SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III
SENTENZA 20 novembre 2012, n. 20322
Ritenuto in fatto
Ai fini che ancora rilevano nel presente giudizio, va solo detto che, nell’ambito di una controversia di risarcimento del danno, promossa (nel 1992) da Ce.Vi. , in esito a un sinistro avvenuto in un cantiere edile, la Corte di appello di Roma:
a) confermata la responsabilità concorrente della CO.GE.P. -assicurata per la responsabilità civile da SAI Spa, poi Fondiaria SAI Spa, chiamata in manleva – e di F.A. , condannava i corresponsabili, in solido, al pagamento del risarcimento in favore del danneggiato;
b) determinata la quota di pagamento addebitata a ciascuno di essi, condannava l’Assicurazione, rispetto alla quale aveva confermato l’operatività della polizza assicurativa e l’accoglimento della domanda di garanzia, a tenere indenne la CO.GE.P nei limiti della quota ad essa addebitarle;
c) condannava la CO.GE.P e il F. , in solido, alla rifusione al danneggiato della spese processuali di secondo grado (sentenza del 13 marzo 2007).
2. Avverso la suddetta sentenza, la CO.GE.P ricorre per cassazione con unico motivo.
La Fondiaria resiste con controricorso, esplicato da memoria. Gli altri intimati non svolgono difese.
Motivi della decisione
1. La sentenza impugnata ha rigettato l’appello della CO.GE.P – che aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui condannava l’Assicurazione a manlevarla nei limiti della sua quota di responsabilità e non in relazione alla responsabilità solidale per l’intero danno – ritenendo che “stabilita nella sentenza…la quota di responsabilità della società, con diritto della stessa al regresso contro ciascuno degli altri obbligati in solido, l’accoglimento della tesi dell’appellante potrebbe determinare un ingiusto arricchimento qualora si ritenesse la compagnia assicuratrice tenuta a manlevarla dell’intero danno in base all’affermazione della sua responsabilità solidale a norma dell’art. 2055 cod. civ.”.
2. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 1917, 2055, 1203 e 1916, la falsa applicazione dell’art. 2041, cod. civ., nonché insufficiente e illogica motivazione. Sotto un primo profilo, si deduce la violazione dell’art. 1917 cod. civ., per non avere la Corte condannato l’Assicurazione a tenere indenne la Società assicurata dalle spese di lite di secondo grado, da rifondere in favore del danneggiato, le quali, in quanto accessorio del danno risarcibile, rientrerebbero nell’oggetto di garanzia assicurativa; così censurando il dispositivo nella parte in cui condanna la Sai a tenere indenne la società assicurata solo nei limiti della quota, senza alcun riferimento alle spese processuali per le quali è disposta solo la condanna in solido dei corresponsabili, tra i quali l’assicurato. Sotto un secondo profilo, secondo la ricorrente, dagli artt. 1917 e 2055 cod. civ. deriva che, nel caso di più soggetti obbligati in solido al risarcimento ex art. 2055 (per l’unicità del fatto dannoso) e, quindi, ciascuno per l’intero, l’assicuratore di uno dei coobbligati è tenuto a manlevare il proprio assicurato per l’intero dell’obbligazione risarcitoria, la quale, costituendo la misura dell’esposizione dell’assicurato nei confronti del danneggiato, rappresenta la diminuzione patrimoniale che il contratto di assicurazione è finalizzato ad indennizzare. In sostanza, dalla causa del contratto di assicurazione della responsabilità civile, consistente nel tenere indenne il patrimonio dell’assicurato dalle conseguenze che derivano dall’esperimento in suo danno dell’azione risarcitoria, deriverebbe che l’obbligazione indennitaria dell’assicurazione è conformata sull’obbligazione dell’assicurato, che è un’obbligazione solidale ex art. 2055 cod. civ. La ricorrente, poi, al fine di criticare l’argomentazione della Corte di merito – che ha individuato nella possibilità di un “ingiusto arricchimento, stante l’azione di regresso in capo al debitore in solido che ha pagato l’intero debito” un ostacolo alla sostenibilità della tesi della società della estensione della manleva all’intero danno subito dal danneggiato – deduce la falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ., la violazione degli artt. 1916 e/o 1203 cod. civ., l’insufficienza e l’illogicità della motivazione. In particolare, secondo la ricorrente, l’attribuzione patrimoniale dell’intero troverebbe giustificazione nella causa del contratto di assicurazione, con conseguente esclusione dell’indebito arricchimento; comunque, lo stesso sarebbe scongiurato dalla surrogazione dell’Assicurazione, che abbia pagato l’intero e abbia manifestato la volontà surrogatoria, net diritto di regresso dell’assicurato, ai sensi dell’art. 1916 cod. civ. e/o dell’art. 1203, n. 3 cod. civ., del quale il primo costituisce una specificazione.
Infine, stante il carattere ipotetico dell’indebito arricchimento, la motivazione sarebbe, sotto tale profilo illogica e insufficiente.
