CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 16 febbraio 2015, n. 6718

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanin – Presidente
Dott. FOTI Giacomo – Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luc – rel. Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 530/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 03/05/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SCARDACCIONE Vittorio Eduardo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per le parti civili, l’avv. (OMISSIS) del foro di Roma che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di Prato che, per l’imputato, si e’ associato alle conclusioni del Procuratore Generale.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 7 dicembre 2010, il Tribunale di Prato giudico’ (OMISSIS) responsabile di due delitti di omicidio colposo, ex articoli 113 e 589 cod. pen., (commessi in (OMISSIS) in danno di (OMISSIS) e di (OMISSIS), in data antecedente e prossima rispettivamente al (OMISSIS) ed al (OMISSIS)), condannandolo, per ciascun reato, alla pena ritenuta di giustizia nonche’ al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da determinarsi in separato giudizio. Ha ritenuto il Tribunale, in conformita’ ai capi d’accusa, che all’imputato dovesse farsi risalire la responsabilita’ (in cooperazione colposa con gli automobilisti che materialmente ebbero ad investire i due pedoni in fase di attraversamento di via (OMISSIS)) perche’, nella sua qualita’ di dirigente dell’area opere pubbliche del Comune di (OMISSIS) e di direttore dei lavori della pista ciclabile “(OMISSIS)”, non aveva, per colpa, impartito alla ditta esecutrice dei lavori, disposizioni “di realizzare in corrispondenza dell’attraversamento della pista ciclabile con la via (OMISSIS), idonea segnaletica orizzontale e luminosa in entrambi i sensi di marcia, nonostante detta segnaletica fosse prevista nei grafici di progetto”. In particolare l’imputato aveva omesso di far installare un impianto semaforico a chiamata per l’attraversamento della pista ciclabile ed idonea segnaletica orizzontale e verticale in prossimita’ dell’intersezione interessata dal predetto attraversamento.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza emessa in data 3 maggio 2012, in accoglimento del gravame proposto dall’imputato, in riforma della sentenza di primo grado, lo ha mandato assolto da entrambi gli addebiti, perche’ il fatto non sussiste. I Giudici di seconda istanza, esclusa preliminarmente la contestata fattispecie della cooperazione colposa, versandosi,al contrario, nel caso di condotte colpose indipendenti, hanno ravvisato l’insussistenza dei profili di colpa contestati al (OMISSIS) sia per la mancata predisposizione di idonea segnaletica orizzontale e luminosa che per la mancata installazione dell’impianto semaforico. La Corte distrettuale ha inoltre escluso la sussistenza del nesso di causa. Applicando in entrambe le contestazioni,la regola juris del giudizio controfattuale, versandosi in fattispecie di reati commissivi mediante omissione, la condotta doverosa omessa, secondo la stessa Corte, non sarebbe stata idonea ad impedire l’evento. Nell’omicidio colposo di (OMISSIS), l’evento non si sarebbe verificato, secondo quanto accertato dal perito,se l’automobilista investitore (che procedeva alla velocita’ di 92 kh/orari) avesse regolato la velocita’ entro i 68 km/orari. In tal caso non vi/sarebbe stato l’investimento ancorche’, per colpa della vittima, il velocipede fosse risultato del tutto sprovvisto dell’equipaggiamento luminoso notturno. Quanto all’altro sinistro (che costo’ la vita a (OMISSIS)) la causa dell’evento risiedeva sia nella velocita’ non prudenziale cui marciava l’automobile investitrice (67,72 km/orari anziche’ 50 km/orari,fissati quale limite su via (OMISSIS)) sia nella disattenzione nella guida del conducente, essendo il pedone risultato sufficientemente illuminato dalla luce proiettata, da entrambe le parti, dai fari delle auto in transito. Un concorso di colpa del pedone discendeva inoltre dalla imprudente condotta di costui determinatosi ad attraversare la strada tra due vetture in transito da opposto senso e per di piu’ correndo.
Le parti civili costituite propongono ricorsi per cassazione (di contenuto pressoche’ identico, fatto salvo che per la diversa dinamica dei due incidenti stradali) per tramite dello stesso difensore, articolando due motivi, per vizi della motivazione e per violazione di legge, cosi’ sintetizzati.
