SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 2 febbraio 2012, n. 4443

Ritenuto in fatto

Il Gup presso il Tribunale di Gorizia, con sentenza del 13/5/2010, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava M. N. colpevole del reato di cui agli artt. 81, 110 c.p., 3 co. 2 n.8, e 4, co. 1, n. 7, l. 75/58,perché, in concorso di volontà e/o azione con il gestore di “Bakeka”, il quale tollerava la pubblicazione sull’omonimo sito di annunci prodromici alla prostituzione, agevolava e/o favoriva l’esercizio della prostituzione, e lo condannava alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 3.800,00 di multa, sostituendo la pena detentiva inflitta con quella di anni due di semidetenzione, con applicazione delle pene accessorie.

La corte di Appello di Trieste, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti dal Procuratore Generale sede e dalla difesa dell’imputato, concesse al M. le attenuanti generiche, escluso l’aumoento per la recidiva, ha rideterminato la pena in anni 1 di reclusione ed euro 400,00 di multa, ha ridotto la durata delle pene accessorie ad anni 2, con concessione della sospensione condizionale della pena, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti motivi:

– erronea applicazione dell’art. 3, co. 2, n. 8, l. 75/58, in quanto la condotta posta in essere dal prevenuto non può ritenersi concretizzante il reato contestato;

– illegittimità costituzionale dell’art. 3, co. 2, n. 8, l. 75/58 in relazione agli artt. 3 e 21 della costituzione.

Considerato in diritto

Il ricorso, quanto al primo motivo, è fondato.

Osservasi che le ragioni poste a sostegno della censura mossa si rivelano meritevoli di accoglimento: l’imputato si limitava a telefonare alle escort inserzioniste e a vendere loro le “top list” o c.d. “risalite”, dopo essersi fatto inviare dalle interessate per email il materiale (fotografie delle inserzioniste).

Orbene, questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass. 18/3/2009, n. 26343) che nel caso in cui il soggetto imputato si sia limitato a pubblicare gli annunci pubblicitari delle prostitute nel suo sito web, potrebbe tale attività essere considerata simile a quella svolta da molti quotidiani che pubblicano annunci pubblicitari del genere, solitamente considerata come un normale servizio svolto a favore della persona che esercita il meretricio e non della prostituzione, con la conseguenza della mancata concretizzazione del reato di cui all’art. 3, co. 2, n. 8, l. 75/58.

Di contro, può ritenersi cristallizzato il reato de quo nel caso in cui alla attività di mera pubblicazione si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, concreta e dettagliata, al fine di allestire la pubblicità della donna, che si offre per gli incontri sessuali, evidentemente per rendere più allettante l’offerta e per facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti, cooperazione esplicantesi nell’organizzare servizi fotografici nuovi, sottoponendo le donne a pose erotiche, ponendo in essere una collaborazione organizzativa al fine di realizzare il contatto prostituta-cliente.

Il M., come anche rilevato dalla stessa Corte distrettuale, non ha compiuto alcuna di queste attività essendosi limitato a ricevere l’annuncio, corredato dalle foto, già in possesso delle escort, ed ha svolto un semplice servizio a favore di queste e non della prostituzione.

L’accoglimento del primo motivo è assorbente della questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ulteriore censura.

Questo Collegio, quindi, ritiene di potere affermare che nel caso in esame il fatto non sussiste, con la conseguenza che la pronuncia impugnata va annullata senza rinvio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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