Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 9 marzo 2017, n. 11455

Via libera al sequestro dei beni personali dell’amministratore che evade il fisco e distrae beni immobiliari e strumentali dalle imprese in decozione per dirottarli su società di nuova costituzione di cui mantiene il controllo

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 9 marzo 2017, n. 11455

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente

Dott. D’ISA Claudio – rel. Consigliere

Dott. IZZO Fausto – Consigliere

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere

Dott. MICCICHE’ Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 389/2015 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del 15/02/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. D’ISA CLAUDIO;

lette le conclusioni del P.G. Dott. FIMIANI Pasquale, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe del 15/02/2016, il Tribunale di Reggio Calabria, giudice del rinvio a seguito della sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 41218 del 17/09/2015 che ha annullato con rinvio l’ordinanza dello stesso Tribunale in data 19/02/2015 che confermava il decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 27/01/2015, con cui era stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di numerosi beni mobili ed immobili come in atti meglio specificati, nell’ambito del procedimento instaurato nei confronti, fra gli altri, di (OMISSIS) indagato in ordine alle contestazioni di cui all’articolo 416 c.p. (capo A) e articoli 81, 110 c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 (capo B), confermava il provvedimento impugnato.

1.1 In sostanza l’accusa che si muove al ricorrente e’ quella di avere costituito un’associazione per delinquere, finalizzata alla consumazione di plurimi reati in particolare di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, al fine di garantire la conservazione del patrimonio personale e della societa’ di fatto (operante sotto varie e diverse denominazioni, in realta’ tutte riconducibili ad un unico centro di interessi), dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), frodando i creditori, distraendo beni strumentali, quelli immobiliari e l’avviamento delle imprese in decozione da loro gestite, a vantaggio di altre di nuova costituzione di cui i predetti coniugi continuavano a mantenere il controllo.

1.2 La Corte di cassazione, con la richiamata decisione, annullava con rinvio la primigenia ordinanza reiettiva del riesame, sul rilievo che il tribunale, mentre aveva motivato diffusamente sulla struttura del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, indicando il “meccanismo fraudolento” che sarebbe stato posto in essere dai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) per sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale, in particolare nei confronti dell’Erario, aveva trascurato di apprezzare i rilievi difensivi contenuti in una memoria presentata all’udienza camerale, limitando il proprio apprezzando ad altra precedente memoria presentata in cancelleria.

1.3 Il Tribunale, nel motivare il nuovo provvedimento, ha sviluppato una analitica motivazione sia in ordine alle contestazioni rivolte alla prevenuta, sia infine sugli elementi indiziari desunti anche dalle dichiarazioni rese dalla coimputata (OMISSIS) e comunque desumibili da un giudizio precedentemente svoltosi a carico dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), in cui benche’ la conclusione era stata liberatoria venivano valorizzati elementi accreditanti il meccanismo fraudolento di cui all’articolo 11 cit., stavolta con analisi dettagliata degli elementi proposti difensivamente.

2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1):

1) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, articoli 125, 324 c.p.p., articoli 240, 416 c.p. (capo A) e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, (capo B). Deduce che l’ordinanza del Tribunale del Riesame deve considerarsi illegittima perche’ priva di una reale motivazione o, comunque, contenente una motivazione meramente apparente. Sostiene che il vizio di legge sta nel fatto che, se e’ vero che la valutazione attiene al fumus del reato, e’ pur sempre necessario che vi sia un raffronto tra la fattispecie astratta e il caso concreto con riferimento sia all’elemento materiale del reato che a quello soggettivo e che la motivazione non sia apparente, anzi segua un iter logico comprensibile e nel caso di specie non vi e’ stato uno sviluppo del procedimento in senso favorevole all’accusa. Afferma che l’assenza di una motivazione si riscontra, inoltre, con specifico riferimento alla posizione del (OMISSIS), cui il Giudice della cautela dedica una motivazione dal contenuto meramente assertivo e mai dimostrativo, e che in buona sostanza laddove, ancora una volta, il Tribunale del Riesame si e’ limitato a riportare il contenuto dell’Ordinanza del GIP del 27 gennaio 2015.