Con il primo motivo, deducono che,con assunti contraddittori ed illogici, la Corte d’appello avrebbe escluso la responsabilita’ del (OMISSIS) che, per sua illegittima iniziativa ed in difetto di specifica autorizzazione dell’Amministrazione comunale, decise di non procedere all’installazione del semaforo ed alla realizzazione della segnaletica orizzontale di attraversamento pedonale in corrispondenza dell’intersezione tra la pista ciclabile e la via (OMISSIS), disattendendo, in tal caso, le conformi previsioni del progetto predisposto dal Comune. Tali negligenza ed imprudenza furono la causa del decesso dei due pedoni, visto che entrambi gli interventi avrebbero eliso il rischio di investimenti. Per effetto del travisamento delle risultanze processuali, sostengono le ricorrenti parti civili che i Giudici d’appello avrebbero erroneamente escluso che l’installazione dell’impianto semaforico poteva evitare entrambi gli eventi mortali pur in presenza di diverse concause ed anche dell’eventuale concorso di colpa delle vittime. Ne’ l’eventuale spegnimento del semaforo nelle ore notturne avrebbe comportato il mancato funzionamento del semaforo fin dal tardo pomeriggio nella stagione invernale (allorche’ si verificarono i due incidenti) ma semmai solamente a notte inoltrata.
Con il secondo motivo, si assume la violazione di specifiche norme regolamentari dettate dal Decreto Ministeriale 30 novembre 1999, articolo 4, comma 3, lettera b) ed e), articolo 9, comma 1 in materia di piste ciclabili in relazione agli attraversamenti a raso, per avere il (OMISSIS) realizzato l’intersezione tra la pista ciclabile e via (OMISSIS), in difformita’ a tale normativa di riferimento. Aggiungono inoltre le ricorrenti che, dopo i due eventi mortali, il Comune di Prato aveva dato corso, sempre tramite lo stesso imputato in veste di progettista e di direttore dei lavori, all’installazione di tre lampioni sulla intersezione tra la pista ciclabile e via (OMISSIS), sostanzialmente completando le condutture elettriche gia’ previste. Cio’ valeva a dimostrare che il (OMISSIS) si era coscientemente prefigurato la pericolosita’ dell’incrocio (viste le cautele progettate ma poi non realizzate) tanto rilevando sotto il profilo del nesso causale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati e vanno accolti non apparendo la sentenza impugnata immune dai lamentati vizi.
Ritiene opportuno il Collegio premettere che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, in caso di decisione in grado d’appello emessa in riforma di quella del giudice di primo grado, la corretta regola di giudizio applicabile impone al giudice di secondo grado un’adeguata confutazione delle ragioni poste a base della sentenza riformata, sostituendosi l’opinione di quest’ultimo a quella del primo giudice, di guisa che la valutazione degli elementi probatori rimane sempre affidata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di appello (Sez. 6 n. 6839/1999 rv. 214307; Sez. 6 n. 27061/2008 rv.240583; Sez. 6 n. 26810/2011 rv. 250470). In particolare, a corollario ed a miglior specificazione di quanto teste’ riferito, la stessa giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Sez. 6 n. 8705/2013 rv. 254113) ha ribadito il principio secondo il quale: “nel giudizio di appello, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito al processo, la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa la configurabilita’ del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di la’ di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilita’ del primo giudizio”.
