Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 22 settembre 2015, n. 18632
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17592-2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 12/2012 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il 21/01/2012, R.G.N. 270/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/06/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. (OMISSIS) convenne in giudizio la ex convivente (OMISSIS), chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 170.000,00, versata dal (OMISSIS) quale pagamento di parte del prezzo dell’immobile acquistato dalla stessa in proprieta’ esclusiva.
2. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano (del 21 gennaio 2012), di conferma della decisione emessa dal Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, che aveva accolto la domanda attorea.
(OMISSIS) si difende con controricorso.
La ricorrente deposita memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte di merito ha confermato la statuizione del primo giudice, ritenendo provato l’assunto attoreo del pagamento di parte del prezzo realmente convenuto tra le parti stipulanti – (OMISSIS) e il venditore – previa ritenuta ammissibilita’ della prova per testi ai sensi dell’articolo 2722 c.c., in riferimento a fatti e non a patti e da parte di terzo estraneo al contratto.
Quindi, esclusa la configurabilita’ di un contratto a favore di terzo, ha ritenuto applicabile l’articolo 2041 c.c. in riferimento a prestazione all’interno di un rapporto more uxorio, travalicante i limiti di proporzionalita’ e adeguatezza in considerazione delle condizioni sociali e patrimoniale dei componenti della famiglia di fatto, con conseguente esclusione della possibilita’ di riconduzione nell’alveo delle obbligazioni naturali scaturenti dal rapporto di convivenza.
2. Con il primo motivo di ricorso, unitamente a vizi motivazionali, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2721 e 2722 c.c. per essere il (OMISSIS) parte del contratto, anche riconducendo la fattispecie nell’ambito di una simulazione relativa parziale.
2.1.Il motivo va rigettato. La Corte di merito ha ritenuto accertato l’esistenza di un contratto intervenuto solo tra (OMISSIS) e il venditore, nonche’ il versamento da parte del (OMISSIS) al venditore dell’importo corrispondente alla differenza tra quello risultante dal contratto scritto e quello realmente convenuto, sul presupposto della convivenza more uxorio della acquirente.
Ha ritenuto accertato, quindi, la qualita’ di terzo del (OMISSIS) rispetto al contratto ed ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui “La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’articolo 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto”. (n. 7246 del 2007).
3. Con il secondo motivo, si deduce illogicita’ e contraddittorieta’ di motivazione dei fatti di causa per non aver configurato una simulazione relativa parziale, tesi sviluppata anche nel primo motivo in riferimento al divieto della prova testimoniale, e si richiede la rimessione della causa al primo giudice ex articolo 354 c.p.c., per la necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti del venditore.
3.1. Il motivo e’ inammissibile per la preliminare ragione che esso e’ del tutto nuovo e dedotto per la prima volta in cassazione. Di tale prospettazione non vi e’ traccia nella sentenza impugnata, ne’ la ricorrente deduce, dimostrandolo, che essa ha avuto ingresso nel giudizio di merito.
4. Con il terzo motivo, unitamente a vizi motivazionali, si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2041, 2034 e 1411 c.c..
La parte esplicativa si articola sotto tre profili.
4.1. Il primo e’ in riferimento al contratto a favore di terzo (articolo 1411 c.c.).
La Corte di merito ha escluso la sussistenza del contratto a favore di terzo, che secondo l’allora appellante sarebbe stato stipulato dal (OMISSIS) con il venditore, avrebbe avuto ad oggetto il pagamento di parte del prezzo per l’acquisto dell’immobile gia’ oggetto di separato contratto tra venditore e (OMISSIS), sarebbe stato giustificato dall’interesse del (OMISSIS) consistente nella intenzione di unirsi in matrimonio. In particolare, il giudice di merito ha ritenuto mancante ogni prova in ordine all’accordo tra (OMISSIS) e venditore in favore della (OMISSIS), quale estranea al contratto. La tesi dell’allora appellante, secondo cui il venditore avrebbe stipulato, per lo stesso immobile, un contratto con la (OMISSIS) per un importo (euro 122.500,00) e, all’insaputa della stessa, un contratto con il (OMISSIS) per il prezzo integrativo, secondo la Corte di merito, appare azzardata, oltre che priva di ogni riscontro.
Prima di esaminare questo profilo, all’esito della valutazione delle risultanza istruttorie, il giudice di merito aveva ritenuto provato: che il prezzo convenuto per l’immobile fosse maggiore di quello risultante dal preliminare e dal definitivo (quest’ultimo coincidente con quello pagato dalla (OMISSIS)); che la differenza fosse stata pagata dal (OMISSIS); che la (OMISSIS) fosse a conoscenza del pagamento della differenza da parte del (OMISSIS) (pag. 9-12 sentenza), come risultante anche da un documento (richiamato con il n. 8) sottoscritto dalla (OMISSIS), contenente l’offerta al venditore, per il maggior importo con un contratto informale, per un minor importo con il contratto preliminare e l’atto notarile.