Comunque, la censura principale che si muove alla ordinanza impugnata e’ che, contravvenendo al dictum della sentenza di annullamento con rinvio, il Tribunale non ha valutato i documentati rilievi difensivi diretti a dimostrare che le dichiarazioni confessorie, rese da (OMISSIS) in data 12 marzo 2011, su cui si basa la struttura della motivazione di rigetto, sono state concettualmente manipolate.

Si fa riferimento ai temi affrontati nella memoria del 18 febbraio 2015 laddove si erano documentalmente evidenziati gli errori in cui era caduto lo stesso GIP, il Tribunale del riesame una prima volta, e, quindi l’impugnata ordinanza circa l’assetto societario delle societa’ facenti capo ai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), sintomatici del meccanismo fraudolento ordito da essi. Assetti societari, reali, che contraddicono le dichiarazioni confessorie della (OMISSIS), come nel caso in cui si ritiene che il socio unico della (OMISSIS) s.r.l. e’ la (OMISSIS), mentre dalle visure camerali, prodotte in atti, dagli atti pubblici e da nessun atto risulta che la (OMISSIS) s.r.l. sia mai stata socia della (OMISSIS) s.r.l. di cui socio unico e’ il (OMISSIS).

In riferimento ad altro aspetto della vicenda la difesa aveva documentato lo stato patrimoniale delle societa’, ma il Tribunale senza tener conto dei rilievi difensivi, documentati, ha continuato ad affermare lo stato di insolvenza di alcune societa’, non ha tenuto conto degli avvenuti pagamenti di situazioni debitorie, oggetto di decreti ingiuntivi, ciononostante il Tribunale del Riesame sostiene che le societa’ sono gravate da Decreti ingiuntivi promossi dalle Banche riportando pedissequamente la motivazione dell’ordinanza di convalida del GIP.

Si pone in rilievo come il Tribunale, nel riportare il provvedimento del P.M. e l’ordinanza del GIP, sul mancato pagamento delle esposizioni debitorie verso (OMISSIS), non dice alcuna parola su quanto osservato nella memoria difensiva del 18 febbraio 2015 circa l’istanza di rateizzazione accolta da (OMISSIS), e l’avvenuto pagamento di rate per un importo di 188.312,88 Euro.

Quanto ai temi affrontati nella memoria del 7 gennaio 2016, sul rilievo accusatorio che il (OMISSIS) avrebbe ceduto simulatamene quote societarie della (OMISSIS) s.a.s. ad (OMISSIS) ed (OMISSIS), il GIP, la cui motivazione e’ ripresa dal Tribunale, per avvalorare la tesi considera la situazione debitoria della societa’ in questione pari ad Euro 186.571,05 senza pero’ dare atto dei crediti esistenti alla medesima data e del valore della licenza ministeriale per il trasporto di merci su ruote di cui era titolare che era da considerare di gran pregio.

Il GIP fa riferimento ad un informativa del GICO per asseverare la situazione di decozione della richiamata societa’, senza che di questa informativa vi sia alcuna traccia in atti.

Ulteriori censure, dello stesso tenore, vengono mosse alla impugnata ordinanza sempre in riferimento alle vicende societarie della (OMISSIS) S.a.s., nel non aver tenuto conto dei rilievi difensivi e della documentazione relativa.

La parte del ricorso che riguarda specificamente la posizione del ricorrente, in effetti ripercorre le argomentazioni gia’ esposte nei paragrafi precedenti mettendosi ancora una volta in rilievo come i rilievi difensivi, sebbene copiosi analitici e documentati non siano stati affatto considerati.

2) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), in relazione all’articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, articolo 322-ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 e L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143. Deduce che il Tribunale sembra confermare il sequestro sia ex articolo 321 c.p.p., comma 1, che ex articolo 321 c.p.p., comma 2; la circostanza non appare chiara, perche’ non esplicitata nel corpo del provvedimento; e, comunque, con riferimento alla norma, di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 1 deve rilevarsi l’insussistenza di qualsivoglia pericolo di protrazione o reiterazione del reato laddove si consideri le ampiamente documentate condotte in atto di rientro del debito tributario attraverso una programmata rateizzazione fin qui scrupolosamente rispettata; con riferimento alla norma, di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 2 deve rilevarsi che le Sezioni Unite, con sentenza n. 1 del 30/01/2014 hanno sancito il divieto di sequestro e confisca per equivalente nei confronti dei beni della persona giuridica per i reati tributari della persona fisica nel caso in cui la stessa persona giuridica non sia un mero schermo fittizio e, nel caso di specie, il Tribunale del Riesame, non ha tenuto altresi’ conto che le societa’ oggetto di sequestro di cui all’impugnata ordinanza non hanno commesso il reato. Peraltro, il Tribunale del Riesame (come gia’ aveva fatto la stessa ordinanza di convalida di sequestro, pedissequamente riportata dal Tribunale del Riesame) ha dato per effettuati accertamenti, da parte degli inquirenti, volti a rinvenire il profitto del reato presso le persone giuridiche, laddove alcun accertamento e’ stato effettuato dagli inquirenti, ne’ vi e’ prova o indizio che le persone giuridiche stesse siano dei meri schermi fittizi.

3) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), in relazione all’articolo 321 c.p.p., commi 1 e 2, articolo 322-ter c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 e L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143.

Sotto diverso profilo, rispetto al motivo indicato al paragrafo 2) si denuncia la violazioni delle norme indicate rappresentando che nelle precedenti memorie si era evidenziato che nessuna delle societa’ aveva commesso il reato tributario per non aver mai superato la soglia di punibilita’ di cui alla normativa prima vigente, per omessi versamenti superiori ad Euro 50.000,0 tranne la (OMISSIS) s.r.l. nell’anno 2011, in costanza di custodia giudiziaria e che era carente l’elemento oggettivo della condotta che legittimerebbe il sequestro atteso che nel caso che ci occupa non sono mai state omesse presentazioni delle dichiarazioni dei redditi o dell’Iva. La misura del sequestro deve essere rideterminato in tal senso: Euro 1.258.980,30 – Euro 188.312,38 (somme gia’ versate) = Euro 1.070.667,92.

2.1 In data 9 novembre 2016 la Difesa del ricorrente ha depositato memorie (nuovamente depositate in data 15 novembre 2016) contenenti motivi nuovi ai sensi dell’articolo 311 c.p.p., comma 4.

In particolare, relativamente al primo motivo di ricorso (V, supra) nel ribadire che il Tribunale di Reggio Calabria non aveva preso in esame tutta la documentazione esibita al fine di comprovare la insussistenza dell’impostazione accusatoria dello stato di insolvenza della (OMISSIS) s.r.l., si rappresenta che la stessa documentazione e’ stata valutata dall’Ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano che, in data 26 gennaio 2016, accertato che il Decreto Ingiuntivo emesso dalla (OMISSIS) (posto a base dell’impugnata ordinanza, quale indicatore del presunto depauperamento) e’ stato totalmente estinto, e che i pagamenti in favore di (OMISSIS) S.p.a. (ritenuti omessi nell’impugnata ordinanza) sono regolari, ha depositato atto di desistenza, di conseguenza il Tribunale Civile di Milano – Sezione Fallimentare – in data 29 gennaio 2016, ha pronunciato decreto di non luogo a provvedere.

Parimenti, per quanto riguarda il (OMISSIS), si rappresenta che il P.M. di Roma, nell’ambito del procedimento fallimentare presso il locale Tribunale, in data 7 settembre 2016, presentava atto di desistenza, accertando sia il pagamento del Decreto ingiuntivo emesso dalla (OMISSIS) che la regolarita’ dei pagamenti in favore di (OMISSIS) S.P.A..

Si precisa che detta documentazione viene allegata alle predette memorie poiche’ tutta successiva all’udienza tenutasi dinanzi al Tribunale del Riesame di Reggio Calabria in data 7 gennaio 2016, e se ne chiede l’acquisizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso va rigettato.

