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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 20 febbraio 2014, n. 4075 

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 24 dicembre 2005 M.A. e F.A., premesso di avere con contratto dell’1.8.2003 locato a B.A. per esigenze transitorie del conduttore un appartamento sito in Genova, via Oberdan 69/2, gli intimavano sfratto per finita locazione per la data del 31 luglio 2004. Si costituiva l’intimato il quale si opponeva all’intimazione deducendo che il contratto solo formalmente era stato stipulato per esigenze transitorie e chiedendo la ripetizione delle somme versate in eccedenza rispetto a quanto risultante dal contratto registrato. In esito al giudizio il Tribunale di Genova dichiarava risolto il contratto alla scadenza intimata e condannava il conduttore al rilascio dell’immobile entro il 31.7.2007.
Avverso tale decisione proponeva appello il soccombente ed in esito al giudizio, in cui si costituivano resistendo i locatori, la Corte di Appello di Genova con sentenza depositata in data 7 gennaio 2008 rigettava le domande di dichiarazione di cessazione della locazione alla scadenza del 31 luglio 2004 e di condanna al rilascio. Avverso la detta sentenza i soccombenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

Con la prima doglianza, deducendo la violazione degli artt. 2 e 5 legge n.431/98, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello ritenuto applicabile al caso in questione la disciplina dei contratti di locazione di cui all’art. 2 comma 1 della legge 431/98 benchè a base della stipula del contratto fosse stata espressamente menzionata l’esigenza transitoria e non fosse stata data prova, da parte del conduttore, del fatto che i locatori fossero a conoscenza della presunta inesistenza delle esigenze di natura transitoria in capo al conduttore stesso.
Hanno quindi concluso il motivo di impugnazione con il seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte adita se vi sia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 comma 1 e dell’art. 5 comma 1 della legge 9 dicembre 1998 n.431 e, comunque in generale della normativa prevista dalla legge sulle locazioni n.431/1998 per essere stato ritenuto il contratto di locazione stipulato tra le parti non rispondente ad esigenze di natura transitoria del conduttore nonostante la precisa, espressa ed esclusiva indicazione in tal senso contenuta nel contratto di locazione stesso”.
Con la seconda doglianza, deducendo la violazione degli artt. 2 e 5 legge n. 431/98, del D.M. 30.12.2002 in relazione all’art. 360 nn 3 e 5 cpc, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello ritenuto applicabili al caso in questione le disposizioni di cui al D.M. 5 marzo 1999 e dicembre 2002 trascurando che il tipo di esigenza transitoria, menzionata nel contratto, non era altrimenti documentabile all’epoca, trattandosi di una mera probabilità di trasferimento per motivi di lavoro.
Hanno quindi concluso il motivo di impugnazione con il seguente quesito di diritto: “Dica l’Ecc.ma Corte adita se il contratto di locazione stipulato ai sensi dell’art. 5 comma 1 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 per esigenze di natura transitoria del conduttore e con espressa indicazione delle stesse nel contratto, richieda prima della scadenza del termine stabilito nel contratto l’invio di una raccomandata da parte del conduttore che confermi il permanere delle esigenze di transitorietà ai fini del suo rinnovo sempre per esigenze di natura transitoria”.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono entrambi infondati e non possono essere accolti.
Ed invero, nel vigore della legge 9 dicembre 1998 n. 431, l’ammissibilità della stipulazione di un contratto di locazione ad uso transitorio di durata inferiore a quella minima stabilita in via ordinaria non è incondizionata ma deve essere in linea con il disposto dell’art. 5 della legge stessa, il quale demanda alla normazione secondaria di cui al comma 2 dell’art. 4 della stessa legge la definizione delle condizioni e delle modalità necessarie per la conclusione di validi ed efficaci contratti locativi di natura transitoria.
Non sono quindi le parti a decidere se e quando poter ricorrere alla tipologia del contratto transitorio ma è il decreto ministeriale emanato ai sensi della predetta legge a fissare le modalità ed i presupposti, sussistendo i quali è consentito ai contraenti il ricorso al contratto di durata più breve rispetto alla disciplina ordinaria.
Nel caso di specie, il D.M. 30 dicembre 2002 stabilisce che i contratti di natura transitoria devono prevedere “una specifica clausola che individui l’esigenza transitoria del locatore e/o del conduttore – da provare quest’ultima con apposita documentazione da allegare al contratto – i quali dovranno confermare il permanere della stessa tramite lettera raccomandata da inviarsi avanti la scadenza del termine stabilito nel contratto”; stabilisce inoltre che “i contratti di cui al precedente decreto sono ricondotti alla durata prevista dall’art. 2 comma 1 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 in caso di inadempimento delle modalità di conferma delle esigenze transitorie stabilite nei tipi di contratto di cui al comma 6 ovvero nel caso le esigenze di transitorietà vengano meno“.
Ne deriva che, ai fini di un valido ed efficace contratto locativo di natura transitoria a norma del combinato disposto di cui all’art. 5 legge n. 431/98 e D.M. 30 dicembre 2002, occorre la sussistenza delle seguenti condizioni: 1) la previsione di una specifica clausola contrattuale che individui l’esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore; 2) l’allegazione, al contratto, di un’apposita documentazione atta a provare la suddetta esigenza; 3) la conferma, da parte dei contraenti, del permanere di essa, tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine.
In definitiva, o ricorrono tali condizioni e si soddisfano le dette modalità, volte a giustificare obbiettivamente la deroga alla disciplina ordinaria oppure, quali che siano le cause del mancato soddisfacimento dei presupposti contemplati, il contratto locativo non può avere una durata inferiore a quella ordinaria con l’ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dei requisiti richiesti, va ricondotto nell’alveo dei contratti di cui all’art. 2 commi 2 e 3 legge n.431/98.
Nel caso di specie, come è stato sottolineato dai giudici di merito, facevano difetto, almeno in parte, le condizioni previste, non potendo tra l’altro considerarsi sufficiente “la generica e non documentata menzione di una mera probabilità del trasferimento del conduttore in altra sede di lavoro, la cui gratuità è sottolineata dalla immutata e immotivata reiterazione nel tempo” Conseguentemente, occorreva accedere alla riforma della sentenza di primo grado con la declaratoria di soggezione della locazione alla disciplina di cui all’art. 2 comma 1 legge n. 431/98.
La decisione, alla stregua delle considerazioni svolte, appare quindi esente dalle censure dedotte, con la conseguenza che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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