Suprema Corte di Cassazione

sezione II

Sentenza del 14 novembre 2012, n. 19914

Svolgimento del processo

O.P. e P.P. , premesso:
– che in data (…) era deceduto il loro padre E. il quale con testamento olografo nominava essi attori eredi universali mentre lasciava all’altro fratello F. la sola quota legittima; che il de cuius aveva anche provveduto a suddividere tra i figli i beni immobili; che mancava tra loro l’accordo sulla suddivisione di beni mobili e denaro;
convocavano in giudizio davanti al Tribunale di Rovereto il proprio fratello F. al fine di sentire accertare la validità del testamento olografo e per procedere alla divisione di detti beni con la restituzione della somma ricevuta dal convenuto in eccedenza rispetto alla sua quota ereditaria.
Si costituiva F.P. il quale non si opponeva alla domanda di divisione ma precisava che oltre ai beni indicati dalle controparti ve ne erano altri. In particolare, al momento della morte il de cuius vantava un credito nei confronti del figlio O. e prima della morte il de cuius aveva venduto alla moglie di O. un appartamento per il prezzo dichiarato di 320 milioni che non era stato versato per cui l’atto di alienazione doveva considerarsi simulato. Il convenuto chiariva altresì che nel (…) era deceduta la madre P.C. i cui beni immobili erano stati divisi con atto notarile ma per i beni mobili non era stato raggiunto alcun accordo per cui proponeva domanda rendiconto avendo sia il padre che gli attori incassato canoni di locazione di quattro appartamenti e tre negozi ed anche un’indennità espropriativa. Il convenuto chiedeva altresì la restituzione di quanto versato per l’imposta di successione che doveva corrispondere alla sua quota di legittimario pari a 4/18 dell’asse ereditario.
Veniva integrato il contraddittorio nei confronti di M.D. moglie del fratello premorto Pa.Co. e di F.M. moglie di O. , nei cui confronti P.F. chiedeva che venisse accertata la simulazione assoluta del negozio di compravendita intercorso tra P.E. e F.M.
La signora M.D. e la signora F.M. non si costituivano e pertanto restavano contumaci.
Gli attori con memoria ex art. 180 precisavano che quanto alla divisione immobiliare l’atto divisionale del 1989 era stata superato da un successivo atto notarile; che il mobilio della casa di … costituiva arredamento della casa paterna e come tale non era mai entrato nel patrimonio di F. ;
che la F. aveva versato al suocero la somma di lire 200.000.000 per l’acquisto dell’appartamento oggetto di controversia, mentre il residuo prezzo di quella vendita era stato compensato con il credito che O. vantava verso il padre; eccepivano la prescrizione per i canoni locativi che gli stessi avevano percepito. Gli attori concludevano specificando di aver sostenuto spese funerarie e spese per assistere il padre gravemente ammalato e altre per migliorie apportate ai beni ereditari.
Il Tribunale di Rovereto, con sentenza parziale n. 229 del 2004, accertava la simulazione della compravendita intercorsa tra P.E. e F.M.T. , registrata a Rovereto il (…) n. (…) con conseguente inclusione del bene oggetto della compravendita all’interno dell’asse ereditario, con condanna della F. alle spese e rimetteva la causa sul ruolo per la stima dei beni e per la predisposizione del progetto divisionale.
La sentenza del Tribunale di Rovereto veniva impugnata dalla F. la quale sosteneva che la sentenza era viziata di extrapetizione; che il Tribunale non avrebbe tenuto conto che nell’ipotesi la simulazione avrebbe dovuto essere provata tra le parti solo con una controdichiarazione scritta.
Si costituiva F. contestando i motivi del gravame e chiedendone il rigetto.
La Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 119 del 2006, respingeva l’appello. A sostegno di questa decisione la Corte trentina osservava: a) che P.F. oltre ad avere proposto in via riconvenzionale la domanda di simulazione del contratto di compravendita oggetto della controversia anche l’azione di riduzione considerato che lo stesso aveva espressamente richiamato gli artt. 537 e ss. cod. civ. che disciplinano la successione dei legittimari; b) essendo P.F. pretermesso dalle disposizioni testamentarie non era legittimato a proporre domanda ex art. 556 cc, richiamata in via principale ma l’unico obiettivo che potesse perseguire giuridicamente era quello di verificare attraverso la ricostituzione della massa ereditaria, facendo rientrare beni usciti con atti simulati, se si fosse verificata la lesione della sua quota di legittima; c) avendo il P. proposto l’azione di riduzione con specifico riferimento a tale azione ben poteva avvalersi della prova testimoniale al fine di provare la dedotta simulazione della compravendita tenuto conto della sua posizione di terzo rispetto all’atto impugnato.
La cassazione di questa sentenza e stata chiesta da F.M. con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. F.P. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria. P.O. , P.P. , M.D. , intimati in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale.

