Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 27 luglio 2015, n. 15757
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11719/2012 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 3305/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/11/2011 R.G.N. 1374/11;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), premesso di essere proprietari di un immobile sito in (OMISSIS), concesso in comodato precario al figlio (OMISSIS) ed alla di lui moglie (OMISSIS) per destinarlo a casa coniugale, a seguito della separazione coniugale di questi ultimi, agirono per la restituzione dell’immobile da parte della (OMISSIS) e per il risarcimento dei relativi danni.
Il Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Sorrento, accolse la domanda e condanno’ la (OMISSIS) alla restituzione, nonche’ al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.
Con successivo ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano chiesto l’accertamento del valore locativo dell’immobile e la condanna della (OMISSIS) al risarcimento del danno.
Il Tribunale rigetto’ poi la domanda di risarcimento con compensazione delle spese.
Avverso la sentenza proposero appello (OMISSIS) e (OMISSIS) deducendo la illegittimita’ ed erroneita’ della decisione per aver escluso il c.d. danno figurativo, ovvero il danno in re ipsa, in caso di occupazione abusiva di immobile.
La Corte d’appello ha rigettato l’appello e per l’effetto ha confermato la sentenza di primo grado.
Propongono ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) con un unico motivo illustrato da memoria.
Parte intimata non svolge attivita’ difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso i ricorrenti denunciano la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, con riferimento agli articoli 2043 e 2056 c.c., in relazione agli articoli 1223 e 1226 c.c., circa la valutazione e liquidazione del risarcimento del danno, nonche’ in relazione all’articolo 2697 c.c., onere della prova”.
I ricorrenti ritengono erronea la sentenza della Corte d’appello di Napoli nella parte in cui ha rigettato la loro domanda di risarcimento del danno da ritardata restituzione dell’immobile concesso in comodato in quanto asseritamente carente di allegazione e di prova.
A loro avviso l’impugnata sentenza avrebbe dovuto riconoscere esistente l’utilita’ patrimoniale del loro appartamento occupato senza titolo da (OMISSIS) e quindi provvedere alla aestimatio del relativo danno, anche facendo applicazione dei criteri equitativi di liquidazione.
Il motivo e’ fondato.
La sentenza impugnata negava la sussistenza di un danno in re ipsa da occupazione abusiva, richiedendo invece la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio economico conseguente all’impossibilita’ del godimento e dell’utilizzo da parte del titolare.
Dall’altra parte i ricorrenti articolano la propria difesa sulla base del principio di diritto espresso nella sentenza di questa Corte n. 24437/2009 secondo la quale l’occupazione sine titulo e’ di per se’ produttiva di un pregiudizio per il titolare dell’immobile, in quanto ostativa della percezione dei frutti e delle utilita’ della res a causa dell’illecita situazione di fatto determinata dall’occupante.
Il contrasto fra i due indirizzi e’ soltanto apparente perche’, pur affermando Cass. n. 378/2005 che il danno da occupazione abusiva non e’ in re ipsa, essa non si pone in contrasto con il consistente filone di giurisprudenza che ancora oggi afferma che un tale danno si configura.
La massima ufficiale di Cass. n. 378/2005 risulta cosi’ formulata: “Il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato) non puo’ ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l’evento, che e’ viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli articoli 1223 e 2056 c.c., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicche’ il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento e’ tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che puo’ al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti“.
In tal modo la sentenza, assumendo le condivisibili premesse teoriche circa la necessita’ di distinguere il c.d. danno evento da quello conseguenza, successivamente ribadite dalle Sezioni Unite con le quattro sentenza gemelle nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008, ha rimarcato che il danno non puo’ ritenersi in re ipsa nel senso che il danneggiato non puo’ ottenerne il riconoscimento per il solo fatto che vi sia stata l’occupazione abusiva.
La sentenza ha cosi’ sottolineato, proprio nella logica del danno conseguenza, che spetta al danneggiato allegare le situazioni fattuali dimostrative dell’esistenza del danno conseguenza. Ma anche l’orientamento apparentemente opposto non sembra negare tale necessita’, quando allude al ricorso a criteri di normalita’ dell’individuazione dell’uso di cui il titolare del diritto e’ stato privato; cosi’, infatti, si riferisce a danni conseguenza e facendo riferimento a criteri di normalita’ non sembra prescindere dagli oneri di allegazione e prova, questi ultimi pur sulla base di presunzioni.
In realta’, occorre intendersi sulla identificazione del danno evento da occupazione senza titolo: esso e’ certamente rappresentato dall’instaurarsi sul bene di una situazione di godimento diretto dell’occupante, che preclude il godimento diretto del titolare e nel contempo non gli permette di goderlo indirettamente, cioe’ conferendone il godimento, ossia la detenzione, ad altri. E’ questo che si configura come danno evento, cioe’ come lesione della situazione vantata sull’immobile dal titolare.
