Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 11 novembre 2014, n. 23984
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente
Dott. VENUTI Pietro – Consigliere
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13331/2013 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
– (OMISSIS) S.P.A. quale AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LE PROVINCE DELLA REGIONE (OMISSIS) c.f. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– (OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 637/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 15/05/2012 R.G.N. 33/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Per la cassazione della sentenza l’Inps ha proposto ricorso, affidato ad un solo motivo, cui ha resistito con controricorso la (OMISSIS) s.p.a.; si e’ altresi’ costituita con controricorso (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., che ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
Questa Corte ha infatti chiarito che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale notificata dall’istituto concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall’I.N.P.S., la legittimazione passiva spetta unicamente a quest’ultimo ente, quale titolare della relativa potesta’ sanzionatoria, con la conseguenza che l’eventuale domanda in opposizione, attinente a tale oggetto, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera denuntiatio litis (prevista dal Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 24, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 209 del 2002, conv. in Legge n. 265 del 2002) che non vale ad attribuirgli la qualita’ di parte, neanche nei successivi gradi, con la derivante inammissibilita’ del controricorso proposto, come nella fattispecie, nel giudizio di cassazione (Cass. Sez. L, n. 11274 del 16/05/2007 e n. 11687 del 12/05/2008). Cio’ tanto piu’ in quanto non vi sono nel caso domande formulate nel confronti del concessionario, alle quali questi abbia interesse a contraddire.
2. Occorre inoltre disattendere l’eccezione di improcedibilita’ del ricorso sollevata dalla (OMISSIS) s.p.a. a p. 6 del controricorso. Essa trae le mosse dall’inciso a p. 12 del ricorso dell’Inps ove si preannuncia il deposito di copia irritualmente notificata della sentenza . Argomenta la parte che, ove dovesse emergere che la sentenza era stata notificata e che di conseguenza e’ decorso il termine breve per l’impugnazione previsto dall’articolo 325 c.p.c., il ricorso sarebbe intempestivo.
Deve pero’ rilevarsi che nessuna copia di sentenza irritualmente notificata e’ stata depositata, ne’ risulta l’esistenza di una notificazione irrituale, come e’ confermato dalla formulazione dell’eccezione in termini meramente ipotetici. Non si ravvisa quindi nessuna causa di improcedibilita’ o inammissibilita’ del ricorso (secondo le diverse eccezioni utilizzate da Cass. S.U. Sez. U, Ord. n. 9005 del 16/04/2009 e Sez. L, n. 7469 del 31/03/2014).
3. Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 223 del 1991, articolo 3, comma 3, articolo 5, comma 4, e articolo 24, comma 3. Sostiene che l’esenzione dal pagamento del contributo di mobilita’ sarebbe previsto dalla Legge n. 223 del 1991, articolo 3, comma 3, solo per le procedure concorsuali. Aggiunge che la correlazione dell’esenzione all’impossibilita’ della continuazione dell’attivita’ da parte dell’organo della procedura trova fondamento nel fatto che l’organo non e’ stato il datore di lavoro che ha portato alla decozione la societa’, mentre nel caso di specie il provvedimento di sequestro e’ connesso ad un comportamento dell’imprenditore che ha posto in essere le premesse per il provvedimento di sequestro.
4. Il ricorso e’ fondato.
La Legge n. 223 del 1991, articolo 5, comma 4, (abrogato con effetto dal 1 gennaio 2017 dalla Legge n. 92 del 2012, articolo 2, comma 71, lettera a)) prevede che per ciascun lavoratore posto in mobilita’ l’impresa e’ tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui alla Legge 9 marzo 1989, n. 88, articolo 37, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilita’ spettante al lavoratore. Tale somma e’ ridotta alla meta’ quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale . L’importo a carico delle imprese che anteriormente alla mobilita’ non abbiano usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale e’ poi previsto dall’articolo 24 comma 3 (come sostituito dal Decreto Legge 20 maggio 1993, n. 148, articolo 8, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 19 luglio 1993, n. 2369) nella misura superiore di nove volte il trattamento iniziale di mobilita’ spettante al lavoratore, ridotto a tre volte nei casi di accordo sindacale.
