cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 1 marzo 2016, n. 4031

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 808-2011 proposto da:

(OMISSIS) SPA C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonche’ da:

(OMISSIS) C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) SPA C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4028/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/12/2009 R.G.N.10504/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. PATTI Adriano Giovanni;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per accoglimento del ricorso principale e rigetto ricorso incidentale.

FATTO

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado (che, in accoglimento parziale delle domande di (OMISSIS), ex dipendente di (OMISSIS) s.p.a. dal 20 febbraio 1961 al 31 luglio 2001 inquadrato al 1 livello di area quadri, ne aveva rigettato la domanda principale di accertamento del suo diritto alla qualifica dirigenziale e alle conseguenze retributive e previdenziali, ma condannato la societa’ datrice al pagamento, in suo favore a titolo di perdita di chances per la mancata assegnazione della qualifica dirigenziale in occasione della graduatoria (OMISSIS), della somma di euro 14.148,80, nonche’ a titolo risarcitorio per il demansionamento subito delle somme di euro 3.000,00 per danno patrimoniale, di euro 1.500,00 per danno morale e di euro 1.500,00 per danno esistenziale; con esclusione di quello biologico), con sentenza 28 dicembre 2009, condannava (OMISSIS) s.p.a. al pagamento, in favore di (OMISSIS) a titolo di perdita di chances, della somma di euro 70.744,00, rigettando nel resto il suo appello principale ed integralmente quello incidentale della societa’ datrice, pure condannata alla rifusione delle spese del grado in misura della meta’, compensata quella residua.

A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva, come gia’ il Tribunale, la natura dirigenziale dei compiti, criticamente scrutinati, svolti dal lavoratore, privo di poteri di rappresentanza esterna e di autonomia decisionale rilevante ai fini della direzione dell’impresa, integranti le caratteristiche specificamente identificative del dirigente a norma del CCNL di categoria e dell’articolo 2095 codice civile, come interpretato da indirizzo di legittimita’ richiamato; essa negava poi la riduttiva liquidazione dei danni patrimoniale, morale ed esistenziale, in quanto congrui per l’esigua durata del demansionamento e cosi’ pure la spettanza del danno biologico in difetto di nesso causale, in riferimento tanto alla vicenda relativa alla graduatoria (OMISSIS) (risalente al 1997) quanto al demansionamento (di appena tre mesi) subito, delle “crisi ricorrenti di fibrillazione atriale parossistica” diagnosticategli dopo il collocamento a riposo; riteneva invece il danno da perdita di chances liquidabile in misura del 50% (anziche’ del 10% come dal primo giudice) sul parametro incontestato delle differenze retributive rispetto al trattamento dirigenziale, in quanto collocato al 68 posto della graduatoria (OMISSIS) con i 33 punti attribuitigli, essendo stati nominati 89 dirigenti, qualora osservato dalla societa’ datrice un comportamento di correttezza e buona fede, pur considerata la natura non vincolante della graduatoria medesima.

Quanto all’appello incidentale di (OMISSIS) s.p.a., la Corte capitolina escludeva la contraddittorieta’ della sentenza impugnata nella censurata discrezionalita’ datoriale per l’omessa nomina dirigenziale, pur sempre organizzativa e pertanto da giustificare nel suo corretto esercizio, attesa la non spiegata pretermissione della graduatoria suddetta, predisposta da societa’ allo scopo officiata; essa ribadiva poi la sussistenza del riconosciuto demansionamento, infondatamente contestato, nell’accertata totale privazione della mansioni del lavoratore negli ultimi mesi del rapporto ed infine il corretto riconoscimento del danno professionale, non gia’ in re ipsa, ma in base alle presunzioni semplici scrutinate.

Con atto notificato il 28 dicembre 2010, (OMISSIS) s.p.a. ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste il lavoratore con controricorso contenente ricorso incidentale sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’articolo 378 codice procedura civile, cui replica con controricorso la ricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 codice civile e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, nn. 3 e 5, per erronea assunzione del cattivo esercizio della discrezionalita’ nella scelta organizzativa delle nomine dirigenziali, in assenza di alcun vincolo giuridico, tale da comportare la maturazione di diritti soggettivi in favore dei soggetti selezionati, tra cui (OMISSIS), della graduatoria predisposta da (OMISSIS), senza pertanto alcuna violazione delle norme denunciate, espressione di canoni di comportamento integranti obblighi legali o contrattuali, nel caso di specie inesistenti.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 1218 e 1223 codice civile e articoli 116 e 117 codice procedura civile e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, nn. 3 e 5, per l’erroneo accertamento di un danno, neppure specificamente dimostrato, da perdita di chances per la mancata assegnazione della qualifica dirigenziale in occasione della collocazione al 68 posto della graduatoria (OMISSIS), a fronte della nomina di 89 dirigenti, benche’ in difetto di “un ordine vincolante di graduatoria”, come dalla stessa Corte Territoriale riconosciuto e pertanto in assenza di alcuna concreta ne’ reale possibilita’ di accesso alla dirigenza.

Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 codice civile e vizio di motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, nn. 3 e 5, per la ravvisata esistenza del danno patrimoniale da demansionamento in re ipsa, riferendosi gli elementi presuntivi vagliati dal primo giudice, nonostante quanto ritenuto dalla Corte d’appello, alla sua liquidazione; pure carente la prova del danno esistenziale riconosciuto, contrariamente all’insegnamento giurisprudenziale di legittimita’ richiamato.

A propria volta, con il primo motivo, (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 ss. e 2095 codice civile, articolo 1 CCNL Dirigenti Industria e vizio di insufficiente motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, nn. 3 e 5, per erronea assunzione di una nozione restrittiva di dirigente prevista dalla norma collettiva denunciata, non esaurita dall’esercizio continuativo di poteri di rappresentanza e di decisione per tutta o per una parte notevole dell’azienda, ma individuata da un molo caratterizzato da un elevato grado di professionalita’, autonomia e potere decisionale nell’esplicazione di funzioni dirette alla promozione, coordinamento e gestione della realizzazione degli obiettivi dell’impresa ed in essa, tenuto conto dell’ampiezza e della complessita’ organizzativa di (OMISSIS) s.p.a., rientranti mansioni e compiti del ricorrente incidentale, siccome connotati da autonomia e discrezionalita’ nelle scelte decisionali influenti sugli obiettivi dell’imprenditore e da confrontare con la declaratoria contrattuale.

Con il secondo, (OMISSIS) deduce vizio di omessa o insufficiente motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 5 sul fatto decisivo, ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, dell’incarico di consegnatario generale ricoperto, per esso preposto a centinaia di lavoratori, suddivisi in sette reparti, cosi’ investito di un ufficio complesso ed essenziale nell’organigramma datoriale alle dirette dipendenze, come tutti i capi delle Articolazioni (strutture di ripartizione dell’Area) aventi qualifica di dirigenti, di un direttore dell’Area.

Con il terzo, (OMISSIS) deduce vizio di insufficiente motivazione, in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 5, sull’esclusione del danno biologico riportato per l’apodittica ed illogica negazione del nesso causale tra le vicende lavorative e le “crisi ricorrenti di fibrillazione atriale parossistica”, siccome diagnosticategli per la prima volta nei mesi successivi al collocamento a riposo.

Il primo motivo di ricorso principale (violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 codice civile e vizio di motivazione, per erronea assunzione del cattivo esercizio della discrezionalita’ nella scelta organizzativa delle nomine dirigenziali, in assenza di alcun vincolo giuridico) puo’ essere congiuntamente esaminato con il secondo (violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 1218 e 1223 codice civile e articoli 116 e 117 codice procedura civile e vizio di motivazione, per erroneo accertamento di danno, neppure specificamente dimostrato, da perdita di chance), siccome strettamente connessi.

Essi sono fondati.

Ed infatti la Corte capitolina, sul rilievo dell’autolimitazione da (OMISSIS) s.p.a. dei propri poteri organizzativi con il conferimento di incarico per la formazione e la selezione del personale idoneo alla qualifica di dirigente alla societa’ (OMISSIS) (procedente alla formazione di una graduatoria sulla base di precisi parametri per la valutazione finale e l’attribuzione del relativo punteggio agli idonei) e della mancata allegazione da (OMISSIS) di criteri ulteriori e diversi in grado di modificare gli esiti di quelle valutazioni e di quei punteggi (cosi’ a pg. 9 della sentenza impugnata), ha ritenuto “la violazione dei principi di correttezza e di buona fede ex articolo 1375 codice civile… eclatante” (cosi’ alla fine del primo periodo di pg. 11 della sentenza). E cio’, premessa l’ovvia non equivalenza a liberta’ (arbitraria) della nozione di discrezionalita’ nelle scelte organizzative, per avere “la stessa (OMISSIS) spa, decidendo di avvalersi di una societa’ specializzata (l’ (OMISSIS)) dimostrato da se’ di non voler far ricorso ad una sua pretesa liberta’, ma di voler circoscrivere quest’ultima con limiti di razionalita’ organizzativa e tecnica tali, da far ricadere la scelta su soggetti ritenuti professionalmente idonei da un ente terzo (l’ (OMISSIS)), a sua volta professionalmente organizzato proprio per formare e valutare aspiranti dirigenti d’azienda” (cosi’ all’ultimo capoverso di pg. 10 e al primo periodo di pg. 11 della sentenza): in cio’ rivelando (OMISSIS) s.p.a., sempre ad avviso della Corte territoriale, un comportamento contraddittorio, pur non essendo avvenuta “la scelta del dirigente… secondo un ordine vincolante di graduatoria” (cosi’ al penultimo capoverso di pg. 9 della sentenza, con ravvisata incidenza di cio’ solo sul quantum del danno risarcibile).

