Suprema CORTE DI CASSAZIONE
sezione III
SENTENZA 3 luglio 2014, n.15229
Ritenuto in fatto
Nel (omissis) V.O. ed i genitori S.G. e V.C. (anche nella loro qualità di esercenti la potestà sul minore V.E. ) convenivano in giudizio, avanti al tribunale di Ascoli Piceno, T.R. e la compagnia assicuratrice Lavoro & Sicurtà spa, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni tutti da loro riportati nel gravissimo incidente stradale verificatosi il (omissis) allorquando la prima si trovava, quale trasportata, a bordo dell’autovettura di proprietà, e condotta, dal T. . Gli attori chiedevano altresì che venisse affermata la responsabilità della compagnia assicuratrice per mala gestio, stante l’atteggiamento dilatorio da essa tenuto per anni e, in particolare, la mancata tempestiva ed integrale messa a disposizione, pur nell’evidenza della responsabilità del T. nella causazione del sinistro, del massimale di polizza.
Nella costituzione in giudizio delle parti convenute e previa consulenza tecnica d’ufficio, interveniva la sentenza n. 575/05 con la quale il tribunale di Ascoli Piceno: – dichiarava l’esclusiva responsabilità per il sinistro in capo al T. ; quantificava i danni risarcibili a favore degli attori, al netto degli acconti erogati dall’assicuratore, in Euro 1.385.527,52; – dichiarata la responsabilità per mala gestio della compagnia assicurazione, poneva tale importo a carico solidale del T. e della compagnia fino alla concorrenza di Euro 109.242,04; ed a carico esclusivo del T. per il maggior importo di Euro 1.276.285,48, oltre accessori e spese.
Interposto appello principale dal T. ed appello incidentale dalla compagnia di assicurazione, interveniva la sentenza n. 232 dell’8 giugno 2007 con la quale la corte di appello di Ancona confermava la sentenza del tribunale.
Avverso tale decisione viene proposto ricorso per cassazione dal T. sulla base di due motivi, ai quali resiste con controricorso la Allianz spa (già Riunione Adriatica di Sicurtà spa, già Lavoro & Sicurtà spa). I V. , pure intimati, non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Tanto il ricorrente quanto la società resistente hanno depositato memorie ex art.378 cod.proc.civ..
Motivi della decisione
p.1. Con il primo motivo di ricorso il T. lamenta erronea e contraddittoria motivazione, ex articolo 360, 1^ co.n.5) cod.proc.civ., per aver la corte di appello confermato la decisione con la quale il tribunale l’aveva condannato – lui soltanto – al risarcimento a favore degli attori del danno complessivo di Euro 1.276.285,48; nonostante che – avendo anch’egli proposto domanda per mala gestio nei confronti della compagnia assicuratrice, ed essendo stata tale domanda accolta – l’intero importo in questione dovesse essere posto a carico unicamente di quest’ultima.
Con il secondo motivo di ricorso il T. deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, 1^ co., n. 3) cpc, con riferimento all’articolo 2043 cod.civ., dal momento che l’aver posto a suo esclusivo carico il pagamento del suddetto importo di Euro 1.276.285,48 concretava per lui un danno ingiusto che la compagnia di assicurazione gli doveva risarcire in forza del principio generale di cui all’articolo 2043 cit..
p.2 Il primo motivo di ricorso è fondato; ed il suo accoglimento, nei termini che seguono, comporta l’assorbimento del secondo.
È innanzitutto fuor di dubbio che il T. avesse formulato una specifica domanda di mala gestio (c.d. “propria”) nei confronti dell’impresa assicuratrice; con ciò uniformandosi all’orientamento di legittimità secondo cui tale domanda, a differenza di quella di mala gestio “impropria” che il danneggiato può proporre anche implicitamente nell’ambito della richiesta volta a far valere la responsabilità dell’assicuratore per l’integrale risarcimento del danno, deve dall’assicurato essere avanzata in maniera formale ed esplicita (Cass. n. 15397 del 28/06/2010; n.18649 del 12/09/2011 ed altre). Dell’avvenuto assolvimento di tale onere il tribunale aveva dato puntualmente conto (sent. di primo grado, pag.23) anche nel rigettare l’eccezione di tardività della domanda in questione opposta dalla società assicuratrice. Statuizione, quest’ultima, che venne fatta oggetto da parte della società assicuratrice di un motivo di appello incidentale “in rito” disatteso dalla corte di appello (in una con l’eccezione di prescrizione, pure opposta dalla compagnia con pronuncia ormai definitiva, perché non impugnata in questa sede.
Va poi osservato che il primo giudice non si era limitato ad affermare la rituale introduzione in giudizio della domanda del convenuto T. nei confronti del suo assicuratore, ma l’aveva anche ritenuta, almeno in linea di principio, fondata. Ciò è quanto univocamente si evince dai passaggi motivazionali con i quali il tribunale rimarcava la responsabilità dell’impresa assicuratrice la quale, a fronte dell’evidenza ab initio della dinamica del sinistro e della colpa esclusiva del T. nella sua causazione, aveva negligentemente omesso di mettere ‘immediatamente a disposizione della danneggiata l’intero massimale di polizza, indicato in lire 700 milioni dell’epoca’ (sent.cit., pag.26). Negligenza di cui essa assicuratrice doveva rispondere – nella corretta applicazione dei richiamati principi di creazione giurisprudenziale sulla duplice valenza della mala gestio (in rapporto tanto al danneggiato quanto al danneggiante) – sia nei confronti degli attori ‘…che nei confronti del proprio assicurato T.R. ‘ (ivi, pag.27).
Orbene, su tali pacifiche premesse, la corte anconetana ha errato nella parte in cui, confermando integralmente la sentenza del primo giudice, non ha dato ragione del fatto che questi – pur dopo essersi convinto, come si è anticipato, della ritualità e fondatezza della domanda di mala gestio del convenuto – non aveva poi conseguenzialmente disposto alcunché su di essa. Essendo infatti il tribunale limitato, in punto responsabilità dell’assicuratore per ritardata messa a disposizione del massimale, a stabilire quanto quest’ultimo doveva a tale titolo corrispondere ultramassimale a favore dei danneggiati (Euro 109.242,04), non anche a favore del danneggiante.
Il punto “critico” della motivazione di appello si rinviene là dove (sent.pag.6) la corte territoriale si limita a riportare testualmente le parole del tribunale sulla determinazione del danno da mala gestio dell’assicuratore, senza rilevare che il ragionamento del primo giudice non poteva che riguardare esclusivamente la responsabilità di quest’ultimo nei confronti degli attori danneggiati, rimanendo per il resto ancora tutti da sondare gli effetti di tale responsabilità nei confronti del convenuto danneggiante. Sicché l’affermazione riportata dalla corte di appello immediatamente dopo la trasposizione letterale del ragionamento del primo giudice – secondo cui: ‘questa Corte condivide interamente tale argomentazione, per cui l’appello sul punto va respinto’ – non poteva dare esauriente risposta allo specifico motivo di appello proposto dal T. sull’aspetto specifico. Motivo con il quale questi lamentava (così come descritto dalla stessa corte territoriale: pag. 5) ‘che il primo giudice, dopo aver correttamente dichiarato che l’assicurazione era responsabile di mala gestio nei suoi confronti, lo condannava al risarcimento del danno in favore dei danneggiati per l’importo di Euro 1.276.285,48 nel mentre, di tale somma, doveva rispondere esclusivamente la sua compagnia di assicurazione’.
In effetti, il motivo di appello del T. era inequivoco nel sottoporre a censura (v. atto di citazione in appello 22 ottobre 2005, liberamente attingibile in questa sede in quanto attinente a mero fatto processuale) ‘l’incongruenza tra le chiare e convinte asserzioni del primo giudice nella parte motiva della sentenza e la condanna di T. in proprio verso i danneggiati, senza liberarlo peraltro da questo pregiudizio, da imputare a carico dell’assicurazione per riconosciuta mala gestio della lite’. Giacché non era dato logicamente comprendere come il tribunale, dopo aver dato atto della ritualità e fondatezza della sua domanda di responsabilità dell’assicuratore, non avesse poi ‘applicato le conseguenze della mala gestio, dopo averlo fatto a favore dei danneggiati, anche a favore del danneggiante-assicurato, come è ormai jus receptum sia nella giurisprudenza di merito, sia soprattutto in quella della S.C. (…)’. Nella formulazione del motivo di appello il T. lamentava specificamente il fatto di essere stato condannato, contrariamente non soltanto all’univoco indirizzo della giurisprudenza, ma anche alle stesse ‘statuizioni di cui in sentenza’, a risarcire in proprio i danni residui dovuti agli attori (per il suddetto importo di Euro 1.276.285,48), ‘senza che contemporaneamente fosse esplicitato che egli da tale ulteriore esborso dovesse essere tenuto indenne dalla sua assicurazione per responsabilità contrattuale, avendo la medesima mal gestito il sinistro e per di più con evidente mala fede nel pagamento dell’indennità ai danneggiati’.
