Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 4 giugno 2013 n. 24165[1]
La Corte territoriale ha convincentemente spiegato che la ricorrente era venuta meno al dovere di vigilare costantemente sul minore che le era stato affidato, proprio ai fine di far fronte a pronta valutazione di situazioni rischiose non percepite come tali dal bambino a causa della sua immaturità, come la necessità di uscire dall’acqua e chiedere immediato aiuto ai sopravvenire di un malore.
Non solo, risulta provato che lo stato di difficoltà del bambino si protrasse per un tempo che può, solo apparentemente e in astratto, stimarsi breve (da tre/quattro minuti fino a dieci minuti, come chiarito in sede peritale), ma che, paragonato al violato dovere di costante vigilanza, si staglia in tutta la sua tragica gravità
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