locazione bis

Suprema Corte di Cassazione,

sezione III

sentenza 7 novembre 2014, n. 23794

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto – rel. Presidente

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13342/2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26/03/2010 R.G.N. 1581/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 
(OMISSIS) aveva convenuto in giudizio la locatrice (OMISSIS), con la quale aveva stipulato un contratto ai sensi del Decreto Legge 11 luglio 1992, n. 333, articolo 11, convertito in Legge 9 agosto 1992, n. 359, e che le aveva intimato disdetta alla prima scadenza ed ottenuto il rilascio per l’allegata necessita’ di adibire l’immobile ad abitazione dei genitori, chiedendone la condanna risarcitoria conseguente alla mancata effettiva destinazione nei termini dichiarati.
Nel contraddittorio delle parti, l’adito tribunale di Palermo aveva rigettato la domanda e tale statuizione era stata confermata dalla corte d’appello del distretto, con la sentenza del 26 marzo 2010 ora impugnata per cassazione, sul rilievo che, pur essendo irrilevante – contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice – che il giudizio di rilascio si rosse concluso con accordo transattivo che non aveva comunque precluso la pretesa risarcitoria ex lege, la parte attrice, sulla quale incombeva il relativo onere, non avesse provato il ratio costitutivo della pretesa e cioe’ la mancata destinazione all’uso dichiarato dalla locatrice in sede di rilascio.
Propone ricorso la (OMISSIS) con un unico motivo, cui resiste con controricorso la (OMISSIS).
 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione alla Legge n. 392 del 1978, articolo 11, Legge n. 431 del 1998, articolo 6, Legge n. 392 del 1978, articoli 29, 31 e 59, nonche’ degli articolo 1176 e 1218 c.c.; censura la sentenza della corte distrettuale laddove ha affermato che “avuto riguardo al dovere di destinare l’immobile al fine per cui era stato ottenuto il rilascio, non si versa in tema di una vera e propria obbligazione contrattuale, in particolare non potendosi sostenere che il conduttore sia creditore di siffatta obbligazione”, rigettando quindi la pretesa della (OMISSIS) in quanto questa non aveva provato il fondamento della domanda.

Il ricorso e’ fondato, siccome erronea e’ l’affermazione in punto di diritto che sorregge la decisione. E’ infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, al quale il collegio, condividendone pienamente le ragioni, ritiene di dover dare continuita’, che: le sanzioni del ripristino del contratto locativo e del risarcimento del danno a favore del conduttore che la Legge n. 392 del 1978, articoli 31 e 60, pongono a carico del locatore, che non abbia tempestivamente adibito l’immobile alluso per il quale ne aveva ottenuto la disponibilita’, non sono connesse ad un criterio di responsabilita’ oggettiva, o secondo una presunzione assoluta di colpa, bensi’ sulla base di una presunzione “iuris tantum”; esse configurano una forma di responsabilita’ per inadempimento inquadrarle nella generale disciplina degli articoli 1170 e 1218 c.c., con la conseguenza che non sono applicabili qualora la tardiva destinazione dell’immobile medesimo sia in concreto giustificata da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso (ex plurimis, Cass. 19 maggio 2011, n. 11014; 14 dicembre 2004, n. 23296; 18 maggio 2000, n. 6462; 14 aprile 1993, n. 4414).

La pacifica collocazione della fattispecie risarcitoria nell’ambito della responsabilita’ contrattuale rende dunque evidente che il relativo criterio di riparto dell’onere della prova debba trovare coerente applicazione anche per la dimostrazione, logicamente correlata, dell’avvenuta effettiva destinazione allo scopo dichiarato e funzionale al rilascio anticipato, la quale a sua volta configura la prestazione dovuta dalla parte obbligata.

La corte d’appello ha invece ritenuto, nei termini indicati, che di una tale prova non potesse farsi carico che al conduttore che agisce in giudizio, erroneamente non individuando in capo al locatore alcun obbligo di natura contrattuale, ma cosi’ violando le regole di cui agli articoli 1218 e 2697 c.c..

La sentenza va dunque cassata con rinvio alla stessa corte d’appello di Palermo che in diversa composizione definira’ la lite, regolando le spese anche del giudizio di legittimita’, alla stregua del seguente principio di diritto: “le sanzioni alternative di ripristino della locazione o di risarcimento del danno previste dalla Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 31, a carico del locatore che abbia ottenuto la disponibilita’ anticipata dell’immobile per una finalita’ non piu’ realizzata (nella specie, di adibirlo ad abitazione di familiari), hanno fondamento contrattuale e incombe dunque sullo stesso locatore l’onere di provare di avere adempiuto all’obbligo corrispondente, ovvero di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili, ai sensi degli articoli 1218 e 2697 c.c.”.

P.Q.M.

 
La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Palermo che, in diversa composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

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