Altra cosa e’ il danno conseguenza in senso patrimoniale. Esso naturalmente dipende dall’atteggiarsi del godimento del titolare sul bene al momento in cui si verifica l’occupazione e successivamente dal verificarsi di situazioni che, se l’occupazione non esistesse, consentirebbero la fruizione di utilita’ al titolare del bene. Sotto il primo aspetto e’ palese che, per effetto del danno evento da occupazione, diversa e’ la situazione del titolare che godeva direttamente dell’immobile svolgendovi un’attivita’ e che, dunque, vede preclusa la continuazione di tale possibilita’, da quella del titolare che non svolgeva alcuna attivita’ sull’immobile, cioe’ non esercitava un godimento diretto su di esso e nemmeno lo godeva indirettamente, cioe’ riscuotendo un’utilita’ economica da un terzo (ad esempio, un conduttore), ossia frutti civili, oppure soddisfaceva un’esigenza affettiva o amicale (come nel caso di utilizzazione gratuita da parte di un figlio o di un amico).
E’ proprio in relazione all’atteggiarsi del godimento al momento dell’occupazione altrui che, per il suo protrarsi, potra’ emergere o meno un danno conseguenza in relazione all’esistenza o no di una privazione della facolta’ di godimento com’era in atto:
a seconda dei casi si potra’ dare l’esistenza di un danno emergente, come tale suscettibile di valutazione economica secondo le circostanze del caso. Ed il titolare dovra’ allegarlo.
Se invece un godimento diretto non vi era e nemmeno ve n’era uno indiretto fonte di utilita’, come nel caso in cui venga occupato un terreno che il titolare del diritto su di esso si limitava a godere a distanza senza svolgervi alcuna attivita’ e lasciandolo inutilizzato (ad esempio incolto), allora non si configurera’ un danno conseguenza per effetto della privazione. La situazione del godimento del titolare resta, infatti, immutata ed egli non riceve un danno conseguenza per effetto della privazione del godimento com’era. Semmai, non diversamente da come potrebbe riceverlo anche il titolare che goda direttamente del bene, in questo caso, si potra’ verificare un danno derivante dalla impossibilita’ di realizzare una modalita’ di godimento diretto che era stata programmata prima del’occupazione (come se si era divisato di realizzare una certa attivita’ sul bene) o una modalita’ di godimento indiretto che si presenti (come nel caso in cui un terzo formuli un’offerta locativa, che non possa essere soddisfatta per l’occupazione del bene): in tali casi si trattera’ di danno da lucro cessante e parimenti la situazione determinativa del danno andra’ allegata e dimostrata.
La stessa Cass. n. 378 del 2005 adombra anche in motivazione naturaliter l’uso di presunzioni proprio nei sensi indicati.
Nel caso in esame l’esistenza di un contratto di comodato precario fra (OMISSIS) e (OMISSIS), da una parte, e (OMISSIS), dall’altra, aveva ad oggetto una mansarda. Tale bene, illecitamente detenuto dalla (OMISSIS), ha natura fruttifera, tanto che la stessa occupante senza titolo ha ammesso che sul mercato immobiliare un bene simile era reperibile ad un canone mensile di circa euro 800,00 – euro 1.200,00.
La Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscere esistente l’utilita’ patrimoniale dell’appartamento dei ricorrenti, occupato senza titolo dalla (OMISSIS) e, quindi, provvedere alla aestimatio del relativo danno, se del caso facendo applicazione di criteri equitativi di liquidazione, come potrebbe essere l’individuazione del corrispettivo della locazione dell’immobile da parte del proprietario a terzi con permanenza del suo godimento diretto nell’immobile congiuntamente a quello del conduttore.
Invero, il carattere abusivo dell’occupazione, quando determina la privazione del godimento diretto in essere o di quello che e’ certo vi sarebbe stato ed e’ stato precluso, risolvendosi nella perdita di un’utilitas, e’ stimabile economicamente e puo’ essere commisurata a quanto si sarebbe potuto lucrare attraverso la concessione a titolo oneroso del godimento del bene.
Solo in caso di mancanza di godimento diretto e di dimostrazione di impossibilita’ di realizzazione di un progetto di godimento diretto a causa dell’occupazione, questo criterio di liquidazione non e’ possibile; ma non lo e’ perche’ la situazione di danno emergente in questo caso non esiste. Semmai, se si dimostri che alcuno avrebbe preso in locazione l’immobile e che, dunque, e’ rimasto precluso un utilizzo indiretto, si potra’ dare un danno da lucro cessante.
La sentenza impugnata dev’essere dunque cassata ed il giudice di rinvio decidera’ applicando i principi appena indicati.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
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