Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 1 ottobre 2014, n. 20736

 

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4 dicembre 2007 la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino del 6 giugno 2006 con la quale era stata rigettata la domanda proposta da G.S. , intesa ad ottenere la condanna della Coop. Trans a r.l. al pagamento in suo favore della somma di Euro 51.725,89 a titolo di competenze lavorative relative all’intercorso rapporto di lavoro fra le parti. La Corte territoriale, condividendo la motivazione del giudice di primo grado, ha ritenuto superflua l’ammissione delle dedotte prove testimoniali ritenendo infondata la domanda della G. sulla base delle dichiarazioni rese nell’interrogatorio libero espletato alla prima udienza di comparizione, in cui la ricorrente ha affermato che le mansioni di autista erano state svolte saltuariamente e che il credito vantato era stato indicato senza alcun criterio preciso.
La G. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su quattro motivi.
Resiste la Coop. Trans con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 420, 116, 117 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la decisione impugnata non poteva essere emessa sulla base del solo interrogatorio libero in quanto questo non è preordinato a tale fine e le dichiarazioni rese in tale sede non potrebbero avere valore confessorio.
Con il secondo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 420, 116, 117 cod. proc. civ. e 2734 cod. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che, volendosi dare valore confessorio alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero, per il principio dell’inscindibilità delle dichiarazioni che hanno valore di confessione giudiziale, si dovrebbe ritenere provata anche la retribuzione mensile di L. 3.500.000 nette mensili, in quanto tali dichiarazioni dovrebbero costituire unica fonte di convincimento anche per le dichiarazioni favorevoli al dichiarante.
Con il terzo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che, a fronte delle dichiarazioni rese dalla lavoratrice, la Cooperativa datrice di lavoro non avrebbe fornito alcuna prova dei pagamento dovuti.
Con il quarto motivo si lamenta ancora omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che, a fronte dell’affermazione dell’esaustività delle dichiarazioni rese dalla ricorrente in sede di interrogatorio, non vengono precisate le somme effettivamente riscosse dalla lavoratrice e l’ammontare del suo credito che sarebbe stato soddisfatto dal pagamento di tali somme.
I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente riferendosi entrambi al valore dell’interrogatorio libero in base al quale il giudice del merito ha ritenuto di decidere la causa. Come ripetutamente affermato da questa Corte (per tutte Cass. 14 settembre 2007 n. 19247), il convincimento del giudice del merito può essere fondato anche solo sulle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede d’interrogatorio libero, ove le medesime, pur prive della forza propria della confessione, non siano contraddette da elementi probatori contrari. Nel caso in esame il giudice del merito ha ritenuto che le dichiarazioni rese dalla parte siano sufficienti a chiarire i fatti di causa, considerando conseguentemente superfluo ogni ulteriore atto istruttorio.
Non rileva che tale accertamento sia stato sfavorevole alla parte che ha reso le dichiarazioni considerate, costituendo questa una conclusione di merito non rilevante in questa sede. In altri termini la natura giuridica non confessoria dell’interrogatorio libero della parte, non rileva ai fini della sua libera valutazione da parte del giudice che può legittimamente trarre dall’interrogatorio stesso una valutazione contraria all’interesse della parte che lo ha reso. Tale valutazione, se congruamente e logicamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità.
Il terzo ed il quarto motivo sono infondati in quanto, da un lato, sono conseguenti alla valutazione operata in merito alle dichiarazioni rese dalla lavoratrice in sede di interrogatorio libero, e, dall’altro, riguardano accertamenti di fatto riservati al giudice del merito. In particolare la sentenza impugnata contiene una congrua e logica motivazione riguardo alle somme corrisposte o dovute alla lavoratrice, facendo riferimento alle stesse affermazioni rese da questa in sede di interrogatorio e dalle quali ha tratto il convincimento della genericità della domanda. Tale convincimento, come detto, non è censurabile in questa sede.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborso ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.

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