Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 28 luglio 2015, n. 15859

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8968/2012 proposto da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difesa per legge;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) sia in proprio che quale madre legale rappresentante il figlio minore (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) la prima sia in proprio e tutti e quattro quali eredi di (OMISSIS), la prima quale coniuge superstite ed i tre germani (OMISSIS) quali figli del decuius, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 231/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/03/2011, R.G.N. 473/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Nell’ottobre ‘92 (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS) convenivano in giudizio (OMISSIS) spa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da loro subiti in occasione dell’incidente stradale del (OMISSIS); allorquando la loro autovettura, condotta dalla (OMISSIS), dopo aver sbandato ed essere uscita di strada sulla SS n. (OMISSIS) nei pressi di (OMISSIS) – a causa del cattivo stato della sede stradale, priva di segnalazione di pericolo e di guard rail, nonche’ ricoperta di acqua e fango – cadeva nella sottostante scarpata.

Nella costituzione in giudizio di (OMISSIS) spa – la quale eccepiva che la responsabilita’ dell’incidente doveva ascriversi non ad un’insidia stradale, ma alla condotta di guida della (OMISSIS), la cui velocita’ eccedente quella massima consentita (30 km/h) aveva fatto si’ che l’autovettura non fosse trattenuta dal terrapieno posto a margine della carreggiata – interveniva la sentenza n. 1332/05 con la quale il tribunale di Catanzaro condannava l'(OMISSIS) al risarcimento dei danni: liquidati in euro 175.072,06 in favore del (OMISSIS), ed in euro 674,05 in favore della (OMISSIS).

Interposto appello da parte di (OMISSIS), veniva emessa sentenza n. 231/11, con la quale la corte di appello di Catanzaro, in parziale accoglimento del gravame, riduceva il quantum risarcitorio a favore del (OMISSIS) nell’importo di euro 150.072,06.

Avverso questa sentenza viene da (OMISSIS) spa proposto un motivo di ricorso per cassazione, al quale resistono con controricorso la (OMISSIS) ed i figli eredi di (OMISSIS), nel frattempo deceduto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) deduce – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omessa ed insufficiente motivazione, in relazione ad un fatto decisivo e controverso del giudizio; in particolare, per avere il giudice di merito omesso di valutare le risultanze probatorie attestanti la velocita’ eccessiva dell’autovettura della (OMISSIS), con conseguente scavalcamento del terrapieno di contenimento. La considerazione di tali risultanze doveva comportare l’esclusione della sua responsabilita’ per l’incidente o, quantomeno, l’affermazione di un concorso di colpa dei danneggiati.

p.2. La censura non puo’ trovare accoglimento.

In linea di principio, va ribadito che anche nell’ipotesi di danno da insidia stradale – qui invocata ex articolo 2043 c.c., ancorche’ quest’ultima fattispecie non esaurisca la responsabilita’ da manutenzione stradale della PA – la valutazione del comportamento del danneggiato e’ in effetti di imprescindibile rilevanza; potendo tale comportamento, se ritenuto colposo, escludere del tutto la responsabilita’ dell’ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada, o quantomeno fondare un concorso di colpa del danneggiato stesso valutabile ex articolo 1227 c.c., comma 1, (in tal senso, tra le altre: Cass. n. 15383 del 06/07/2006; Cass. n. 15375 del 13/07/2011; Cass. n. 999 del 20/01/2014). Ne deriva dunque che, in caso di insidia o trabocchetto stradale, la responsabilita’ colposa di tale ente va certamente riguardata anche nell’eventuale concorso del fatto colposo del danneggiato; elemento, quest’ultimo, che il giudice del merito e’ tenuto a discrezionalmente valutare al fine di ricostruire l’effettiva eziologia del danno e la sua possibile ripartizione tra piu’ parti (Cass. n. 18713 del 16/08/2010).

