Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 21 gennaio 2016, n. 1050

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2158/2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1021/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 26/10/2012, R.G.N. 87/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato (OMISSIS); udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2009, (OMISSIS) adi’ il Tribunale di Savona, Sezione Distaccata di Albenga, con ricorso ex articolo 447 bis c.p.c., per ottenere la condanna di (OMISSIS) al risarcimento di cui alla Legge 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 3, commi 3 e 5.

Espose la ricorrente che aveva condotto in locazione un immobile ad uso abitativo di proprieta’ del resistente in forza di contratto stipulato nel 2002 e alla scadenza del primo quadriennio, il locatore aveva instaurato un giudizio per il rilascio dell’immobile, al fine di eseguire nello stesso immobile i lavori di ristrutturazione di cui al permesso di costruire rilasciato dal Comune di (OMISSIS) in data 8/6/2006. Tale giudizio era stato definito con l’accoglimento della domanda attorea e la condanna al rilascio dell’immobile locato entro la data del 31/12/2007.

Ma la (OMISSIS) dopo aver rilasciato l’immobile in data 14/12/2007 era venuta a conoscenza della circostanza che l’immobile in questione era stato occupato da altre persone sin dall’inizio del 2008 senza che i lavori fossero stati eseguiti e che il signor (OMISSIS), dopo aver richiesto una proroga del permesso di costruire, rifiutata dal Comune, non aveva ulteriormente coltivato tale pratica.

Il (OMISSIS) si difese allegando di aver legittimamente esercitato il diritto di diniego del rinnovo del contratto di locazione, avendo ottenuto dal Comune di (OMISSIS) idonea autorizzazione per la ristrutturazione dell’immobile locato ed avendo provveduto a versare gli oneri di urbanizzazione richiesti. Ma che solo a causa dell’infondata opposizione della conduttrice non era stato possibile iniziare i lavori nel termine annuale di efficacia del permesso di costruire. E pertanto le sanzioni previste dalla Legge n. 431 del 1998, articolo 3, non erano applicabili quando, come nella specie, la mancata esecuzione dei lavori non era dovuta a colpa del locatore. In via riconvenzionale, il resistente chiese la condanna della (OMISSIS) al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese sostenute per l’ottenimento del permesso di costruire, al pagamento del canone relativo ai mesi di novembre dicembre 2007, nonche’ al risarcimento dei danni subiti per la perdita del vantaggio economico nascente dal frazionamento dell’immobile.

Il Tribunale di Savona – Sezione Distaccata di Albenga, con la sentenza n. 122/2011, pronunciata ai sensi dell’articolo 281 sexies, nel merito, accolse la domanda risarcitoria della (OMISSIS), rilevando che non costituiva causa esimente dalla responsabilita’ prevista dal Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 5, il fatto che la P.A. non avesse concesso la proroga del permesso di costruire gia’ scaduto poiche’ il (OMISSIS) avrebbe potuto richiedere entro l’anno dal rilascio un nuovo permesso di costruire, benche’ con procedura piu’ onerosa, mentre il resistente non aveva in alcun modo giustificato l’omessa richiesta di un nuovo permesso, ne’ dedotto alcun elemento ostativo al suo rilascio. Condanno’ quindi il signor (OMISSIS) al pagamento della somma di euro 18.592,20, pari a 36 mensilita’ del canone di affitto, oltre rivalutazione ed interessi.

2. La decisione e’ stata riformata dalla Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 1021 del 26 ottobre 2012. A differenza del giudice di prime cure, la Corte ha ritenuto che la mancata realizzazione dell’intervento edilizio nel termine di efficacia del permesso di costruire fosse derivata esclusivamente dalla condotta della conduttrice; che non rilevava la mancata richiesta di un nuovo provvedimento autorizzativo, poiche’ l’intervento edilizio, come riconosciuto dalla sentenza del Tribunale e non contestato da controparte, era divenuto ormai eccessivamente oneroso e quindi antieconomico; che la sanzione derivante dalla mancata destinazione dell’immobile all’uso dichiarato in funzione del rilascio non e’ connessa ad un criterio di responsabilita’ oggettiva, ma si verifica nel caso in cui il locatore non dimostri l’esistenza di ragioni meritevoli di tutela che hanno impedito detto utilizzo; che, nel caso, non era nemmeno ipotizzabile un addebito di colpa nei confronti del locatore per non aver richiesto la proroga del termine di inizio dei lavori anteriormente alla scadenza del termine stesso, attesa la pendenza, in tale periodo, della controversia sul rilascio, della quale non era prevedibile la durata.

3. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione la signora (OMISSIS) sulla base di 3 motivi illustrati da memoria.

3.1. Resiste con controricorso il signor (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto: Legge 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 3, comma 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello, ravvisando nella condotta della conduttrice, che si era opposta in sede giurisdizionale all’esercizio di diniego di rinnovazione alla prima scadenza, la causa della sopravvenuta decadenza del permesso di costruire, avrebbe violato o comunque falsamente applicato la Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 5, che attribuisce al conduttore il diritto al ripristino o al risarcimento anche nel caso di riacquisto della disponibilita’ dell’alloggio a seguito di qualsivoglia procedura giudiziaria.

L’errore della Corte sarebbe reso palese dal richiamo alla giurisprudenza formatasi relativamente alla Legge n. 392 del 1978, articoli 29, 30, 31, 59 e 60, nei quali non era inserito il riferimento al riacquisto dell’immobile da parte del locatore “con procedura giudiziaria”.