L’articolo 3, della stessa legge, intitolato Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali (abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2016 dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92, articolo 2, comma 70, come sostituito dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 46 bis, comma 1, lettera h), convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134) al comma 3, dispone inoltre che: Quando non sia possibile la continuazione dell’attivita’, anche tramite cessione dell’azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facolta’ di collocare in mobilita’ ai sensi dell’articolo 4, ovvero dell’articolo 24, i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all’articolo 4, comma 6, e’ ridotto a trenta giorni. Il contributo a carico dell’impresa previsto dall’articolo 5, comma 4, non e’ dovuto .
Il tenore letterale della disposizione chiarisce che la fattispecie che determina il diritto all’esenzione si verifica quando, per la constatata impossibilita’ di continuazione dell’attivita’ o di salvaguardia dei livelli occupazionali, gli organi di una procedura concorsuale dispongano la collocazione del personale eccedente.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno rilevato che la norma attribuisce agli organi della procedura concorsuale un eccezionale potere di gestione dell’impresa, ovvero il potere di valutare in prospettiva la possibilita’ di continuare (anche tramite la cessione dell’azienda) l’attivita’ imprenditoriale e, in caso negativo, di decidere di collocare in mobilita’ il personale dipendente (cosi’ Cass. S.U. n. 3597/2003).
A tale potere di gestione corrisponde nella seconda ipotesi l’esonero dall’obbligo di pagare il relativo contributo. La previsione si giustifica nell’ottica della tutela degli interessi socialmente rilevanti quali sono quelli della generalita’ dei creditori a non vedere un ulteriore incremento del passivo, e le ripercussioni che essa produce sulla finanza pubblica trovano una garanzia nel controllo giudiziale preventivo cui la legge assoggetta le scelte adottate nell’ambito delle procedure concorsuali.
5. La disposizione ha portata eccettiva della previsione che stabilisce l’obbligo di pagamento per la generalita’ delle imprese i cui lavoratori sono collocati in mobilita’ (nelle diverse misure sopra indicate) sicche’ l’estensione dell’esenzione ad ipotesi in cui non vi sia alcuna procedura concorsuale e la mobilita’ sia disposta dallo stesso imprenditore costituisce un’interpretazione analogica, non consentita ai sensi dell’articolo 14 preleggi.
6. La soluzione adottata dalla Corte di merito, secondo la quale la previsione dovrebbe trovare applicazione in tutte le ipotesi nelle quali vi sia un’impossibilita’ totale di continuazione dell’attivita’ che non lascia margini di decisione all’imprenditore, a prescindere dall’esistenza di una procedura concorsuale, presenta peraltro rilevanti problemi applicativi derivanti dall’individuazione dei relativi presupposti, che conduce a risultati diversi a seconda del momento al quale si risale nel tempo nel valutare le cause della crisi (potendosi discutere, ad esempio e con riferimento alla fattispecie, se rilevi il sequestro o le scelte imprenditoriali che lo hanno determinato).
7. La natura eccezionale e di stretta interpretazione della norma e’ stata peraltro gia’ ritenuta da questa Corte, che ha ritenuto che, proprio in ragione della limitazione della decisione agli organi concorsuali, non spettasse il beneficio dell’esonero dal pagamento del contributo di mobilita’, previsto dalla Legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 3, comma 3, in un caso in cui la procedura per il licenziamento collettivo era stata avviata dall’imprenditore, che aveva contestualmente richiesto l’ammissione dell’impresa al concordato preventivo (Cass. Sez. L, n. 13625 del 2014, Cass. n. 19422 del 18.12.2003).
8. Il principio di diritto che deve quindi essere enunciato ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, e’ il seguente: L’esenzione dal pagamento del contributo di mobilita’ prevista dalla Legge n. 223 del 1991, articolo 3, comma 3, si applica nella sola ipotesi in cui il licenziamento collettivo sia disposto dagli organi di una procedura concorsuale .
9. Non essendosi la Corte d’Appello attenuta a tale principio, la sentenza dev’essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, che nel nuovo esame si atterra’ al principio di diritto sopra enunciato, ed anche per le spese.
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