Motivi della decisione

1. – F.M.T. . A) con il primo motivo di ricorso denuncia – come da rubrica – la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 112 cpc.) ex art. 360 n. 3 c.p.c. per avere il Giudice di Appello alterato gli elementi obiettivi di identificazione dell’azione proposta dal sig. P.F. nei confronti della signora F.M.T. ovvero per aver violato il principio tra chiesto e pronunciato, sostituendo la causa petendi, error in procedendo.
Secondo la ricorrente la Corte trentina avrebbe trasformato la domanda ex art. 566 cod. civ., effettivamente proposta da P.F. , nella domanda ex art. 553 cod. civ. commettendo un error in procedendo. Specifica la ricorrente che “in relazione alla richiesta di accertamento della simulazione assoluta del negozio di compravendita stipulato tra P.E. e F.M.T. , la Corte di Appello di Trento ha, in violazione del principio di cui all’art. 112 cpc, trasformato l’azione di divisione (formulata dal sig. P.F. ) in un’azione di riduzione (mai formulata), per consentire al sig. P.F. di agire iure proprio, beneficiando del regime probatorio offerto ai terzi dall’art. 1417 cod. civ. E, ciò solo in quanto il sig. P.F. ha (…), espressamente richiamato l’art. 537 ss. cc. norme che disciplinano la successione dei legittimari”. Sennonché, scrive la ricorrente, alla luce delle domande tutte svolte da F.P. e del complessivo tenore dell’atto di Costituzione dello stesso sarebbe fin troppo evidente che il riferimento all’art. 537 cc così come il riferimento all’art. 556 cc. sarebbe stato formulato solamente al fine di determinare, in concreto, la quota ereditaria pretesa dal sig. P.F. 4/18 piuttosto 1/3) in sede di materiale divisione dei beni, nessun riferimento al disposto di cui all’art. 553 e segg. cod. civ. che non potrebbe certo ritenersi incluso nei segg. (essendo compresi gli artt. 536 cc.; nella sezione 1 del capo C del Titolo I del Libro II, sezione che si conclude con l’art. 553 cc. per, poi, passare alla Sezione II, specificamente dedicata alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari).
b) Con il secondo motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’istituto giuridico della preterizione di erede (art. 735 cod. Civ.) ex art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ex art. 360 n. 5 cpc. in relazione alla qualificazione del signor P.F. quale pretermesso dalle disposizioni testamentarie. Avrebbe errato la Corte di Appello di Trento nell’aver ritenuto che P.F. fosse stato pretermesso dalle disposizioni testamentarie perché egli è stato chiamato all’eredità, quale erede legittimario, in forza del testamento olografo, considerato che nel testamento di cui si dice si legge: “A F. lascio quale legittima la p.f. 245/2 e 245/4 in CC. (…) e la p.f. 450/5 in CC. (…)”. Dal giuridico errore e dall’omesso esame di un documento (la ricorrente si riferisce, al testamento olografo) sarebbe conseguita l’erronea interpretazione e modificazione delle domande versate in causa dal P.F. ritenendo proposta l’azione di riduzione in quanto unica proponibile dal punto di vista del raggiungimento di un risultato finale, in quanto una volta accertata l’integrità della sua quota pure in assenza del bene alienato anche se fosse stata accertata la simulazione, non avrebbe potuto partecipare alla divisione del bene rientrato nell’eredità. Con il terzo motivo – denuncia la violazione e/o “falsa applicazione dell’Istituto giuridico” della quietanza di pagamento ex art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 2735 e 2697 cod.civ.) ex art. 360 n. 3 cpc., per non avere il Giudice di secondo grado ritenuto avere la signora F. assolto il proprio onere probatorio ex art. 2697 cod. civ. a fronte della quietanza di pagamento, violazione o falsa applicazione di legge (art. 2697 cod. civ.) ex art. 360 n. 3 cpc, per avere il Giudice di secondo grado ritenuto avere il signor P.F. assolto l’onere