Cassazione 10

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 9 ottobre 2015, n.20345

Ritenuto in fatto

M.O., coltivatrice diretta, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Alessandria su ricorso della B.D. e C. s.n.c. per il pagamento della somma di E 23.000,00, a titolo di rivalsa IVA sul prezzo di vendita di una mietitrebbia. A sostegno della domanda, deduceva di aver rilasciato in pagamento del prezzo della macchina cambiali d’importo corrispondente, per E 115.000,00, di poi scontate in banca dalla società veñditrice. Deduceva che, però, quest’ultima non aveva mai provveduto a consegnarle la mietitrebbia, e che ella aveva respinto il documento di trasporto inviatole per posta da detta società, in quanto non firmato da lei. Pertanto, chiedeva la revoca del decreto e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto e la condanna della soc. B. a restituirle le cambiali.
Nel resistere in giudizio la società opposta replicava di aver consegnato la mietitrebbia a G.B., il quale non solo era stato sempre presente insieme con l’O. alle trattative, ma altresì aveva avallato le cambiali.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione e la domanda riconvenzionale (salvo rigettare la domanda di condanna generica al risarcimento del danno pure proposta dalla O.).
Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Torino, che accoglieva l’appello principale della soc. B. (rigettava quello incidentale della O.) e confermava il decreto opposto, ponendo le spese del doppio grado di merito a carico dell’appellata.
Osservava la Corte territoriale che dall’istruzione probatoria svolta nel secondo grado di giudizio era emerso che l’O. si era presentata alla sede della soc. B. accompagnata dal B.; che questi aveva firmato per avallo le cambiali emesse dalla O.; che il B. era stato presente insieme con quest’ultima anche alla stipula del contratto di vendita mediante scrittura privata con autentica notarile; e che egli aveva ricevuto la consegna della macchina e dei relativi documenti. Il B., pertanto, non aveva truffato la O., come la difesa di quest’ultima aveva adombrato, ma al contrario aveva agito quale rappresentante di lei.
Per la cassazione di tale sentenza M.O. propone ricorso, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la B.D. e C. s.n.c.

Motivi della decisione

– Col primo motivo, corredato da quesito di diritto ex art. 366-bis c.pc, applicabile ratione temporis (la sentenza d’appello è stata pubblicata il 6.5.2009), è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1387 e 1392 c.c., in relazione all’ari. 360, n. 3 c.p.c. Posto che in base all’art. 1387 c.c. il potere di rappresentanza deve essere conferito mediante il rilascio di procura, la Corte territoriale ha errato nel qualificare come rappresentante reale il B. senza specificare in cosa sarebbe consistita, nella specie, la procura.

– Il secondo mezzo espone la medesima doglianza, ma sotto il profilo dell’omessa o insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., sul fatto controverso e decisivo dell’esistenza di una procura attributiva al

il potere di rappresentare la O., su cui la sentenza impugnata non ha motivato o ha motivato in maniera insufficiente.

– I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietA, sono infondati.

3.1. – Ai sensi dell’art. 1392 c.c. la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere; a contrario, la procura al compimento di attività contrattuale non solenne non richiede l’osservanza di alcuna forma.

Tali regole, che per effetto del rinvio contenuto nell’art. 1324 c.c. sono applicabili anche ai negozi unilaterali, non operano, invece, per gli atti giuridici in senso stretto o meri atti giuridici (cioè quelli non negoziali), il cui compimento non è in alcun caso soggetto a criteri di validità formale. Lo conferma la giurisprudenza di questa Corte formatasi in materia di costituzione in mora (cfr. Cass. nn. 4347/09, 10090/98, 8711/93 e 6245/87); con la conseguenza che la procura per tali atti ben può risultare da un comportamento univoco e concludente posto in essere anche da un mandatario, idoneo – secondo apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – a rappresentare al terzo che l’atto è compiuto per un altro soggetto, nella cui sfera giuridica è destinato a produrre effetti (cfr. Cass. n. 17157/02).

Poiché all’interno della categoria dei meri atti giuridici va inclusa la ricezione della prestazione, che non esprime una volontarietà direzionata ad effetti giuridici selezionati e selezionabili, la rappresentanza a riceverla, con effetto liberatorio per il solvens ai sensi dell’art. 1188, 1° comma c.c., può risultare anche da una condotta concludente. La quale, a sua volta, è dimostrabile con ogni mezzo, incluse le presunzioni, secondo un apprezzamento di puro fatto che compete al giudice di merito e che si sottrae al sindacato di questa Corte ove sorretto da una motivazione congrua ed esente da vizi di logica-giuridica (secondo il testo dell’art. 360, n. 5 c.p.c. previgente alla modifica di cui al D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12).

3.1.1. – Congruità e logicità ampiamente riscontrabili nel caso in esame, in cui la Corte torinese ha tratto l’esistenza del potere di rappresentanza da parte del B. per facta concludentia, atteso che a) l’O. si era presentata alla sede della soc. B. accompagnata da lui; b) questi, a sua volta, aveva firmato per avallo le cambiali emesse dalla O.; e c) il B. era stato presente insieme con quest’ultima anche alla stipula del contratto di vendita mediante scrittura privata con autentica notarile.

La sentenza impugnata si sottrae, dunque, alle critiche mosse dalla parte ricorrente.

– Nei termini che seguono, il principio di diritto ex art. 384, 1° comma c.p.c.: ‘l’art. 1392 c.c. – secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita nelle forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere – trova applicazione, ai sensi dell’art. 1324 c.c., per gli atti unilaterali negoziali, non anche per gli atti in senso stretto o meri atti giuridici, tra cui la ricezione della prestazione, il cui compimento non soggiace, pertanto, a criteri di validità formale. Ne deriva che la rappresentanza a ricevere l’adempimento dell’obbligazione, con effetto liberatorio per il solvens ai sensi dell’art. 1188, 1° comma c.c., può risultare anche da una condotta concludente, a sua volta dimostrabile con ogni mezzo, incluse le presunzioni, secondo un apprezzamento di puro fatto che compete al giudice di merito e che si sottrae al sindacato di questa Corte ove sorretto da una motivazione congrua ed esente da vizi di logica-giuridica (secondo il testo deit’art. 360, n. 5 c.p.c. previgente alla modifica di cui al D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12)’.

– Il ricorso va pertanto respinto.

– Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in £ 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

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