4. Mette conto premettere che a norma dell’articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione puo’ essere proposto soltanto per violazione di legge per essa intendendosi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. Sez. Un. n. 25932 del 29/5/2008, Rv. 25932). Inoltre, com’e’ noto, il giudizio di rinvio costituisce una ulteriore fase del giudizio di merito, vincolata alla sentenza di annullamento, nei limiti da questa determinati (articolo 623 c.p.p., comma 1, lettera a).

5. Cio’ detto, occorre delimitare l’ambito dello scrutinio demandato all’odierno Collegio.

5.1. Con la sentenza n. 443831 del 14/10/2015 la Terza Sezione di questa Corte ha stabilito che “L’accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto “sotto il profilo della congruita’ degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati cosi’ come esposti, al fine di verificare se essi consentono – in una prospettiva di ragionevole probabilita’ – di sussumere l’ipotesi formulata quella tipica”; “Il controllo non puo’, pertanto, limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilita’ in astratto del fatto indicato dall’accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell’antigiuridicita’ penale del fatto come contestato, tenendo conto, nell’accertamento del “fumus commissi delicti”, degli elementi dedotti dall’accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive”; “L’unica differenza che corre tra giudice cautelare e giudice di merito e’ che il primo non ha poteri di istruzione e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato contestato”; “Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Ha, invero, motivato diffusamente sulla struttura del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, ed in ordine al meccanismo fraudolento, posto in essere dai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), per sottrarre i propri beni alla garanzia patrimoniale nei confronti dei creditori ed in particolare dell’Erario (in ordine al pagamento delle imposte). Ha omesso, invece, di esaminare i rilievi difensivi contenuti nella memoria depositata in udienza, con cui si contestava, con il conforto di copiosa documentazione, l’esistenza del fumus dei reati contestati. Di tali rilievi non vi e’ traccia nella motivazione dell’ordinanza impugnata, ma, in essa, piuttosto si fa riferimento ad una memoria depositata presso la cancelleria del GIP in data 26.01.2015.

5.1. Ne deriva una prima considerazione: il dictum non fa cenno al fumus in relazione al reato ipotizzato sub A) (ex articolo 416 c.p.) bensi’ solo a quello in relazione al reato previsto dalla L. n. 74 del 2000, articolo 11 (ipotizzato al capo B). Conseguentemente l’odierno vaglio non potra’ che soffermarsi su tale ultimo punto e nei limiti del giudizio di legittimita’ in ordine al rispetto dei vincoli derivanti al Giudice del rinvio dalla sentenza di annullamento.

6. Per una trattazione consequenziale occorre vagliare congiuntamente i motivi del ricorso poiche’ logicamente avvinti.

7. A tal fine, osserva il Collegio che la norma di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 78 del 2010, articolo 29, comma 4, descrive il fatto tipico rappresentato dall’alienazione simulata o da altri atti fraudolenti compiuti al fine di occultare i propri beni e, dunque, idonei a rendere del tutto inefficace la procedura di riscossione coattiva da parte dell’Amministrazione finanziaria. La norma non contiene alcun riferimento al momento nel quale devono intervenire gli atti dispositivi fraudolenti. Ai fini della integrazione della detta fattispecie incriminatrice basta unicamente che la condotta risulti idonea a rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione coattiva, idoneita’ da apprezzare, in base ai principi, con giudizio ex ante e non anche per l’effettiva verificazione di tale evento (cfr. sez. 3, n. 39079 del 09/04/2013).

7.1. Il reato in questione si configura, dunque, come reato di pericolo e non gia’ come reato di danno, non essendo piu’ richiesto l’effetto di vanificare realmente la procedura di riscossione coattiva, ma essendo sufficiente solo la idoneita’ della condotta fraudolenta a raggiungere questo effetto.

7.2. Cio’ premesso, come gia’ rappresentato, questa Corte, nella sentenza di annullamento con rinvio, aveva invitato il tribunale de libertate a procedere a puntuale verifica in punto di motivazione circa le ragioni esposte nella memoria difensiva, indebitamente trascurate nella primigenia decisione.