2.1. Il ricorso merita accoglimento.
3. La questione all’attenzione della Corte concerne, in riferimento al contratto di assicurazione della responsabilità civile, l’estensione dell’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, quando questi sia obbligato in solido con altro soggetto non assicurato e, quindi, sulla base della solidarietà passiva, sia tenuto, a richiesta del danneggiato, a pagare l’intero, salvo il successivo regresso nei confronti del coobbligato.
3.1. Rispetto alle spese processuali va preliminarmente chiarito che rilevano quelle al cui pagamento l’assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso. Spese che – distinte da quelle sopportate dall’assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato regolate dal terzo comma del medesimo articolo – costituiscono, secondo la giurisprudenza costante della Corte, un accessorio dell’obbligazione risarcitoria, ai sensi dell’art. 1917 cod. civ., e gravano sull’assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza (tra le tante, Cass. 15 marzo 2004, n. 5242).
3.2. Pertanto, la questione si pone negli stessi termini: sia in riferimento alle spese processuali al cui pagamento, in favore del danneggiato vittorioso, l’assicurato venga condannato, in solido con il corresponsabile non assicurato; sia in riferimento al risarcimento del danno al cui pagamento, in favore del danneggiato, l’assicurato venga condannato in solido con il corresponsabile non assicurato, ferme restando le diverse quote rispetto alla misura della responsabilità dei corresponsabili.
4. Sulla questione, la Corte si è di recente pronunciata, affermando il seguente principio di diritto “In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l’assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell’assicurato operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma si estende potenzialmente a tutto quanto l’assicurato deve pagare a! terzo danneggiato nei limiti del massimale, atteso che una diversa interpretazione contrasterebbe con il tenore letterale dell’art. 1917 cod. civ. e priverebbe di concreta tutela l’assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest’ultimo sia insolvibile o di difficile solvibilità.” (Cass. 31 maggio 2012, n. 8686).
4.1. Il Collegio condivide tale orientamento, fondato sulle essenziali argomentazioni che seguono.
a) È evidente la violazione dell’art. 1917 cod. civ., secondo cui nell’assicurazione della responsabilità civile “l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi (…) deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto”.
b) La limitazione della garanzia assicurativa alla quota di responsabilità priverebbe di concreta tutela l’assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest’ultimo sia insolvibile o di difficile solvibilità.
c) L’istituto della surrogazione dell’assicuratore, di cui all’art. 1916 c.c., consente alla società assicuratrice di rivalersi sul corresponsabile non assicurato, esercitando il diritto di regresso dell’assicurato ex art. 1299 o art. 2055 c.c. (cfr. Cass. 14 giugno 1999, n. 5883).
4.2. Attesa la novità della questione, affrontata espressamente dalla Corte solo di recente e, in considerazione delle argomentazioni delle parti nel presente processo, il Collegio ritiene opportuno un approfondimento, che approderà a conclusioni parzialmente differenti in riferimento alla surroga dell’assicuratore.
5. Sembra, innanzitutto, necessaria una distinzione tra il profilo centrale, propriamente attinente alla causa in argomento, sulla estensione dell’obbligo indennitario in presenza di domanda di garanzia, e il profilo collegato della surroga dell’assicuratore nell’azione di regresso dell’assicurato, il quale, presupponendo l’adempimento della obbligazione esistente tra assicuratore e assicurato, si configura come logicamente distinto, oltre che dipendente dal come tale adempimento si attuerà, a seconda delle scelte diverse e legittime dei diversi soggetti coinvolti, ivi compreso il danneggiato.
Solo il primo è direttamente rilevante nella presente controversia (e lo era in quella decisa nella recente decisione richiamata); il secondo rileva solo indirettamente, al fine dell’inserimento della decisione nel sistema normativo e della verifica astratta della sua coerenza rispetto allo stesso.
5.1. Quanto al profilo centrale della questione all’attenzione della Corte, ritiene il Collegio che l’estensione dell’obbligo indennitario dell’assicuratore all’intero importo dell’obbligazione solidale dell’assicurato derivi direttamente dalla funzione del contratto di assicurazione, come oggettivata nella lettera dell’art. 1917 cod. civ..
Il contratto di assicurazione della responsabilità civile, nell’ambito delle assicurazioni contro il danno al patrimonio, svolge la funzione di liberare il patrimonio dell’assicurato dall’obbligazione di risarcimento; con la conseguenza che l’assicuratore risponde delle somme che l’assicurato è tenuto a corrispondere, quale responsabile ai sensi di legge, al terzo per i danni arrecati. Per assolvere a tale funzione la prestazione di garanzia dell’assicuratore dedotta nel contratto non può non essere conformata dall’obbligazione stessa dell’assicurato che, nel caso di risarcimento da illecito imputabile a più persone, è solidale (art. 2055, primo comma cod. civ.). La copertura assicurativa non può che riferirsi alla obbligazione assicurata, venendo meno, altrimenti, la stessa causa del contratto di assicurazione, restando l’assicurato privo di tutela per la quota di responsabilità a carico del condebitore solidale, cui è tenuto per legge, sia per l’anticipo sia per il caso in cui il condebitore sia insolvibile o di difficile solvibilità. Infatti, la sola prestazione dell’assicuratore in grado di realizzare la funzione del contratto di assicurazione di responsabilità civile è proprio quella di liberare il patrimonio dell’assicurato dall’obbligazione di risarcimento.