Il motivo e’ infondato.

Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la sentenza impugnata non ha affatto escluso l’applicazione della disciplina sanzionatoria prevista dalla Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 5, perche’ il locatore aveva riacquistato l’immobile attraverso una procedura giudiziaria.

La sentenza, invece, ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento sia alla Legge n. 392 del 1978, articolo 31, sia alla Legge n. 431 del 1998, articolo 3, commi 3 e 5, secondo cui le sanzioni previste dalle suddette norme non sono applicabili al locatore qualora la tardiva o la mancata destinazione dell’immobile all’uso dichiarato ai fini del rilascio siano in concreto giustificate da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. 3 , 7 novembre 2014, n. 23794)

E, nella specie, la Corte ha ritenuto, con una motivazione scevra di vizi logico-giuridici, che lo stesso locatore non aveva potuto eseguire i lavori di ristrutturazione (per i quali aveva legittimamente esercitato la facolta’ del diniego del rinnovo) entro il termine previsto nel relativo permesso di costruire per ragioni a lui non imputabili.

Al contrario, il mancato inizio dei lavori era imputabile proprio alla conduttrice, la quale si era opposta al rilascio infondatamente, come era emerso all’esito del relativo giudizio, conclusosi solo dopo che il termine previsto nel permesso di costruire per l’inizio dei lavori era gia’ scaduto.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto: Legge 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 3, comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La motivazione della Corte d’Appello sarebbe fondata sulla violazione o comunque sulla falsa applicazione della Legge n. 431 del 1998, articolo 3, comma 2, la quale prevede che i termini di validita’ del titolo edilizio che e’ condizione di procedibilita’ dell’azione di rilascio decorrono dell’effettiva disponibilita’ a seguito del rilascio dell’immobile.

Pertanto, nel caso di specie, il locatore avrebbe potuto ottenere ex lege, ai sensi del citato articolo, la proroga dei termini di validita’ del permesso di costruire, senza nemmeno dover sostenere un aumento degli oneri di urbanizzazione.

Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Corte d’Appello, la ricorrente avrebbe provveduto a contestare l’asserito incremento di costi conseguenti ad un nuovo provvedimento amministrativo gia’ con la comparsa di costituzione e risposta.

Anche questo motivo e’ infondato.

Non rileva, infatti, la circostanza che, in astratto, secondo l’orientamento della giustizia amministrativa riportato dalla ricorrente, il locatore avrebbe potuto ottenere la proroga del permesso di costruire, senza dover sostenere nuovi oneri di urbanizzazione.

Cio’ che e’ determinante, invece, e’ che tale proroga non sia stata concessa al (OMISSIS) dalla Amministrazione.

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio: mancata richiesta della proroga del termine per l’inizio dei lavori, attesa la controversia sul rilascio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

La motivazione della sentenza impugnata, nella parte in nega l’addebito di colpa nei confronti del locatore per non aver richiesto la proroga del termine di inizio dei lavori anteriormente la scadenza del termine medesimo, sarebbe contraddittoria ed insufficiente, al punto di risultare in una omissione.

Infatti, sarebbe notorio che i lavori debbano essere iniziati entro un anno dal rilascio del permesso costruire e che per richiedere la proroga sia sufficiente consegnare al Comune una documentata istanza prima della scadenza del termine annuale.

Inoltre, sarebbe irrilevante la pendenza della controversia per rilascio dell’alloggio atteso che, come detto nel secondo motivo, il termine di validita’ della concessione dell’autorizzazione e correrebbe dall’effettiva disponibilita’ a seguito del rilascio dell’immobile.

Infine, non sarebbe neppure vero che la durata della controversia non sarebbe stata prevedibile, considerato che il rito locatizio e’ caratterizzato da una particolare celerita’ e che, comunque, la sentenza di primo grado e’ immediatamente esecutiva.

In ogni caso, il locatore non avrebbe fornito alcuna prova in ordine all’esistenza di cause meritevoli di tutela che abbiano impedito l’utilizzo dell’immobile secondo quanto richiesto. Al contrario, sin dal primo grado di giudizio, avrebbe riconosciuto che il comune non aveva concesso la proroga del termine annuale di inizio lavori perche’ la richiesta era stata depositata dopo la scadenza del termine stesso.

Il motivo e’ inammissibile.

La sentenza impugnata e’ stata depositata il 26 ottobre 2012. Pertanto, nel giudizio in esame, trova applicazione, con riguardo ai motivi concernenti la denuncia di vizio di motivazione, l’articolo 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 134 del 2012, applicabile ai ricorsi proposti avverso provvedimenti depositati successivamente alla sua entrata in vigore (11 settembre 2012).

Il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Scompare, invece, nella nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata e, accanto al vizio di omissione (che pur cambia in buona misura d’ambito e di spessore), non sono piu’ menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorieta’.

Al riguardo, si ricorda il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5) “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimita’, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimita’ e’ solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in se’, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 22/09/2014, n. 19881).

Alla luce dell’enunciato principio, risulta che la ricorrente, denunciando il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, non ha rispettato i limiti di deducibilita’ del vizio motivazionale imposti dalla nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 6, n. 5.

5. In considerazione delle alterne vicende dell’esito del giudizio di merito sussistono giusti motivi per compensare le spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

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