guida in stato di ebrezza

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza n. 41383  del 7 ottobre 2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 29/11/2012 la Corte di Appello dì Milano confermava la sentenza di condanna di R.R. per la contravvenzione di cui all’art. 186, lett. c), C.d.S. per guida in stato di ebbrezza di un auto Porsche Carrera, con tasso alcolemico rilevato di g/l 1,81 e 1,79 (acc. in Appiano gentile il 17/4/2010). Veniva confermata anche la pena di mesi 3 di arresto ed € 1.500= di ammenda, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di avere provocato un incidente stradale.
Osservava la Corte che la responsabilità dell’imputato emergeva dal fatto di avere provocato un incidente stradale non rispettando un segnale di “STOP”, dandosi poi alla fuga. Ritrovato dopo circa un’ora, fermo lungo il margine della carreggiata in località Lazzago di Como, considerata la presenza di dati sintomatici dell’ebbrezza, veniva sottoposto ad alcoltest che dava esito positivo.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando l’erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione:
2.1. la violazione di legge per non essere stata, nei termini, notificata la citazione all’imputato per il giudizio di appello;
2.2. la erronea applicazione della legge, in quanto il R. ebbe ad essere sottoposto a controllo un’ora dopo l’incidente, mentre era fermo nella sua auto e quindi non in una situazione di “guida”; inoltre nessuna prova vi era che l’imputato fosse in stato di ebbrezza al momento in cui stava guidando;
2.3. il difetto di motivazione sulla circostanza della effettiva funzionalità dell’etilometro, a fronte dell’assenza di prova della sua omologazione;
2.4. il difetto di motivazione sulla circostanza riferita dal teste R.A., cognato dell’imputato, che aveva riferito che il giorno 17 aprile aveva acquistato su incarico del parente, una bottiglia di grappa per fare un regalo ad una amico e che aveva visto il R. metterla in auto;
2.5. il difetto di motivazione sulla effettiva cassazione di un incidente stradale
2.6. la violazione dell’art. 507 c.p.p. per l’esercizio di tale potere officioso senza una giustificazione sulla effettiva necessita.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. Come è noto la inosservanza del termine di comparizione dell’imputato non costituisce una nullità assoluta, bensì costituisce una nullità relativa che si sana qualora non venga eccepita entro i termini di cui all’art. 181 cod. proc. pen. (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n.. 34629 del 27/06/2008 Ud. (dep. 04/09/2008), Rv. 240704; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 46965 del 25/09/2009 Cc. (dep. 09/12/2009), Rv. 245382).
Nel caso di specie, trattandosi di una nullità verificatasi negli atti preliminari al dibattimento, la relativa eccezione doveva essere formulata ai sensi dell’art. 491 cod. proc. pen. Pertanto la censura svolta in ricorso è tardiva, in quanto la eventuale nullità si è già sanata.
3.2. Quanto ai lamentati dubbi sulla funzionalità dell’etilometro va rammentata, anche in tal caso la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “In tema di guida in stato di ebbrezza, l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del 24/03/2011 Ud. (dep. 05/05/2011), Rv. 250324; conf., Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011 Ud. (dep. 16/11/2011), Rv. 251117; Cass. Sez. 4, sentenza n. 45070 del 30/03/2004 Ud. (dep. 22/11/2004), Rv. 230489).
Nel caso di specie nessuna specifico e documentato difetto di funzionamento dello strumento è stato allegato dalla difesa e, peraltro, la circostanza che violando palese norme del codice della strada il R. aveva provocato un incidente, è stato coerentemente ritenuto dal giudice di merito un riscontro allo stato di ebbrezza rilevato.
3.3. In ordine alle censure relativa al difetto di motivazione sull’affermato stato di ebbrezza dell’imputato al momento dell’incidente, pur essendo stato questi rintracciato dai Carabinieri dopo il fatto ed essere stato il test svolto a distanza di tempo dal sinistro, il giudice di merito ha dato atto del fatto che le modalità dell’incidente (mancato rispetto dello STOP; fuga dopo il fatto), erano coerenti con la circostanza che già al momento dell’incidente il R. si trovasse in stato di ebbrezza.
Inoltre, se dopo l’incidente avesse bevuto della grappa che aveva in auto, durante la sosta forzata del veicolo per avaria (sulla presenza della bottiglia la difesa richiama la deposizione del teste R.), verosimilmente prima di svolgere il test il R. lo avrebbe dichiarato ai verbalizzanti. Di una simile dichiarazione non vi era invece traccia.

Quanto alla sua responsabilità nell’incidente (rilevato dai verbalizzanti, i quali gli hanno contestato la violazione dell’art. 189 C.d.S.: v. verbale del 17/4/2010, ore 19,30), essa emerge non solo dalla dinamica (mancato rispetto di uno STOP), ma anche dalla ammissione di responsabilità fatta nel CID.
Pertanto, sul punto, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
3.4. La difesa ha infine eccepito la violazione di legge per avere il tribunale di Como disposto, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., l’esame di alcuni testi (brig. CC..B.) all’udienza del 19/7/2011, benché nella udienza precedente fosse stata accolta la rinuncia del P.M. alla escussione di detti testi e senza che fosse l’esame giustificato dalla indispensabilità. La difesa lamenta che tale escussione si era palesata inutile in quanto i testi avevano riferito circostanze già riferite da altri testimoni.
Orbene la censura è infondata. Infatti le deposizioni miravano a far chiarezza sul momento in cui l’imputato aveva bevuto sostanze alcoliche. Pertanto legittimamente il tribunale ha fatto appello ai propri poteri discrezionali, valutando l’assunzione indispensabile. Che poi i testi nulla abbiano aggiunto a quanto già riferito da altri non rileva, in quanto la valutazione di ammissibilità dell’esercizio dei poteri e art. 507 c.p.p. deve essere fatta ex ante e non ex post.
Segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *