Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 21 febbraio 2018, n. 4230. Rimesso alle sezioni Unite la possibilità di considerare superstiti delle vittime del dovere anche i fratelli e le sorelle non conviventi né a carico della vittima al momento del decesso

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e) l’allargamento dei benefici a superstiti non conviventi e non a carico della vittima del dovere, dunque non economicamente dipendenti dalla stessa, non appare coerente rispetto alla logica comunemente sottesa alle misure di natura prevalentemente assistenziale, tra le quali vanno considerate le speciali elargizioni riconosciute alle vittime del dovere di cui alla L. n. 266 del 2005 (cosi’ Cass. SS.UU. n. 23300 del 2016), con la conseguenza che, l’estensione generalizzata della sfera dei superstiti, non rilevando la concreta situazione economica dei beneficiari, comporterebbe un mutamento della natura giuridica dell’attribuzione che assumerebbe una valenza senz’altro diversa, con inevitabili conseguenze piu’ generali sulla ricostruzione sistematica sin qui seguita dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’.
11. All’opposto, la sentenza impugnata e le odierne controricorrenti, fondano le proprie ragioni sul presupposto che la L. n. 466 del 1980, articolo 6, sia stato implicitamente riformulato (per quanto qui di interesse) con l’ampliamento nel novero dei superstiti anche ai fratelli e sorelle non a carico e non conviventi con la vittima, per effetto della L. n. 388 del 2000, articolo 82, commi 1 e 4.
12. Cosi’, ad avviso della sentenza impugnata, occorre tenere conto del richiamo della l. n. 466 del 1980, da parte della L. n. 388 del 2000, sia attraverso il primo che l’articolo 82, comma 4, e della inerenza della prima normativa anche ai dipendenti pubblici e cittadini “vittime del dovere”, tanto emergendo sia dal titolo della stessa legge sia dalla definizione di vittime del dovere contenuta nell’articolo 1, che ha riformulato il testo della L. n. 629 del 1973, articolo 3, definizione che poi e’ stata aggiornata dal testo della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 562 e ss.. Ne consegue che, dovendo trovare applicazione anche alle vittime del dovere (oltre che alle vittime della criminalita’ e del terrorismo) la L. n. 466 del 1980, nella sua interezza, non puo’ non tenersi conto della modifica operata dalla L. n. 388 del 2000, articolo 82, comma 4, che ha aggiunto fra i beneficiari i germani non conviventi e non a carico, in assenza dei congiunti previsti dalla stessa L. n. 466 del 1980, articolo 6, comma 1.
13. Ritengono, poi, le contro-ricorrenti che l’articolo 82 citato, con il comma 1, abbia di fatto unificato le diverse discipline, riconoscendo i medesimi benefici di cui alla L. n. 302 del 1990, riferite ai soggetti di cui alla L. n. 466 del 1980, articolo 3, (dipendenti pubblici e cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche, con i destinatari della L. n. 302 del 1990 (vittime del terrorismo e della criminalita’ organizzata) e della L. n. 407 del 1998, di tal che’, quando il comma 4, seconda parte, prevede che i benefici di cui alla L. n. 302 del 1990, spettanti ai familiari delle vittime del terrorismo, in assenza dei soggetti indicati nella L. n. 466 del 1980, articolo 6, comma 1, competono nell’ordine, in quanto unici superstiti agli orfani, ai fratelli e sorelle o ascendenti in linea retta anche non conviventi, pur riferendosi testualmente alle vittime delle azioni terroristiche, non possa non riguardare anche le vittime del dovere di cui alla L. n. 266 del 2005.
14. A sostegno di tale tesi, le contro-ricorrenti ricordano il parere del Consiglio di Stato Sez. 1 n. 590 del 2001, richiesto in ordine al rapporto tra la L. n. 388 del 2000, articolo 82, comma 4, e la L. n. 302 del 1990, articolo 4, comma 2, che aveva modificato l’ordine dei superstiti delle vittime di atti di terrorismo, in assenza dei soggetti di cui alla L. n. 466 del 1980, comma 1, secondo cui, in accordo con l’opinione del Ministero richiedente, la formulazione della norma ha realizzato una modifica nell’ordine dei familiari delle vittime aventi diritto ai benefici di cui alla L. n. 302 del 1990, con la inclusione, in sesta posizione se unici superstiti, degli orfani, fratelli e sorelle o ascendenti in linea retta anche se non conviventi e non a carico.
15. Inoltre, la tesi rileva l’evidente intento della L. n. 388 del 2000, articolo 82, comma 4, di riferirsi anche a categorie diverse dalle vittime del terrorismo, in quanto la L. n. 302 del 1990, richiamata dall’articolo 82 cit., era destinata anche alle vittime della criminalita’ organizzata e la speciale elargizione prevista dalla stessa L. n. 302 del 1990, estesa anche alle vittime del dovere, era stata poi elevata dalla L. n. 206 del 2004, articolo 5, commi 1 e 5, ed, ancora, ai sensi del Decreto Legge n. 1509 del 2007, articolo 34, convertito in L. n. 222 del 2007, destinata anche alle vittime del dovere.
16. La tesi si incentra, in sostanza, sulla necessita’ di realizzare una piena equiparazione tra le categorie delle vittime del dovere, della criminalita’ e del terrorismo, non solo quanto ai rispettivi benefici, ma anche relativamente alla sfera dei rispettivi superstiti. In tal senso deporrebbe, oltre che il testo della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 562, anche la concreta interpretazione di questa Corte di cassazione formatasi in ordine all’ammontare dell’assegno vitalizio mensile che e’ stato ritenuto uguale a quello dell’analogo assegno attribuito alle vittime del terrorismo e della criminalita’ organizzata, essendo la legislazione primaria in materia permeata da un simile intento perequativo ed in conformita’ al principio di razionalita’ – equita’ di cui all’articolo 3 Cost., come risulta dal “diritto vivente” rappresentato dalla costante giurisprudenza amministrativa ed ordinaria (Cass. SS.UU. n. 7761 del 2017).
17. Poiche’ il ricorso solleva al riguardo una questione di massima di particolare importanza quanto ai profili sistematici nonche’ per le ricadute di forte impatto sociale ed economico che derivano dalla scelta di considerare quali superstiti delle vittime del dovere, ai sensi della L. n. 266 del 2005, commi 262 – 265, anche i fratelli e le sorelle non conviventi ne’ a carico della vittima al momento del suo decesso, ritiene il collegio che occorra rimettere il ricorso al Primo Presidente, perche’ valuti l’opportunita’ di assegnarlo alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte trasmette il fascicolo al Primo Presidente affinche’ valuti la possibilita’ dell’assegnazione alle Sezioni Unite, trattandosi di una questione di massima di particolare importanza.

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