Non si tratta, quindi, di ampliamento della copertura assicurativa a favore della parte creditrice (assicurato) e a svantaggio della parte debitrice (assicuratore) – come sostiene la società controricorrente – ma di consentire la realizzazione della ragione propria per cui un contratto di assicurazione della responsabilità civile viene stipulato tra le parti. Né, tantomeno, è ipotizzabile – come pure sostiene la controricorrente – che la ricomprensione dell’obbligazione solidale per l’intero nella copertura assicurativa sarebbe possibile solo in presenza di espressa previsione contrattuale, alterandosi altrimenti, mediante lo strumento dell’intervento giudiziale, la misura del rischio dedotto in contratto. All’evidenza, l’ipotesi normale di rischio dedotto in contratto è l’esclusiva responsabilità dell’assicurato verso i terzi danneggiati e, semmai, l’ipotesi della corresponsabilità dell’assicurato può giocare preventivamente nella direzione della riduzione del rischio.
5.2. Quanto al profilo collegato, di cui si è detto, è evidente che nessun problema, neanche astratto, si porrà, qualora il danneggiato richieda all’assicurato danneggiante solo il risarcimento e le spese processuali, nei limiti della quota di responsabilità accertata.
Qualora, invece, il danneggiato (ex art. 1292 cod. civ.) chieda all’assicurato danneggiante l’adempimento dell’intera obbligazione solidale, l’assicuratore: può scegliere di pagare l’indennizzo direttamente ai danneggiato (previa comunicazione all’assicurato); deve farlo se glielo richieda l’assicurato (art. 1917, secondo comma, cod. civ.). Sia che l’assicuratore versi l’intero indennizzo al danneggiato, sia che (per scelta, in mancanza di richiesta dell’assicurato) paghi all’assicurato, l’assicuratore è surrogato di diritto, ex art. 1203, n. 3 cod. civ., nell’azione di regresso (artt. 1299, 2055, secondo comma, cod. civ.) dell’assicurato, debitore in solido, nei confronti del (i) condebitore (i) per la (e) quota (e) individuale.
Il pagamento da parte dell’assicuratore, in forza del contratto di assicurazione che lo lega al danneggiante corresponsabile e obbligato in solido con altri, integra l’ipotesi della surroga legale, “a vantaggio di colui…tenuto…per altri..”, di cui all’art. 1203, n. 3, cod. civ. Diversa è, invece, la surroga, specificamente prevista dall’art. 1916 cod. civ. (richiamato nella sentenza del 2012 cit.) concernente, nell’ambito del contratto di assicurazione contro i danni, la surroga dell’assicuratore all’assicurato-danneggiato nei diritti di questi verso il terzo responsabile del danno. E a quest’ultima ipotesi si riferisce la giurisprudenza (tra le tante, Cass. 19 agosto 2003, n. 12101), richiamata dalla Fondiaria, che da rilievo, ai fini della surroga, alla manifestazione di volontà dell’assicuratore. Mentre, in senso contrario, non rileva il richiamo, contenuto nella recente sentenza del 2012 cit., ad altra pronuncia della Corte (Cass. 14 giugno 1999, n. 5883) relativa all’applicabilità dell’art. 1916 cod. civ., essendo la stessa riferita ad una fattispecie di responsabilità civile obbligatoria per la circolazione dei veicoli, nella quale l’assicuratore è esso stesso obbligato in solido. In definitiva, l’estensione, nei limiti dei massimale, dell’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato a tutto quanto l’assicurato obbligato in solido debba pagare al terzo danneggiato, si inserisce coerentemente nel sistema codicistico, senza possibilità che si crei arricchimento ingiustificato a vantaggio dell’assicurato.
5.3. Pertanto, il ricorso è accolto in applicazione del seguente principio di diritto: “In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l’assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l’obbligo indennitario dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell’assicurato, operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l’intera obbligazione dell’assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui l’assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso, solo in tal modo risultando attuata – attraverso la conformazione della garanzia sulla obbligazione dell’assicurato – la funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile di liberare il patrimonio dell’assicurato dall’obbligazione di risarcimento, ferma restando la surroga dell’assicuratore, ex art. 1203, n. 3 cod. civ., nel diritto di regresso dell’assicurato nei confronti del corresponsabile, coobbligato solidale.”.
6. In conclusione, la sentenza è cassata in relazione all’accoglimento del motivo di ricorso e la causa è rinviata per l’applicazione del suddetto principio di diritto, oltre che per la liquidazione delle spese processuali del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
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