Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 5 marzo 2018, n. 5066. Ai fini del riconoscimento della malattia professionale

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che l’evoluzione in discorso si riallaccia pure a quella registrata a livello normativo nell’ambito dell’infortunio in itinere, ai sensi del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 12, il quale esclude in realta’ qualsiasi rilevanza all’entita’ professionale del rischio o alla tipologia della specifica attivita’ lavorativa cui l’infortunato sia addetto; apprestando tutela ad un rischio generico (quello della strada) cui soggiace, in realta’, qualsiasi persona che lavori (Cass.7313/2016);

che ulteriore estensione dell’ambito della tutela assicurativa e’ stata realizzata sulla scorta della nozione centrale di rischio ambientale, che vale oggi a delimitare tanto oggettivamente le attivita’ protette dall’assicurazione (lo spazio entro il quale esse si esercitano, a prescindere dalla diretta adibizione ad una macchina); quanto ad individuare i soggetti che sono tutelati nell’ambito dell’attivita’ lavorativa (tutti i soggetti che frequentano lo stesso luogo a prescindere dalla “manualita’” della mansione ed a prescindere dal fatto che siano addetti alla stessa macchina); in conformita’ al principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale secondo cui a parita’ di rischio occorre riconoscere parita’ di tutela (con riferimento al rischio ambientale, Corte Cost. 4.7.74 n.206; 9.7.1977 n. 114); in tal senso questa Corte si e’ espressa a Sez. Unite con la pronuncia 3476/1994 rapportando la tutela assicurativa “al lavoro in se’ e per se’ considerato e non soltanto a quello reso presso le macchine”, essendo appunto la pericolosita’ data dall’ambiente di lavoro;

che, ancora, nella stessa direzione muove la nota sentenza della Corte Cost. n. 179/1988 che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 3, comma 1, del testo unico numero 1124 del 1965 nella parte in cui non prevede che “l’assicurazione contro le malattie professionali nell’industria e’ obbligatoria anche per le malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata”, talche’, come riconosciuto da questa Corte con sentenza n. 5577/1998, l’assicurazione contro le malattie professionali e’ obbligatoria per tutte le malattie anche diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate al citato testo unico e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purche’ si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro;

che, pertanto, non puo’ essere seguita la tesi espressa dalla sentenza impugnata e secondo cui sarebbe da escludere che l’assicurazione obbligatoria possa coprire patologie che non siano correlate a rischi considerati specificamente nelle apposite tabelle; posto che, al contrario, nel momento in cui il lavoratore e’ stato ammesso a provare l’origine professionale di qualsiasi malattia, sono necessariamente venuti meno anche i criteri selettivi del rischio professionale, inteso come rischio specificamente identificato in tabelle, norme regolamentari o di legge; non potendosi sostenere che la tabellazione sia venuta meno solo per la malattia e sia invece sopravissuta ai fini dell’identificazione del rischio tipico, ai sensi degli articoli 1 e 3 del TU;

che tale interpretazione e’ oggi confermata testualmente dalla L. n. 38 del 2000, articolo 10, comma 4 dal quale risulta che “sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale”;

che l’approdo, cui conduce questo lungo excursus, porta ad affermare che, nell’ambito del sistema del TU, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalita’ della sua esplicazione; dovendosi ritenere incongrua una qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica (come peraltro prevede oggi a fini preventivi l’articolo 28, comma 1 del tu. 81/2008);

che, in conclusione, ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attivita’ lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non e’ compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata;

che a tale ricostruzione fa altresi’ riscontro il fondamento della tutela assicurativa, il quale ai sensi dell’articolo 38 Cost., deve essere ricercato, non tanto nella nozione di rischio assicurato o di traslazione del rischio, ma nella protezione del bisogno a favore del lavoratore, considerato in quanto persona; dato che la tutela dell’articolo 38 non ha per oggetto l’eventualita’ che l’infortunio si verifichi, ma l’infortunio in se’; ed e’ questo e non la prima l’evento generatore del bisogno tutelato, sia in termini individuali che sociali, posto che, come riconosciuto dalla Corte Cost. l'”oggetto della tutela dell’articolo 38 non e’ il rischio di infortuni o di malattia professionale, bensi’ questi eventi in quanto incidenti sulla capacita’ di lavoro e collegati da un nesso causale con attivita’ tipicamente valutata dalla legge come meritevole di tutela” (sentenza n.100 del 2.3.1991);

che nella stessa ottica, pertanto, non puo’ neppure sostenersi – al contrario di quanto affermato dalla sentenza impugnata – che il premio assicurativo abbia la funzione di delimitare la tutela assicurativa a rischi precisamente individuati in base alle tabelle; assolvendo invece la precipua funzione di provvedere al finanziamento del sistema, in conformita’ ai requisiti costitutivi della tutela nei termini fin qui ricostruiti: “il distacco dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro dal concetto statistico-assicurativo di rischio, al quale era originariamente legata (distacco che puo’ considerarsi compiuto con la sentenza di questa Corte numero 179 del 1988) e’ sollecitata da un’interpretazione dell’articolo 38, comma 2, coordinata con l’articolo 32 Cost. allo scopo di garantire con la massima efficacia la tutela fisica e sanitaria dei lavoratori” (ancora Corte Cost. n. 100/1991);

che sulla scorta delle precedenti considerazioni il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata, con rinvio della causa per un nuovo esame al giudice designato in dispositivo, il quale si atterra’ ai principi sopra formulati in materia di tutela della malattia professionale discendente dall’organizzazione del lavoro; e provvedera’ altresi’ alla statuizione sulle spese di questa fase del giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione.

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