La censura – puntuale – trovava radice nella riproposizione in appello della domanda con la quale il T. chiedeva che la corte, in riforma della sentenza del tribunale, stabilisse ‘che la Lavoro & Sicurtà debba tenere indenne l’appellante-assicurato del maggior danno a lui attribuito dal primo giudice in favore degli attori (…)’.
Non può dirsi che la corte di appello abbia affrontato negli esatti termini tale doglianza, posto che quanto da essa affermato (sent. pag. 5) – in ordine al fatto che, accertata e dichiarata la mala gestio dell’assicurazione, il danneggiato avrebbe titolo per ottenere da quest’ultima non già il risarcimento integrale del danno subito, ma soltanto “la rivalutazione del massimale di polizza” oltre agli interessi per il colpevole ritardo nella messa a sua disposizione del massimale stesso – nulla dice in ordine al diverso problema (quello posto dal T. ) dei diritti che l’accertata mala gestio aveva prodotto nella sfera patrimoniale non già del danneggiato, ma del danneggiante stesso. Di per sé almeno potenzialmente estesi – ben oltre il limite, valevole per il danneggiato, rappresentato dai meri oneri finanziari di rivalutazione ed interessi sul massimale non tempestivamente corrisposto – anche alla rifusione dell’intero risarcimento posto a carico del danneggiante assicurato.
In definitiva è dato qui riscontrare un duplice vuoto decisionale: – una prima volta da parte del tribunale, che dall’accertamento della responsabilità per mala gestio dell’assicuratore non ha poi fatto logicamente discendere alcuna statuizione sugli effetti di tale accertamento nel rapporto con l’assicurato; – una seconda volta da parte della corte di appello che, pur a fronte della formulazione di uno specifico motivo di gravame su questa lacuna, non ha stabilito nemmeno essa alcunché sulla sorte del danneggiante in regime di mala gestio dell’assicuratore, limitandosi a recepire un ragionamento del tribunale pertinente al diverso problema della sorte del danneggiato.
Da parte della corte territoriale, dunque, ha fatto difetto un comprovato vaglio critico del motivo di appello che evidenziasse il diverso regime giuridico delle due ipotesi e che, in particolare, si soffermasse sull’”an” e sul “quantum” del diritto del T. ad essere tenuto indenne dal proprio assicuratore inadempiente di quanto da lui dovuto a titolo risarcitorio ai danneggiati.
Sicché il motivo di ricorso per cassazione qui in esame, ancorché rubricato ex articolo 360, 1^ co. n. 5) cpc per erronea e contraddittoria motivazione, deve più opportunamente trovare riqualificazione – il che appare nella specie certamente conforme alla volontà sostanziale della parte senza travisare i “fatti costitutivi” sui quali essa ha articolato la doglianza di legittimità – con riguardo al vizio di vera e propria omessa pronuncia ex articolo 360, 1^ co. n. 4) cit..
p.3. Vi è da chiedersi se l’omissione di pronuncia possa essere stata soltanto apparente, nel senso che ci si troverebbe in realtà di fronte ad una decisione non mancante ma implicita, con la quale il tribunale prima, e la corte di appello poi, hanno effettivamente accolto la domanda di mala gestio proposta dal T. , determinandone l’ammontare a favore del danneggiante nello stesso quantum stabilito a favore dei danneggiati (Euro 109.242,04).
Questa diversa lettura della statuizione di merito – che avrebbe in definitiva fatto discendere dal positivo accertamento della responsabilità dell’assicuratore l’accoglimento soltanto parziale della domanda con la quale il T. mirava ad ottenerne la condanna per l’intero ammontare del risarcimento da lui dovuto ai V. – è accreditata dalla società controricorrente; secondo la quale la responsabilità dell’assicuratore, in ipotesi di incapienza del massimale, non potrebbe in nessun caso (come appunto evincibile dal decisum di merito, che sarebbe dunque sostanzialmente corretto) andare oltre il limite degli interessi e del maggior danno da svalutazione monetaria conseguente al ritardo nel pagamento del massimale medesimo, in maniera tale che resterebbe sempre e comunque a carico dell’assicurato il risarcimento del danno ulteriore.