Osserva questa Corte come, secondo quanto gia’ ritenuto in vicende assolutamente analoghe (per il ricorso di (OMISSIS) s.p.a. a (OMISSIS) per la predisposizione di procedure selettive del proprio personale), in assenza di bandi o atti equiparati (non sussistenti nel caso di specie), la decisione organizzativa di avvalersi dell’opera di una societa’ tecnicamente specializzata in materia di selezione di personale resti relegata al piano puramente interno, di ausilio agli organi competenti per le nomine: con la conseguente esclusione di qualunque impegno negoziale, neppure assunto con comportamenti concludenti, a rispettare almeno in parte i risultati dell’operato del terzo (Cass. 5 aprile 2007, n. 8593).

Sicche’, deve essere esclusa la denunciata violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede, per il suo carattere strumentale, in quanto accedente ad altra obbligazione, di fonte contrattuale o legislativa, che definisca i contenuti dell’esatto adempimento. Invece la Corte d’appello non ha ancorato tale obbligo generale ad alcuna obbligazione, ne’ derivante dalla contrattazione collettiva, ma neanche soltanto dal bando o dalla mera determinazione della societa’ che aveva promosso la selezione in questione. Dell’allegazione e prova di tale obbligazione era piuttosto onerato l’originario ricorrente, che deduceva la violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede: e percio’ sarebbe stato necessario identificare prima i criteri di selezione del personale da scegliere per la progressione nella qualifica dirigenziale e poi verificare l’esatto adempimento dell’obbligo della societa’ di seguire tali criteri alla stregua del parametro costituito dal generale obbligo di correttezza e buona fede. Invece la Corte d’appello non ha identificato tali criteri, ma ha predicato in sostanza un’inversione dell’onere della prova che, a suo avviso, non sarebbe stato assolto dalla societa’ (cosi’ in termini: Cass. 7 luglio 2014, n. 15433), per non aver quest’ultima dato corso alla richiesta del Tribunale di esibizione della documentazione relativa alla procedura selettiva (cosi’ al quinto capoverso di pg. 9 della sentenza impugnata).

E allora, deve essere correttamente ritenuto che, in mancanza di una autolimitazione dei suoi poteri gestionali, resti rimessa al potere organizzativo del datore di lavoro la scelta dei dipendenti da promuovere (Cass. 26 maggio 2003 n. 8350). E cio’, si ribadisce, per l’evidente esclusione, nello stesso affidamento ad una societa’ esterna dell’incarico di selezionare possibili nominativi da valutare ai fini della promozione a dirigente, di alcun vincolo di tale selezione compiuta da un terzo per la societa’ (OMISSIS), in assenza di norme contrattuali o regolamentari che la obbligassero in tal senso (Cass. 10 gennaio 2012, n. 99).

Il terzo motivo, relativo a vizio di motivazione per ravvisata esistenza del danno patrimoniale da demansionamento in re ipsa, e’ parimenti fondato.

Ed infatti, l’esistenza del danno da demansionamento e’ stata effettivamente individuata in re ipsa, avendo il Tribunale, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte d’appello (all’ultimo capoverso di pg. 11 della sentenza), applicato gli elementi presuntivi in esclusiva funzione della sua liquidazione: come chiaramente si evince dall’affermazione, a fondamento della decisione assunta dal primo giudice in parte qua, secondo cui: “la dequalificazione costituisce “un danno in se’ e che pertanto necessita di una liquidazione equitativa” (p.to gg di pg. 7 della sentenza), piu’ ampiamente ripresa nell’estratto della relativa motivazione, di evidente riferimento al “criterio di quantificazione”, e non all’esistenza del danno, “di tutte le circostanze e in particolare dell’elevato livello di professionalita’ e di specializzazione dell’ (OMISSIS), dell’anzianita’ di servizio e del comportamento processuale delle parti, ma anche ovviamente della brevita’ del periodo di demansionamento” (a pg. 16 del ricorso).

Una tale argomentazione si pone in palese contrasto con il principio di diritto in materia, secondo cui, in tema di demansionamento, il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non puo’ prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo, dell’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accettabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalita’ nel mondo esterno. Tale pregiudizio non e’ conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, sicche’ non e’ sufficiente dimostrare la mera potenzialita’ lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalita’ con l’inadempimento datoriale (Cass. 26 gennaio 2015, n. 1327; Cass. 19 settembre 2014, n. 19778).