Cio’ posto,osserva il Collegio,in riferimento alle doglianze dedotte dalle ricorrenti (da trattarsi congiuntamente siccome logicamente connesse), che la Corte d’appello di Firenze e’ pervenuta ad escludere i profili di colpa insiti nella condotta omissiva dell’imputato con motivazione apodittica ed incongrua rispetto alle risultanze, soprattutto disattendendo l’obbligo di sottoporre a specifica confutazione gli assunti argomentativi della sentenza di primo grado. Ha in sostanza escluso che al (OMISSIS) potesse farsi carico la mancata predisposizione della segnaletica orizzontale e verticale su via (OMISSIS), in corrispondenza dell’ intersezione con la pista ciclabile nonche’ dell’illuminazione pubblica stradale e dell’impianto semaforico a chiamata, sul rilievo che:
– “la segnaletica sulla provinciale era di competenza della Provincia”, essendo via (OMISSIS) “strada provinciale a grande scorrimento” “non si trattava di una pista che proseguisse sull’asse stradale attraverso quello che e’ conosciuto come un attraversamento a raso” venendo la pista (OMISSIS) ad interrompersi “in ciascuno dei due tratti”, di guisa che sia l’impianto semaforico (il cui funzionamento sarebbe cessato dopo le ore 18) che quello di illuminazione non avrebbero avuto significato, non dovendo l’illuminazione esser “funzionale a segnalare un attraversamento a raso che non era stato progettato”.
Conclusivamente ha annotato sul punto la Corte d’appello che “non e’ chiaro in che modo l’imputato avrebbe, nonostante la sua carica, potuto opporsi alla volonta’ dell’amministrazione comunale che aveva previsto la costruzione di un sottopasso, poi effettivamente realizzato, che avrebbe reso inutile l’installazione dell’impianto semaforico”.
Come legittimamente denunziato dalle ricorrenti parti civili, i Giudici di seconda istanza hanno in realta’ disatteso il richiamato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, omettendo di confutare quanto esposto dal Tribunale a supporto dell’accusa. Si legge nella motivazione della sentenza di primo grado come il progetto esecutivo redatto dallo stesso imputato (punto 160 NP047 – Tavola 15 del progetto esecutivo – primo lotto) prevedesse che l'”intersezione tra la pista ciclabile e Viale (OMISSIS) fosse assistito da un semaforo a chiamata e da strisce orizzontali che segnassero il percorso di attraversamento”. Ne’ la Corte d’appello, poste le ricordate affermazioni apodittiche ed assertive, ha spiegato per quali ragioni od in virtu’ di quali accorgimenti od intese, in ipotesi intervenuti tra i due enti pubblici territoriali (Provincia e Comune di Prato) l’attuazione degli ineludibili interventi di messa in sicurezza dell’attraversamento della strada provinciale, una volta realizzata la pista ciclabile (OMISSIS) fosse prevista dal progetto esecutivo dell’opera, redatto da tecnico dell’amministrazione comunale pur interessando un strada provinciale. Come altresi’ legittimamente lamentato dalle ricorrenti con la seconda censura, nella motivazione della sentenza impugnata non si fa il benche’ minimo cenno alla mancata osservanza delle soprarichiamate prescrizioni dettate dal Decreto Ministeriale 30 novembre 1999 (di indiscussa valenza cautelare) in materia di realizzazione dell’intersezione tra la pista ciclabile “(OMISSIS)” e viale (OMISSIS) che avrebbero imposto la “presenza di segnaletica orizzontale, di impianti semaforici, di indicazione degli attraversamenti ciclabili, di impianti di illuminazione notturna per la segnalazione di attraversamenti a raso, la previsione di modalita’ di attraversamento delle carreggiate identiche a quelle previste per i pedoni” (pag. 9 della sentenza di primo grado). Ne’ la Corte d’appello ha specificamente confutato quanto argomentato dal Tribunale che, recepiti e condivisi motivatamente gli assunti del p.i. (OMISSIS), consulente di parte civile, e’ poi logicamente giunto ad affermare come l’aver realizzato l’intersezione de qua in “difformita’ dalla normativa che regola la materia” abbia integrato una negligenza,qualificabile in termini di colpa specifica e rilevante quale “contributo” alla determinazione dei sinistri mortali per cui e’ processo. Con altra affermazione apodittica, resa peraltro in contraddizione con il progetto approvato di realizzazione dell’intersezione della pista ciclabile, la Corte d’appello ha inteso “spogliare” l’imputato di ogni addebito circa le contestate omissioni colpose di mancata realizzazione dell’impianto semaforico e di quello di illuminazione, assumendo che “non e’ chiaro in che modo l’imputato avrebbe, nonostante la sua carica, potuto opporsi alla volonta’ dell’amministrazione comunale che aveva previsto