Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 16 novembre 2017, n. 27206. La sospensione cautelare, priva di connotato sanzionatorio, è sottratta alle formalità prescritte per i procedimenti disciplinari.

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1.2. che la seconda censura lamenta l’insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio e rileva che la presunta acquiescenza al provvedimento era esclusa dal tenore della missiva inviata alla ASL il 10 luglio del 2004 e che la mancata impugnazione dell’atto, di per se’ non sufficiente a far ritenere che lo stesso fosse stato accettato, era addebitabile anche allo stato di prostrazione del ricorrente il quale, proprio a causa della condotta tenuta dall’azienda, risultava all’epoca affetto da disturbi dell’umore a carattere depressivo;
1.3. che il terzo motivo, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, denuncia la violazione dell’articolo 2087 c.c. e del Decreto Legislativo n. 626 del 1994 nonche’ la omessa motivazione sugli ulteriori motivi di illegittimita’ della condotta della azienda che, allontanando il dirigente dal suo posto di lavoro, non ne aveva tutelato la salute ed aveva definitivamente compromesso la sua professionalita’;
1.4. che la quarta critica lamenta, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione degli articoli 420 e 421 c.p.c. nonche’ l’insufficienza e l’erroneita’ della motivazione con riferimento alla mancata ammissione delle prove testimoniali che, se ammesse, avrebbero consentito di escludere la asserita acquiescenza e di dimostrare il danno conseguente alla condotta illegittima della ASL;
1.5. che il quinto motivo denuncia la violazione degli articoli 2947 e 2948 c.c. con riferimento alla ritenuta prescrizione del credito relativo al lavoro straordinario prestato e rileva che, in realta’, il diritto era sorto solo alla fine del rapporto, quando ormai era divenuto impossibile il recupero delle ore mediante riposo compensativo;
1.6. che la medesima rubrica il ricorrente antepone alla sesta censura, con la quale si duole della ritenuta prescrizione anche dei crediti derivati dalla mancata concessione del riposo e dalla prestazione di turni di pronta reperibilita’, perche’, trattandosi di domande di carattere risarcitorio, fondate sull’inadempimento dell’amministrazione, doveva essere applicato il termine decennale previsto dall’articolo 2947 c.c. e non quello quinquennale;
1.7. che il settimo motivo denuncia la violazione dell’articolo 2943 c.c. perche’, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, la prescrizione era stata interrotta con plurime missive con le quali il ricorrente aveva manifestato la volonta’ di ottenere il pagamento delle ore di lavoro straordinario e dei turni di pronta disponibilita’;
1.8 che l’ultima censura addebita alla sentenza impugnata la violazione degli articoli 420, 421 e 416 c.p.c. nonche’ l’insufficiente motivazione per avere ritenuto non provata la prestazione del lavoro straordinario e dei turni di reperibilita’ quando, in realta’, l’azienda non aveva contestato i prospetti depositati degli orari mensili, sicche’ questi ultimi dovevano ritenersi pacifici e, comunque, andando di diverso avviso, i giudici di merito avrebbero dovuto ammettere i mezzi istruttori richiesti e non respingere la domanda perche’ non provata;
2. che i primi quattro motivi di ricorso devono essere esaminati unitariamente per la loro stretta connessione logico giuridica e presentano profili comuni di inammissibilita’ perche’ non censurano tutte le rationes decidendi sulle quali e’ fondata la sentenza impugnata;
2.1. che la Corte territoriale esaminati i fatti dedotti dal (OMISSIS), ha innanzitutto escluso di potere ravvisare nella fattispecie una condotta vessatoria ed ha evidenziato che i comportamenti addebitati alla ASL, oltre ad essere distanti tra loro e, quindi, non unificati da una finalita’ persecutoria, risultavano espressione del potere organizzativo e di controllo del superiore gerarchico, non potendo rilevare, ai fini della loro qualificazione, la percezione soggettiva che delle stesse avesse avuto il dipendente;
2.2. che detto capo della decisione non e’ stato oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, il quale ha insistito solo sulla asserita illegittimita’ dell’allontanamento dal posto di lavoro, che la Corte territoriale ha escluso, sia perche’ allo stesso il (OMISSIS) aveva prestato acquiescenza, sia in quanto il provvedimento non aveva carattere disciplinare;
2.3. che il secondo ed il quarto motivo, volti a contestare la prima di dette rationes, contrappongono all’interpretazione data dal giudice di appello alla produzione documentale, una diversa valutazione e, quindi, sollecitano un’indagine di merito non consentita alla Corte di legittimita’;
2.4. che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, non ha desunto la acquiescenza dalla sola inerzia del dirigente medico, ma ha anche valorizzato il carteggio intercorso fra le parti, evidenziando che lo stesso (OMISSIS), sebbene con la missiva del 10 luglio 2004 avesse manifestato la sua disponibilita’ a rientrare in servizio (peraltro solo a far tempo dal 6 settembre 2004), successivamente aveva chiesto di poter continuare a fruire del recupero sino al 20 ottobre 2004;
2.5. che, quanto alla prova testimoniale richiesta, la Corte territoriale ha fatto propria la motivazione della sentenza di primo grado che aveva escluso la rilevanza dei capitoli perche’, anche a voler ritenere ammesse le circostanze sulle quali la prova stessa era stata richiesta, la qualificazione giuridica dei fatti, riservata al giudice, non sarebbe mutata;
2.6. che “il motivo di ricorso con cui, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, articolo 2, si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo” (Cass. 5.2.2011 n. 2805; Cass.8.9.2016 n. 17761);
2.7. che il ricorrente si limita a trascrivere le richieste istruttorie disattese dal giudice di appello senza indicare quale sia il fatto rispetto al quale la motivazione sarebbe carente e senza precisare le ragioni della sua assoluta decisivita’;
2.8. che, una volta esclusa la fondatezza dei motivi di ricorso volti a censurare una delle plurime rationes decidendi, opera il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui “qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (Cass. 14.2.2012 n. 2108);
2.9. che, qualora nel corso del rapporto il dipendente non abbia fruito delle ferie e dei riposi compensativi nella misura contrattualmente prevista, il datore di lavoro e’ legittimato a imporre la fruizione degli stessi, anche per prevenire richieste di pagamento dell’indennita’ sostitutiva;

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