Non risulta tuttavia che la corte di appello (la cui decisione e’ stata peraltro censurata solo sotto il profilo motivazionale, e non anche della violazione o falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., e delle altre norme di riferimento) si sia discostata da tale principio, laddove essa (nel confermare l’analogo accertamento del primo giudice) ha effettivamente ricostruito, tra gli elementi della fattispecie concreta, anche il comportamento di guida della (OMISSIS); per giungere infine alla conclusione (sent. pag.8-9) della non condivisibilita’ dell’assunto di (OMISSIS), secondo cui “la responsabilita’ esclusiva o quantomeno prevalente dell’accaduto sarebbe da imputare alla imprudente condotta di marcia della (OMISSIS)”.

Sulla scorta di una valutazione logica, lineare e completa delle risultanze istruttorie (sent. pag. 9), la corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova della responsabilita’ esclusiva di (OMISSIS) quanto, in particolare, a: – presenza sul tratto stradale di acqua (proveniente da una fontana limitrofa), con fango e terriccio; – mancanza di segnalazione di pericolo e di protezione tramite guard rail, nonostante l’elevata pericolosita’ di tale tratto stradale, in quanto posto all’uscita di una curva ed in concomitanza con l’apertura di una scarpata di circa 30 mt..

La corte di merito ha altresi’ confutato, in maniera succinta ma sufficientemente chiara, anche il ragionamento opposto da (OMISSIS) (e ribadito pure nella censura di legittimita’ in esame), secondo cui il fatto che l’autovettura della (OMISSIS) non fosse stata trattenuta dal terrapieno di contenimento denoterebbe di per se’ l’elevata velocita’ del mezzo. Ha infatti osservato la corte territoriale, ribaltando sul piano logico tale osservazione, che si trattava di un terrapieno “di scarsa consistenza” (per altezza e materiale di composizione) e come tale “non idoneo ad impedire lo sbandamento ed il precipizio nella scarpata” nemmeno da parte di un’autovettura che procedesse “a moderata velocita’” (sent. pag. 9).

Tale convincimento e’ stato dalla corte di merito tratto da una valutazione complessiva della fattispecie, cosi’ come desumibile dalle risultanze in atti e, in particolare, dalle deposizioni dei testi (ritenuti attendibili e qualificati perche’, pur non avendo assistito all’incidente, erano tuttavia pervenuti sul posto subito dopo l’accaduto), e dall’apparato fotografico sullo stato dei luoghi.

Orbene, il motivo di ricorso per cassazione si limita a sollecitare il sovvertimento di questo convincimento sulla scorta di una diversa e piu’ gradita valutazione delle risultanze probatorie (asseritamente attestante, appunto, il concorso di colpa della (OMISSIS)). Segnatamente, di quelle risultanze (deposizioni testimoniali; verbale di sopralluogo dei Carabinieri di Catanzaro) dalle quali dovrebbe evincersi, al contrario, che sul punto dell’incidente esisteva segnaletica di velocita’ massima 30 Km/h, e che l’osservanza di tale velocita’ massima avrebbe di per se’ determinato il trattenimento dell’autovettura da parte del terrapieno.

Senonche’, la corte di appello – come detto – ha dato conto di questi due elementi con una motivazione del tutto congrua, giungendo ad una opposta – e qui non sindacabile – valutazione in fatto.

E’ principio consolidato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensi’ la sola facolta’ di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (ex multis, Cass. n. 8718 del 27/04/2005). Si e’ inoltre stabilito (Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013; Cass. n. 12799 del 6/6/2014) che la motivazione omessa o insufficiente e’ configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento; non gia’ quando vi sia difformita’ rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati; risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.

E che si verta, nella specie, proprio di una siffatta ed inammissibile istanza di revisione nel merito, e’ reso evidente dalla pedissequa riproposizione in ricorso del testimoniale e di talune produzioni documentali, oltre che da quanto dichiarato dalla stessa parte ricorrente a sintesi della propria doglianza (ric. pag. 8), secondo cui: “si deve ritenere che attraverso il materiale probatorio a disposizione, operando un semplice ragionamento per presunzioni, la corte avrebbe potuto concludere nel senso di ritenere la condotta di guida concorrente nella determinazione dell’incidente”.

Il che – in assenza di vizi logici e di carenze motivazionali – pacificamente esula dal vaglio di legittimita’.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

La Corte – rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

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