la costruzione di un sottopasso, poi effettivamente realizzato, che avrebbe reso inutile l’installazione dell’impianto semaforico”. Non e’ possibile disattendere le obiezioni delle ricorrenti con le quali si e’ rimarcato il difetto della motivazione in ordine all’individuazione di un’eventuale variante del progetto, gia’ approvato, o di successive Delib. amministrative di significato contrario, non valendo legittimamente ad elidere la negligenza ed imprudenza (connotanti le determinazioni omissive dell’imputato) l’aver fatto appello all’incremento dei costi o ad aspetti di inadeguatezza tecnica. Ancorche’ in subordine fosse stata iniziata la progettazione del sottopasso (poi realizzato, a quanto risulta in atti), non sarebbe stato logicamente ammissibile mandare esente da responsabilita’ colposa l’imputato (invece ritenuta a pag. 10 della sentenza di primo grado, con argomentazioni fatte proprie dalle ricorrenti ma non specificamente confutate dalla Corte d’appello) per aver, di sua iniziativa, eliminato dispositivi di sicurezza (impianto semaforico e segnaletica orizzontale in coincidenza con l’intersezione tra la pista ciclabile e la strada provinciale) prima ancora del completamento e della piena agibilita’ del sottopasso. Ed invero dei rischi da tanto derivanti per la pubblica incolumita’ – come ancora sottolineato nella sentenza di primo grado – il (OMISSIS) aveva avuto tuttavia consapevolezza tant’e’ vero che, quale titolare di una specifica posizione di garanzia insita nel ruolo rivestito agli effetti dell’esecuzione del progetto, ebbe ad incaricare l’addetto comunale alla manutenzione delle strade ed alla segnaletica stradale, di apporre transenne mobili, al termine dei due tronconi della pista ciclabile in prossimita’ dell’incrocio con la strada provinciale: dispositivo rivelatosi invero del tutto insufficiente ed inidoneo a tutelare l’incolumita’ di ciclisti e pedoni che si accingevano ad attraversare via (OMISSIS), “in quanto rimuovibili dai vandali e ribaltabili dal vento” e comunque “superabili” agevolmente da chi fosse stato intenzionato all’attraversamento in quanto comunque non infisse al suolo. Sempre nell’ottica di elidere i contestati profili di colpa per omissione,la Corte d’appello ha escluso – ancora apoditticamente e, secondo le ricorrenti, anche travisando le risultanze processuali – la valenza cautelare, ai fini della tutela dell’incolumita’ delle vittime dei due omicidi colposi per cui e’ processo, dell’impianto semaforico che “non avrebbe funzionato nelle ore serali, ne’ l’accumulatore d’energia, di cui parla il primo giudice, era stato previsto” sul rilievo che i due sinistri stradali si verificarono entrambi dopo le ore 18 ovverosia un’ora dopo il tramonto del sole nelle stagioni autunno-inverno. Nella motivazione della sentenza di primo grado, si legge che era previsto lo “spegnimento notturno” dell’impianto semaforico e che cio’ differiva ovviamente dallo “spegnimento pomeridiano”, tenuto conto dell’ora del tramonto del sole nelle stagioni autunno-inverno. La ratio applicativa di tale disposizione avrebbe semmai logicamente imposto tale spegnimento nelle ore “di traffico scarso come propriamente accade nella notte (non nel pomeriggio d’inverno)”. In ogni caso imprudenza e negligenza avrebbero indubbiamente connotato la determinazione del responsabile di spegnere l’impianto a partire dal tardo pomeriggio in concomitanza con l’intenso traffico veicolare in atto sulla strada provinciale, fermo comunque il fatto che (come annotato dal Giudice di primo grado) anche il funzionamento lampeggiante del semaforo avrebbe costituito un efficace dispositivo di sensibilizzazione dell’attenzione degli automobilisti, nell’approssimarsi alla intersezione della pista ciclabile. Immotivatamente la Corte d’appello ha altresi’ affermato che l’impianto semaforico non avrebbe potuto funzionare per la mancanza della rete elettrica di alimentazione sulla strada e comunque dell’accumulatore di energia laddove, nella sentenza di primo grado, risultava riferito (pag. 11 – 12) che “era previsto un semaforo ad alimentazione con energia solare, di costo piu’ contenuto ed in vista della cui realizzazione sembra fossero state fatte tracce sull’asfalto e creati pozzetti all’intersezione della pista con la strada”, come documentato dalle fotografie allegate alla relazione dell’ing. (OMISSIS). Ne’ al riguardo si sarebbe tenuto conto del dato documentale (concordemente citato dalle ricorrenti) secondo cui “alle pag. 30 e 31 del computo metrico dell’appalto inerente la realizzazione della pista ciclabile, e’ previsto esplicitamente che l’impianto semaforico fosse dotato di batteria solare”.