A fronte di tali argomentazioni, la ricorrente si limita a dedurre, confusamente, contraddizioni in cui sarebbe incorsa la Corte di appello tra conoscenza o meno da parte della (OMISSIS) del pagamento fatto dal (OMISSIS), poi aggiunge (in part. pag. 11 del ricorso), che il convincimento della Corte della carenza di prova di un accordo tra il (OMISSIS) e il venditore e’ errato, contraddittorio, irrilevante. E si limita a sostenere che la circostanza che il (OMISSIS) abbia pagato all’insaputa della convivente attribuisce al pagamento la forza di un accordo tra le parti (ndr con il venditore), favorevole alla (OMISSIS).
4.1.1. La genericita’ delle argomentazioni di censura, contrapposta alla ricostruzione fattuale, oltre che in diritto, fatta dal giudice del merito, rende il motivo inammissibile.
4.2. Il secondo profilo di censura, formulato in riferimento alla violazione degli articolo 2041 e 2034 c.c., va rigettato.
Nell’escludere l’esistenza di una obbligazione naturale fondata sulla convivenza more uxorio e ritenere l’applicabilita’ dell’articolo 2041 c.c., la Corte di merito ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimita’.
Da ultimo, e’ stato affermato che “L’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicche’ non e’ dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalita’ o dell’adempimento di un’obbligazione naturale. E’, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalita’ e di adeguatezza”. (Cass. n. 11330 del 2009).
Nella specie, la Corte di appello ha ritenuto che il pagamento di euro 170 mila da parte del (OMISSIS) non potesse ritenersi rientrante nell’ambito della obbligazione naturale nascente dal rapporto di convivenza. E tanto, dopo aver preso in considerazione le condizioni sociali delle parti e aver, con apprezzamento di fatto, valutato la prestazione patrimoniale non proporzionata all’entita’ del patrimonio, in considerazione della pensione (di euro 2.300 circa) del (OMISSIS) e della circostanza che, per poter effettuare il pagamento in questione, il (OMISSIS) aveva venduto titoli e azioni.
La ricorrente, per contro, censura il mancato riconoscimento dell’obbligazione naturale irripetibile fondata sul rapporto di convivenza. Ma, nel sostenere l’adempimento di una obbligazione naturale in ragione delle disponibilita’ economiche del convivente, non supporta i pretesi maggiori redditi del (OMISSIS) e gli svantaggi assunti come subiti da lei stessa (abbandono della originaria citta’ di residenza e del lavoro e vendita della casa nella citta’ di provenienza) per via della scelta di convivenza con trasferimento in altra citta’, con precisi richiami di documentazione e risultanze istruttorie. Si limita a richiamare apoditticamente il diverso importo della pensione del (OMISSIS), le attivita’ lavorative svolte dallo stesso, nonche’ il possesso di altri immobili, ed infine, sempre genericamente, gli elementi emersi nei due gradi di giudizio (pagg. 12/14 ricorso). Ne’ alcun rilievo puo’ avere la deduzione, in memoria, della riconducibilita’ del versamento ad una donazione indiretta, stante il carattere meramente illustrativo che le memorie possono avere.
La censura, pertanto – che presenta profili di inammissibilita’ quanto ai generici richiami alle risultanze istruttorie – e’ infondata per aver fatto il giudicante corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, che il Collegio condivide.
4.3. Nella parte finale del motivo, la ricorrente introduce, in subordine, anche il profilo dell’esistenza di un arricchimento minore.
Invoca l’articolo 2041 c.c. nella parte in cui prevede che l’indennizzo e’ dovuto nei limiti dell’arricchimento.
In effetti, la Corte di merito non ha esaminato tale profilo per individuare l’entita’ dell’indebito arricchimento ed ha fatto coincidere quanto indebitamente percepito dalla (OMISSIS) con quanto versato dal (OMISSIS) per l’acquisto dell’appartamento in argomento.
4.3.1. Tuttavia, la censura e’ inammissibile.
Infatti, innanzitutto, la ricorrente non dimostra, mediante idoneo rinvio e riproduzione degli atti processuali, di aver impugnato la sentenza di primo grado, confermata dal giudice di secondo grado, anche sotto tale profilo, e di aver svolto tali deduzioni anche nel giudizio di primo grado.
Comunque, in totale violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, la ricorrente richiama a supporto una serie di vicende – quali l’aver venduto nel 2003 l’appartamento di proprieta’ nella citta’ di originaria residenza in funzione della convivenza con il (OMISSIS), ricavandone l’importo di 168 mila; l’aver versato 122 mila euro per l’acquisto del nuovo appartamento per cui e’ causa; di aver rivenduto lo stesso nel 2006 a 330 mila euro; di averne contestualmente acquistato un altro al prezzo di 248 mila euro – e deduce che per effetto di questa serie di atti il vantaggio ammonterebbe al massimo a 80 mila euro, quale differenza tra il valore dell’appartamento di proprieta’ venduto e il valore dell’appartamento riacquistato; ma, non offre alla Corte alcuna possibilita’ di controllo ai fini della decisivita’ della censura, limitandosi a un mero richiamo (come documento e) per il primo atto.
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali, liquidate secondo i parametri vigenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in euro 5.800,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
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