’azienda trattenne (o non valuto’ per i fini in questione) solo 1h e 12′ di lavoro (non svolto), come deriva dal calcolo 1h e 12′ moltiplicato per 17 (giorni di sciopero), diviso 6 (l’orario teorico giornaliero senza settimana corta), con conseguente trattenuta di retribuzione pari esattamente a 3,4 giornate lavorative.
Non sussiste dunque alcun comportamento antisindacale, diretto in sostanza a disincentivare l’attivita’ sindacale, ma la corretta applicazione dei principi in tema di sciopero e della disciplina contrattuale collettiva in tema di riparto dell’orario di lavoro (e della connessa retribuzione).
In questa ottica anche la corte di merito ha evidenziato che in base all’articolo 7, comma 11, c.c.n.l.g. la retribuzione giornaliera si ottiene considerando sei giornate lavorative a settimana e cioe’ la retribuzione giornaliera rapportata a quella mensile diviso per 26 e poi divisa per 6. In sostanza la controricorrente non ha fatto altro che applicare i principi sull’orario di lavoro previsti dal contratto collettivo.
2. – Il ricorso principale deve dunque rigettarsi, restando cosi’ assorbito quello incidentale, esplicitamente condizionato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a..

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