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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 4 agosto 2015, n. 34088

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 3 marzo 2010 il Tribunale di Sassari condannava C.G.B.F. e altri in ordine al reato di cui all’articolo 590 co. 1, 2 e 3 c.p. alla pena di mesi due di reclusione, concesse le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante contestata, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione ex art. 175 c.p..
All’imputato, nella sua qualità di responsabile del procedimento e dell’esecuzione dei lavori, era stato contestato di avere cagionato per colpa generica e specifica lesioni personali comportanti una malattia di durata superiore ai quaranta giorni all’operaio Co.Ro. (costituito parte civile nel processo), che il (omissis) , era stato colpito violentemente alla testa dall’entrata della pompa di una betoniera erogante calcestruzzo. In particolare al C. , quale coordinatore in fase di progettazione e di esecuzione dei lavori (per conto della committente Amministrazione comunale di Siligo) era stato contestato di avere omesso di far applicare all’impresa esecutrice il piano di sicurezza e di coordinamento (P.S.C.), ai sensi dell’art.5, 1 co., lett.b), d.lgs. 494/96.
Avverso la sentenza emessa nel giudizio di primo grado la difesa degli imputati proponeva appello.
La Corte di appello di Cagliari-sezione distaccata di Sassari-, con sentenza del 27 febbraio 2014, per quanto attiene alla posizione dell’imputato C. , dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato sub A) perché estinto per intervenuta prescrizione; confermava nel resto e lo condannava a rifondere alla parte civile costituita le spese del grado liquidate come in dispositivo.
Avverso la sopra indicata sentenza C.G.B.F. , a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento e censurandola per i seguenti motivi:
1) Violazione di legge ex art.606, comma 1, lett.b) con riferimento agli articoli 113 e 590 c.p..
2) Mancanza, contraddittorieta e manifesta illogicità della motivazione ex art.606 comma 1, lett.e) c.p.p.. Osservava la difesa che la Corte territoriale aveva ritenuto pacifico che il ricorrente, nella sua qualità di coordinatore dei lavori in fase di esecuzione (oltre che di progettazione) avesse l’obbligo di verificare che il sub­appaltatore avesse predisposto il P.O.S. e lo avesse portato a conoscenza dei lavoratori interessati e che in cantiere vi fosse coordinamento tra appaltatore, sub-appaltatore e ditta incaricata del solo gettito del calcestruzzo. Secondo la sentenza impugnata la consapevole omissione da parte del C. di tali attività doveva ritenersi causalmente collegata all’evento lesivo. Secondo la difesa però la sentenza impugnata non aveva spiegato da dove il C. avrebbe dovuto trarre la conoscenza di un sub-appalto e soprattutto della sua ritualità, dal momento che l’impresa appaltatrice aveva dichiarato che avrebbe eseguito in proprio i lavori e che del presunto sub-appaltatore F. e della obbligatoria autorizzazione al sub-appalto non risultava traccia agli atti del processo e, di conseguenza nessuno, né dall’impresa appaltante, né dall’impresa aggiudicatrice dei lavori, si era fatto carico di comunicargli alcunché. Osservava inoltre la difesa che la sentenza impugnata era altresì contraddittoria e manifestamente illogica laddove, da un lato, attribuiva al C. l’omessa vigilanza sulla predisposizione del P.O.S. e la conseguente informativa agli operai sui rischi delle specifiche lavorazioni, dall’altro attestava che per lo scarico di cemento su piani di quota differenti e per situazioni simili dovesse soccorrere la regola, prevista nello stesso P.S.C. redatto dal geometra C. , di avvalersi dell’ausilio di un addetto a terra, regola che era stata seguita nel caso concreto dall’odierno ricorrente (in quanto il P. era coadiuvato dal geometra M. , professionista del settore svolgente mansioni di capo cantiere). In conclusione, secondo la difesa, errava la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto di individuare la cooperazione colposa del ricorrente sia nell’avere omesso di vigilare sulla predisposizione e attuazione del P.O.S. (non obbligatorio all’epoca per quell’impresa), sia per avere omesso di coordinare le varie imprese presenti in cantiere.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
Va premesso che la responsabilità del C. è stata ritenuta sulla base della sua qualità di “responsabile del procedimento “e “responsabile dei lavori”.
Sul responsabile dei lavori incombe, ai sensi del d.PR. n.494 del 1996, art.6, l’obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in attuazione dei relativi piani (art.4 e art.5, comma 1, lett.a) d.PR. citato).
Orbene, ciò premesso, deve ricordarsi che ai sensi del d.PR. n.554 del 1999, art.7, comma 2 (regolamento di attuazione della legge Quadro dei Lavori Pubblici), il responsabile del procedimento provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e della salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Inoltre egli, ai sensi dell’art.8, lett.f), deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, ai sensi dell’art.8, comma 3, egli vigila sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l’eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del procedimento) grava una posizione di garanzia connessa ai compiti di sicurezza, non solo nella fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i piani di sicurezza, ma anche durante il loro svolgimento, fase nella quale vige l’obbligo di sorvegliarne la corretta attuazione, controllando anche l’adeguatezza e la specificità dei piani di sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata alla incolumità dei lavoratori (cfr, Cass., sez.4, sent. n.7597 dell’8.11.2013, Rv.259123; Cass., sez.4, sent. n.41993 del 14.06.2011, Rv.251925). Orbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dal giudice di merito, il C. è venuto meno all’adempimento degli oneri gravanti a suo carico.
I giudici della Corte territoriale hanno infatti evidenziato a tal proposito che i compiti dell’imputato non potevano esaurirsi nella mera redazione del P.S.C., dovendo egli anche svolgere l’indispensabile opera di coordinatore che prevedeva innanzitutto il controllo che il sub-appaltatore F. avesse a sua volta predisposto il P.O.S e lo avesse a sua volta portato a conoscenza dei lavoratori interessati. Egli inoltre avrebbe dovuto accertarsi che in cantiere sussistesse una buona coordinazione tra appaltatore (Edilmura s.r.l.), sub-appaltatore (impresa individuale F. ) e ditta incaricata del solo getto del calcestruzzo.
Le predette attività demandate al C. erano state da lui omesse e tale omissione è collegata con nesso di causalità all’evento lesivo per cui è giudizio.
La difesa ha sostenuto che la sentenza impugnata non aveva spiegato da dove il C. avrebbe dovuto trarre la conoscenza di un sub-appalto in favore del F. e soprattutto della sua ritualità. Sul punto si osserva che si tratta di una questione di fatto non introdotta in appello e comunque entrambe le sentenze, sia quella di primo, sia quella di secondo grado, hanno ritenuto di non porre in dubbio la conoscenza da parte del ricorrente del subappalto.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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