Il primo motivo incidentale, relativo a violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 ss. e 2095 codice civile, articolo 1 CCNL Dirigenti Industria e vizio di insufficiente motivazione, per erronea assunzione di una nozione restrittiva di dirigente, e’ invece infondato.

Premessa l’equiparazione dei contratti collettivi di lavoro, ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3 come modificato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 2 sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicche’, anch’essa comporta, in sede di legittimita’, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (articoli 1362 ss. codice civile) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruita’ della motivazione, senza piu’ necessita’, a pena di inammissibilita’ della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ne’ del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 16 settembre 2014, n. 19507), questa Corte, a cio’ direttamente procedendo, condivide l’interpretazione offerta dalla Corte capitolina della norma collettiva denunciata.

Nella sostanziale irrilevanza del CCNL citato dal controricorrente del 1999 anziche’ del 1994 (poco cambiando per la diversa sfera di figure esemplificate), l’articolo 1 denunciato in particolare stabilisce che: “Sono dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano le condizioni di subordinazione di cui all’articolo 2094 codice civile e che ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalita’, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa” (comma 1); “Rientrano sotto tale definizione, ad esempio, i direttori, i condirettori, coloro che sono posti con ampi poteri direttivi a capo di importanti servizi o uffici, gli institori ed i procuratori ai quali la procura conferisca in modo continuativo poteri di rappresentanza e di decisione per tutta o per una notevole parte dell’azienda” (comma 2); “L’esistenza di fatto delle condizioni di cui sopra comporta l’attribuzione della qualifica e quindi l’applicabilita’ del presente contratto” (comma 3). Esso individua, infatti, il dirigente sulla scorta dell’autonomia e discrezionalita’ decisionale nella diretta influenza degli obiettivi dell’impresa (Cass. 19 settembre 2005, n. 18482; Cass. 24 giugno 2009, n. 14835), di cui costituisce anche effettiva espressione il potere di rappresentanza esterna (espressamente menzionato per i procuratori, ma da intendersi devoluto anche alle altre figure dirigenziali esemplificate nell’articolo 1 CCNL 1999): cosi’ come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, in esatta applicazione dei principi di diritto e sulla base delle argomentate ragioni esposte (a pg. 8 e primi due periodi di pg. 9 della sentenza), a giustificata esclusione dell’ascrivibilita’ dei compiti svolti da (OMISSIS) alla qualifica dirigenziale rivendicata.

Il secondo motivo, relativo a vizio di motivazione sul fatto decisivo, ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, dell’incarico di consegnatario generale ricoperto da (OMISSIS), e’ inammissibile.

Esso e’, infatti, inteso ad una sostanziale sollecitazione alla rivisitazione del merito della valutazione, di esclusiva pertinenza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimita’, laddove logicamente e congruamente motivata (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694), come nel caso presente nel quale e’ stato dato congruo e puntuale conto dell’incarico di (OMISSIS) di consegnatario generale, sotto il profilo del contenuto dei suoi compiti (di fornitura di arredi, materiali di consumo e servizi per le esigenze di direzioni ed uffici centrali del complesso degli uffici siti all’Eur), sia per richiamo di quanto ritenuto dal Tribunale (p.to g di pg. 4 della sentenza), sia per autonoma argomentazione (terzo capoverso di pg. 8 della sentenza).

Il terzo motivo, relativo a vizio di insufficiente motivazione sull’esclusione del danno biologico in favore di (OMISSIS), e’ infondato.

La motivazione omessa o insufficiente e’, infatti, configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo abbia indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento; ma non gia’ quando, invece, vi sia difformita’ rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, risolvendosi altrimenti il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. s.u. 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162). Circostanza quest’ultima che appunto si verifica nel caso di specie, posto che Corte territoriale ha fornito una logica ed esauriente argomentazione della negazione del nesso di causalita’ tra danno biologico lamentato e vicende relative al rapporto di lavoro pregresso (per le ragioni esposte a pg. 10 della sentenza).

Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso incidentale e, in accoglimento del ricorso principale, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione (oltre che per la regolazione delle spese del 9 giudizio di legittimita’) per la necessita’ di accertamento conseguente al seguente principio di diritto, relativo ai primi due motivi: “Il ricorso ad una procedura di selezione esterna affidata a societa’ che operi una valutazione, con attribuzione di punteggio e formazione di una graduatoria, non implica ex se l’eliminazione della discrezionalita’ del committente nell’utilizzare la selezione, se non sia provato, a cura dell’interessato, che la graduatoria sia ritenuta vincolante per il committente”.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso principale e rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

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