La sentenza impugnata non puo’ peraltro dirsi immune dai denunziati vizi in punto all’affermata esclusione del nesso di causalita’. E’ ben noto che, in tema di reati commissivi mediante omissione, deve verificarsi, mediante il cd. giudizio controfattuale, se l’evento non si sarebbe verificato una volta ipotizzato l’intervento della azione doverosa omessa. Tale operazione logico-argomentativa non puo’ tuttavia che far perno sul cd. principio dell’equivalenza delle cause, posto alla base della disciplina del nesso di causalita’ recepita dall’ordinamento positivo,secondo il quale l’evento e’ la risultante di tutti gli antecedenti positivi e negativi dello stesso. Ora, proprio valutando la questione entro tale prospettazione concettuale ed in esito a giudizio controfattuale, non puo’ dirsi immune da vizi logici l’iter argomentativo seguito dalla sentenza impugnata a confutazione del convincimento, di segno opposto, recepito dal Giudice di prime cure. La Corte d’appello ha invero proceduto, in termini carenti ed illogici,a formulare il giudizio cd. controfattuale (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata) limitandosi ad attribuire efficienza causale esclusiva alle condotte di guida imprudenti di entrambi i conducenti dei veicoli investitori,connotate da velocita’ eccessiva e da distrazione, peraltro in presenza di concorso di colpa delle due vittime. Si e’ quindi, in primo luogo, trascurato di valutare l’incidenza sulla verificazione degli eventi mortali, dell’illuminazione pubblica sull’intersezione, quale azione doverosa omessa dall’imputato e quale elemento obiettivo atto ex se a consentire un migliore e tempestivo avvistamento delle vittime in fase di attraversamento della strada, come l’esperienza comune insegna. Ma soprattutto gli assunti argomentativi della Corte d’appello appaiono scaturire (come lamentato dalle ricorrenti) da travisamento della prova o comunque da carenze valutative laddove si e’ sostenuto che nessuna efficienza causale avrebbe prodotto l’installazione dell’impianto semaforico a chiamata sulla stessa intersezione in quanto non funzionante nelle ore serali (allorche’ si verificarono entrambi gli incidenti, come piu’ volte si e’ ricordato), non essendo stato “previsto l’accumulatore di energia, di cui parla il primo giudice”: considerazioni teste’ gia’ confutate e documentalmente smentite, a quanto sostenuto nei proposti ricorsi. Sarebbe stato invece necessario verificare, in termini obiettivi e logici, quale influenza impeditiva sulla produzione degli eventi (o comunque incidente sulla gravita’ delle conseguenze prodotte sulle persone offese) avrebbe svolto un impianto semaforico a chiamata,ipotizzandone l’installazione invece omessa ed il funzionamento al momento del verificarsi dei sinistri attesoche’ dal suo azionamento con la proiezione di luce rossa su entrambe le carreggiate sarebbe necessariamente conseguito l’obbligo per i veicoli in transito di arrestarsi, onde consentire ai ciclisti pedoni (tantopiu’ resi ben visibili dall’illuminazione pubblica dell’intersezione) l’attraversamento della strada provinciale.
Tutto cio’ premesso, deve quindi concludersi per l’annullamento a fini civili della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, che procedera’ ad un nuovo esame della vicenda processuale,avuto riguardo alle evidenziate carenze ed illogicita’ motivazionali, rimesso altresi’ alle sue determinazioni il definitivo regolamento delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Pronunziando ai fini civili, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello. Spese di lite tra le parti al definitivo

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