Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 24 febbraio 2015, n. 3596

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio – Presidente

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15413/2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINO VIA A. (OMISSIS) – (OMISSIS) in persona dell’amministratore p.t. Ing. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 403/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/02/2011, R.G.N. 2868/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/2014 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) agi’ in giudizio per sentir accertare l’equo canone relativo all’appartamento ad cessa locato dal Condominio di (OMISSIS) e per ottenere la restituzione di quanto pagato in eccesso rispetto al dovuto e di quanto versato a titolo di spese straordinarie.

Il Condominio si costitui’ contestando le domande e chiedendo – in via riconvenzionale – la risoluzione del contratto a seguito del mancato pagamento del canone dal febbraio 2004 al giugno 2007.

Il Tribunale di Roma condanno’ il Condominio a restituire quanto percepito a titolo di spese straordinarie, previa detrazione dei canoni non versati dalla (OMISSIS) – dichiaro’ – inoltre – la risoluzione del contratto e condanno’ la conduttrice al rilascio dell’immobile.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma – che ha confermato quella di primo grado – ricorre per cassazione la (OMISSIS), affidandosi a sei motivi illustrati da memoria; resiste, a mezzo di controricorso, il Condominio intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte di Appello ha confermato la pronuncia di risoluzione del contratto, ritenendo che la conduttrice non potesse sospendere il pagamento del canone in costanza di godimento dell’immobile; quanto al canone applicabile, ha aderito all’impostazione del primo giudice, secondo cui “l’equo canone, con riguardo ai contratti transitati nel regime della Legge n. 431 del 1998, ai sensi dell’articolo 2, u.c., della medesima, in relazione al successivo articolo 14, trova applicazione esclusivamente fino al momento del transito, ossia fino alla prima scadenza del contratto successiva all’entrata in vigore della nuova legge” (al riguardo, argomentando diffusamente il proprio dissenso rispetto al diverso orientamento espresso da Cass. n. 12996/2009).
2. Il primo ed il quinto motivo del ricorso censurano proprio l’affermazione della inapplicabilita’ dell’equo canone per il periodo successivo al transito del contratto nella disciplina della Legge n. 431 del 1998 e deducono – rispettivamente – “violazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 79, in combinato disposto con la Legge n. 431 del 1998, articolo 2, comma 6 e articolo 14 e dell’articolo 1597 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5” e “contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”: la ricorrente richiama il contrario orientamento espresso da Cass. n. 12996/2009 ed evidenzia la “contraddittorieta’ dell’enunciato” del giudice di appello laddove afferma che i contraenti “hanno voluto rimettersi a quanto previsto dalla norma sulla rinnovazione tacita ex articolo 1597 c.c.” e, “al contempo, esclude che quegli stessi contraenti abbiano voluto rimettersi alla stessa norma” laddove “prevede che il contratto tacitamente rinnovato … e’ sottoposto alle stesse condizioni del precedente”.
2.1. I motivi sono fondati, alla luce dei principi espressi da Cass. n. 12996/2009, secondo cui, “nel caso di pendenza, alla data di entrata in vigore della Legge n. 431 del 1988, di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello ed. equo da determinarsi ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articolo 12 e segg., qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi della Legge n. 431 del 1998, articolo 2, comma 6, il conduttore – in difetto di una norma che disponga l’abrogazione dell’articolo 79 della menzionata Legge n. 392 del 1978, in via retroattiva o precluda l’esercizio delle azioni dirette a rivendicare la nullita’ di pattuizioni relative ai contratti in corso alla suddetta data – e’ da considerarsi legittimato, in relazione al disposto della medesima Legge n. 431 del 1998, articolo 14, comma 5, ad esercitare l’azione prevista dall1indicato articolo 79 diretta a rivendicare l’applicazione, a decorrere dall’origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza venutasi a verificare successivamente alla stessa data in difetto di idonea disdetta, del canone legale con la sua sostituzione imperativa, ai sensi dell’articolo 1339 c.c., al pregresso canone convenzionale illegittimamente pattuito. Tale sostituzione, in ipotesi di accoglimento dell’azione, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della Legge n. 431 del 1998” (conformi Cass. n. 26802/2013, Cass. n. 24498/2013, Cass. n. 17696/2013).
3. Il secondo motivo (“violazione della Legge n. 431 del 1998, articolo 1, comma 4”) e’ inconferente rispetto alla decisione impugnata, dato che censura un’affermazione – relativa alla rinnovazione tacita dei contratti verbali – che non interessa l’oggetto del presente giudizio, in cui e’ pacifico che il contratto avesse forma scritta.
4. Il terzo motivo (“falsa applicazione dell’articolo 2033 c.c.”) censura la Corte territoriale per avere ritenuto non applicabile la previsione dell’articolo 2033 c.c., pur avendo riconosciuto – cosi’ come aveva fatto il Tribunale il “carattere oggettivamente indebito del pagamento richiesto dal Condominio”.
La doglianza e’ infondata, costituendo – all’evidenza – frutto di un equivoco: e’ pacifico, infatti, che la Corte ha riconosciuto la sussistenza dell’indebito in relazione alle somme riscosse dal Condominio per spese straordinarie (disponendone la compensazione col debito della (OMISSIS)), mentre l’affermazione della non applicabilita’ della regola dell’articolo 2033 c.c., concerne il diverso ambito della ripetibilita’ dei canoni ultralegali (non interessato dalla censura).
5. Il quarto e il sesto motivo (che deducono – rispettivamente – “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1460, in combinato disposto con gli articoli 1575 e 1576 e 1577 c.c.” e “difetto di motivazione”) censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata l’eccezione di inadempimento sollevata dalla conduttrice.
Le doglianze sono infondate alla luce del rilievo della Corte che “nel caso in esame, di inadempimento assoluto dell’obbligazione di far godere la cosa locata non e’ neppur il caso di discorrere, pacifico essendo che la conduttrice ha continuato a vivere nell’immobile locato e altresi’ a servirsi del bagno, quantunque non fatto oggetto ad opera del locatore degli interventi di manutenzione che secondo la stessa sarebbero stati necessari”, rilievo che risulta conforme ai consolidati indirizzi di legittimita’, secondo cui la sospensione totale o parziale del pagamento del canone e’ legittima soltanto quando venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore (ex multis, Cass. n. 8425/2006 e Cass. n. 7772/2004).
Neppure risultano sussistenti vizi di tipo motivazionale, risolvendosi le relative doglianze in mere istanze di inammissibile rivisitazione del fatto.
6. Accolti, pertanto, il primo ed il quinto motivo e rigettati gli altri, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Roma – in diversa composizione – che si atterra’ ai principi di diritto richiamati al punto 2.1 e provvedere anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo ed il quinto motivo, rigettati gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione

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