A questo compito, diversamente da quanto sostenuto dal Procuratore generale presso questa Corte, il giudicante non si e’ affatto sottratto avendo proceduto ad esaustiva disamina della fattispecie e del ruolo del (OMISSIS), nei termini di cui si e’ detto, valorizzando, soprattutto, per corrispondere anche alle istanze difensive, gli esiti dell’informativa del GICO, descrittive, in coincidenza con l’esposizione debitoria della (OMISSIS) s.a.s., del meccanismo fraudolento (per vero, gia’ considerato nella prima ordinanza di questa Corte) utilizzato per il trasferimento dei beni ad altre societa’, comunque ricollegabili ai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), dotate di autonomia patrimoniale perfetta.

Cio’ detto, il Tribunale, con apprezzamento di fatto certamente incensurabile, ha ritenuto di confermare il provvedimento gravato.

E’ evidente che il ragionamento sviluppato dal Tribunale e’ esente da censure in questa sede, non essendo violativo del dictum della sentenza di annullamento, ma anzi “integrativo” rispetto alle primigenie carenze motivazionali che avevano condotto all’annullamento con rinvio.

Del resto, non va dimenticato che il giudice di rinvio e’ vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimita’ ovvero integrando e completando quelle gia’ svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Cio’ in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova (v, da ultimo, Sezione 2, 25 settembre 2013, Mazzoni, rv. 257490).

Ne’, qui, vertendosi in materia cautelare reale e’ possibile procedere ad alcun sindacato sulla motivazione, che implicherebbe tra l’altro accertamenti di fatto interclusi al giudice di legittimita’.

Va, infatti, tenuto presente che secondo il combinato disposto degli articoli 324, 325 e 355 c.p.p., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal giudice del riesame in tema di sequestro preventivo (o probatorio) e’ proponibile solo per violazione di legge, non anche per difetto o illogicita’ di motivazione (ex pluribus, da ultimo, sezione 6, 10 gennaio 2013, n. 6589, Gabriele).

Non risulta violato – nei limiti in cui il tema puo’ essere qui affrontato – il principio della corrispondenza tra la misura del provvedimento cautelare e il profitto indebitamente conseguito avendo il giudicante affrontata la questione, attestando della mancata estinzione del debito verso l’Erario.

Parimenti, l’acclarato svuotamento dei beni sociali – nei limiti in cui qui puo’ essere parimenti considerato – accredita di un provvedimento cautelare esteso ai beni personali dell’amministratore che e’ in linea con i principi di recente puntualizzati dalle Sezioni unite di questa Corte (Sezioni unite, 30 gennaio 2014, Gubert), ove si consideri il rilievo attribuito – in termini qui incensurabili – al depauperamento dei beni sociali: ricorre in sostanza quella impossibilita’ – anche in ipotesi transitoria – del sequestro diretto del profitto del reato sul patrimonio societario, che consente il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi.

7.3 Le memorie difensive, cui si e’ fatto cenno nella parte narrativa, afferenti a motivi nuovi in effetti, fferiscono a motivi nuovi ma sono mirate a rafforzare, con il richiamo ed al deposito di ulteriore documentazione (provvedimenti di desistenza dell’azione fallimentare dei P.M. di Milano e di Roma), le ragioni poste a base del ricorso e sviluppate con il primo motivo.

Orbene, il Collegio non puo’ certo ammettere, in questa sede di legittimita’, l’acquisizione di nuova documentazione non prodotta o non potuta produrre innanzi al Tribunale del Riesame, e, per quanto riguarda quella gia’ acquisita al fine di dimostrare la insussistenza dello stato di depauperamento delle societa’ di cui trattasi, che, non sarebbe stata presa in considerazione dal Tribunale, ci si riporta a quanto gia’ in precedenza argomentato ribadendo il principio di diritto secondo cui il reato in questione si configura come reato di pericolo e non gia’ come reato di danno, non essendo piu’ richiesto l’effetto di vanificare realmente la procedura di riscossione coattiva, ma essendo sufficiente solo la idoneita’ della condotta fraudolenta a raggiungere questo effetto, rilevando, e tale e’ una questione di puro fatto che i pagamenti cui si fa riferimento sarebbero avvenuti in epoca successiva all’inizio dell’azione penale.

8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente ex articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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