probatorio circa la volontà delle parti contrattuali di non stipulare alcun contratto, pur a fronte di nessuna prova sul punto. Avrebbe errato la Corte di Trento, secondo la ricorrente, nel non aver riconosciuto alcun valore, sic et simpliciter ovvero senza formulare motivazione di sorta, alla quietanza di pagamento del corrispettivo della vendita rilasciata dal venditore P.E. alla signora F. all’atto della sottoscrizione del contratto di compravendita, considerato che ai sensi della norma di cui all’art. 2735 cod. civ. la quietanza ha natura confessione stragiudiziale di un fatto estintivo dell’obbligazione.
d) Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, come da rubrica, violazione e/o falsa applicazione della disciplina codicistica in materia di simulazione (art. 1414 e segg. cod. civ. con particolare riferimento all’art. 1417) ex art. 360 n. 3 c.p.c., omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione al valore da attribuire alla prova uscita dal cc. della signora F. dell’importo di lire 220.000.000 in relazione al pagamento del prezzo quietanzato, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alla volontà delle parti contrattuali (P.E. , F.M.T. ). Avrebbe errato la Corte di Trento, sempre secondo la ricorrente, nel non “aver riconosciuto alcun valore, sic et simpliciter ovvero senza formulare motivazione di sorta, alla quietanza di pagamento del corrispettivo della vendita rilasciata dal venditore P.E. atta signora F. all’atto della sottoscrizione del contratto di compravendita, considerato che ai sensi della norma di cui all’art. 2735 cod. civ. la quietanza ha natura confessione stragiudiziale di un fatto estintivo dell’obbligazione. D’altra parte, specifica la ricorrente, la circostanza che L. 120.000.000 siano stati compensati con il lavoro volto dal figlio O. presso l’azienda di famiglia non inficerebbe in alcun modo la validità e la valenza probatoria della quietanza di pagamento in quanto il prezzo comunque pagato in parte in denaro e in parte in lavoro.
1.1.- Ragioni di pregiudizialità rendono opportuno esaminare, per primo, il secondo motivo del ricorso ed esso è fondato.
La Corte di merito ha posto alla base della motivazione della sentenza impugnata l’affermazione che F.P. fosse erede pretermesso dalle disposizioni testamentarie del padre E. , fondando su tale pretermissione l’interpretazione delle domande dal medesimo F.P. proposte e le statuizioni da essa Corte adottate. Peraltro, la Corte di Trento non si è avveduta di aver dato per certo che F.P. fosse stato pretermesso dal testamento, senza indicare le ragioni di quell’affermazione.
In particolare, la Corte di merito non ha chiarito il senso e la portata che ha attribuito all’espressione contenuta nel testamento in cui si dice “A F. lascio quale legittima (……)”, non spiegando in alcun modo come andasse interpretata la disposizione testamentaria e, in particolare, se andasse interpretata come disponente un legato in sostituzione di legittima, o un legato in conto di legittima, né la ragione per la quale essa non potesse essere interpretata come istituzione di erede pro quota ex re certa (Cass. 18 gennaio 12007, n. 1066). La Corte, pertanto, non ha spiegato in alcun modo, sul piano dell’interpretazione del testamento, perché qualificasse F.P. pretermesso, ciò facendo del tutto apoditticamente e fondando su tale qualificazione le statuizioni della sentenza impugnata.
Ne consegue che il motivo va accolto nei sensi su detti, con assorbimento di tutti gli altri motivi e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di appello di Trento, alla quale va demandato il compito della regolamentazione delle spese giudiziali anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio di cassazione ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.

Depositata in Cancelleria il 14.11.2012

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