Questa “interpretazione” della sentenza urta tuttavia con il fatto che, se così fosse, il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciare la manleva dell’assicuratore a favore del T. quantomeno con riguardo a tale minor importo. Là dove, nella realtà del processo, nemmeno questo è accaduto perché, in luogo della manleva, è stato stabilito un mero vincolo di solidarietà passiva tra assicuratore ed assicurato, a favore dei danneggiati, fino alla concorrenza della somma in questione; con esplicita condanna del T. , e soltanto di questi, al risarcimento ulteriore.
Anche da questo angolo visuale trova dunque conferma la circostanza che il giudice di merito ha disciplinato la fattispecie di mala gestio dell’assicuratore con attenzione esclusivamente rivolta alla posizione dei danneggiati.
In ogni caso, l’assunto secondo cui la mala gestio dell’assicuratore non potrebbe mai comportare la responsabilità di questi – nei confronti del danneggiante assicurato – per un importo risarcitorio superiore a quello da lui dovuto ai danneggiati (limitato ad interessi e rivalutazione sul massimale tardivamente corrisposto), è anche errato nel suo fondamento giuridico; ed è significativo che, a sostegno di esso, la controricorrente Allianz abbia invocato sentenze di questa corte di legittimità (Cass. n. 21744 dell’11 ottobre 2006; Cass. n. 22883 del 30 ottobre 2007) rese in realtà in fattispecie di maala gestio “impropria”; cioè relativa al rapporto con i danneggiati (al quale soltanto la tesi difensiva in esame si attaglia).
Al contrario, nel rapporto tra assicuratore e danneggiante-assicurato, costituisce ormai jus reception che la mala gestio del primo mutua, rispetto al rapporto con il danneggiato, caratteri di autonomia: sia nella sua causa obbligatoria, sia nei criteri di determinazione del quantum.
Se – nei confronti del danneggiato – l’assicuratore è tenuto responsabile del ritardo nella messa a disposizione del massimale non appena acclarata la responsabilità dell’assicurato, così da risultare a debito, anche oltre il massimale, solo a titolo di interessi ed, eventualmente, di maggior danno ex articolo 1224 secondo comma cod.civ., – nei confronti del danneggiante assicurato – la misura della sua responsabilità non è vincolata ai meri oneri finanziari della mora, concretandosi nell’importo (ultramassimale) corrispondente alla differenza tra quanto il responsabile avrebbe dovuto pagare al danneggiato se l’assicuratore avesse tempestivamente adempiuto le proprie obbligazioni, e quanto invece egli sarà costretto a pagare in conseguenza del ritardato adempimento (Cass. n. 15397 del 28/06/2010).
Anche quando il danneggiante-assicurato fondi la propria domanda di mala gestio non già su fatti pregiudizievoli specifici (riconducibili, ad esempio, alla trascuratezza delle difese processuali ovvero al fallimento di convenienti opportunità transattive), ma sul mero ritardo nel pagamento del massimale, la misura della responsabilità dell’assicuratore nei suoi confronti non trova limite nel massimale; il quale integra in realtà un “tetto” risarcitorio valevole solo nei confronti del terzo danneggiato. In altri termini, nei riguardi dell’assicurato, la responsabilità dell’assicuratore per la mora – pur muovendo necessariamente anch’essa dalla capienza o incapienza iniziale del massimale rispetto al danno cagionato, nonché dal ritardo con il quale esso sia stato liquidato a favore del danneggiato – può sussistere (oltre i suddetti pesi finanziari da ritardo) per l’intero danno risarcibile posto a carico del danneggiante; del quale quest’ultimo dovrà essere tenuto indenne (tra le molte: Cass. n. 1083 del 18/01/2011).
Quest’ultima decisione ha ribadito l’orientamento di legittimità secondo cui: – il colpevole ritardo col quale l’assicuratore abbia soddisfatto il credito del danneggiato integra, nella violazione degli obblighi di buona fede contrattuale (artt. 1175 e 1375 cod.civ.), mala gestio in senso proprio, nei confronti dell’assicurato; – se a causa di tale ritardo il massimale, capiente all’epoca del sinistro, è divenuto insufficiente a coprire l’intero danno per effetto della svalutazione intanto intervenuta durante la mora dell’assicuratore, ‘questi dovrà tenere indenne l’assicurato in misura pari all’intero danno subito dal danneggiato, quale che ne sia l’ammontare’.
Già Cass. n. 10725 dell’8 luglio 2003 aveva chiarito che, in ipotesi di mala gestio “propria”, il limite della responsabilità dell’assicuratore per la violazione, nei confronti dell’assicurato, degli obblighi di buona fede contrattuale va individuato in ‘quanto quest’ultimo si veda costretto a pagare al danneggiato in più di quello che sarebbe stato tenuto a pagare se l’assicuratore si fosse comportato in buona fede nella gestione del rapporto assicurativo, non tralasciando occasione di pagare in tempo il dovuto’; e che, in tal caso, ‘a dover essere risarcito è il danno che il comportamento dell’assicuratore ha causato ali ‘assicurato dal momento in cui ha ingiustificatamente rifiutato di pagare al danneggiato quanto avrebbe potuto e dovuto; danno che l’assicurato dovrebbe bensì provare, ma che di fatto è agevolmente misurabile sulla base degli esiti del giudizio di responsabilità dell’assicurato verso il danneggiato’.
p.4. Orbene, tornando al caso di specie, questi principi di diritto risultano essere stati violati nel momento in cui il giudice di merito ha – da un lato – affermato la mala gestio da ritardo dell’assicuratore (assumendone l’inadempimento nel non aver messo a disposizione del danneggiato l’intero massimale di polizza fin dall’immediatezza del sinistro o, quantomeno, dal decorso dei 60 giorni dalla richiesta ex articolo 22 l. n. 990/69: sent.trib. pag. 25), e ne ha – dall’altro – limitato la condanna al pagamento, a favore del danneggiato, di interessi e rivalutazione sul massimale.
Al contrario, dal fatto costitutivo comune rappresentato dalla mala gestio, il giudice di merito avrebbe dovuto trarre una soluzione articolata (conformemente a quanto gli veniva richiesto dalle parti), partitamente disciplinando le diverse conseguenze dell’inadempimento dell’assicuratore nei riguardi ora del danneggiato, ora del danneggiante.
In ordine a quest’ultimo, in particolare, non potrebbe trovare fondamento alcuno – per le già esposte ragioni di autonomia dei presupposti e degli effetti – l’estensione tout court della responsabilità acclarata in ordine al primo.
Vero è invece che la doverosa adozione del parametro in base al quale, nell’ipotesi di mala gestio “propria”, l’assicuratore inadempiente deve tenere indenne l’assicurato di quanto quest’ultimo sia stato condannato a pagare in più rispetto a quello che avrebbe altrimenti pagato ove l’inadempimento dell’assicuratore non si fosse verificato, avrebbe dovuto indurre il giudice di merito a compiere un’operazione ricostruttiva e di verifica in fatto della vicenda, mediante: – la devalutazione del danno complessivo, ove liquidato in moneta attuale, alla data del sinistro, o comunque alla data nella quale, a detta dello stesso giudice, era divenuta palese la responsabilità del T. e, per ciò soltanto, l’obbligo di intervento dell’assicuratore; l’accertamento di capienza o incapienza iniziale; vale a dire di quanto, della somma corrispondente al danno valutato in allora, sarebbe stato coperto dal massimale (qui indicato in sentenza in 700 milioni di lire); – il calcolo della differenza tra danno e massimale (differenza dalla quale doveva emergere, in relazione all’epoca, la parte di danno eventualmente non coperta dal massimale); – la rivalutazione di tale differenza, così da porre a carico del danneggiante solo quella, in quanto corrispondente all’esposizione debitoria che questi avrebbe patito (in valori di oggi) quand1anche l’assicuratore avesse pagato senza indugio; l’addebito integrale all’assicuratore del maggior danno posto a carico del danneggiante, nell’ipotesi in cui il massimale fosse invece risultato in origine capiente.
Il giudice di merito si è invece limitato – a definitiva conferma del fatto di avere avuto a mente la sola posizione dei danneggiati – a computare gli acconti versati dall’assicuratore, che egli ha rivalutato unitamente al massimale (costituente in realtà debito di valuta); e quindi a stabilire, nell’importo di Euro 109.242,04, il danno subito ‘dagli attori’ (sent.trib.pag.30) a titolo di interessi e rivalutazione sulle somme tardivamente corrisposte.
Ne segue la cassazione della sentenza impugnata mediante l’accoglimento del primo motivo di ricorso e l’assorbimento del secondo.
In sede di rinvio, la corte di appello dovrà pronunciarsi sulla domanda di mala gestio “propria” formulata dal T. nei confronti dell’assicuratore; facendo in ciò applicazione dei principi di diritto testé richiamati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, ritenuto assorbito il secondo;
cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte di appello di Ancona in diversa composizione.
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