Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 19 settembre 2014, n. 19743

Svolgimento del processo

F.A. ricorre per cassazione, formulando un unico articolato motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 531/2008 che ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello da lui proposto con ricorso depositato in data 10.10.2005 avverso la sentenza, emessa dal Tribunale di Roma ex art. 281 sexies cod. proc. civ. all’udienza del 20.05.2005, dichiarativa della risoluzione della locazione per uso abitativo intercorsa tra il medesimo F. e L.L. e di condanna del primo al rilascio dell’immobile locato, nonché al pagamento di oneri accessori e aggiornamenti canoni, rimasti insoluti.
Resiste con controricorso L.L. .
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello ha ritenuto che la sentenza di primo grado, pronunciata ex art. 281 sexies cod. proc. civ. alla presenza delle parti, con la lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, risultasse “sostanzialmente notificata” al F. all’udienza del 20.05.2005 in cui era avvenuta detta lettura, inferendone di conseguenza l’inammissibilità del gravame proposto con ricorso in data 10.10.2005 in ragione del compimento del termine breve di trenta giorni previsto dall’art. 325 co. 1 cod. proc. civ., calcolato con decorrenza dalla data della medesima udienza.
2. Con un unico articolato motivo di ricorso si denuncia erronea applicazione dell’art. 281 sexies cod. proc. civ., motivazione incerta e carente ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nonché error in procedendo ed errata e omessa applicazione degli artt. 325 e segg cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente – precisato che il precedente di questa Corte (n. 1388 del 2001), richiamato nella decisione impugnata, non è pertinente rispetto al caso specifico, perché concernente il regolamento di competenza – lamenta l’erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso in appello, deducendo l’applicabilità nella specie dell’art. 327 cod. proc. civ.. A conclusione del motivo articola, dunque, il seguente quesito ex art. 366 bis cod. proc. civ.: “dica la Suprema Corte se il giudice di appello, erroneamente interpretando la sentenza impugnata in materia locativa, la quale aveva deciso soltanto nel merito ed in nessun modo sulla competenza, possa tuttavia dichiarare inammissibile l’appello depositato entro sei mesi (novembre 2006) nelle forme di cui all’art. 430 cod. proc. civ., ritenendo che lo si sarebbe dovuto proporre, entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza stessa, avvenuta, presuntivamente, nello stesso giorno della sua lettura in udienza, anziché nel termine lungo di un anno ex art. 327 c.p.c., sebbene non vi fosse stata nessuna notificazione della sentenza stessa”.
2.1. Il motivo è fondato sotto il profilo dell’error in procedendo, non essendo neppure postulabile il vizio motivazionale con riguardo ad una quaestio iuris, quale quella che ci occupa. Invero la conformità della decisione alle norme giuridiche può sussistere indipendentemente dalla compiutezza e dall’ortodossia della motivazione in diritto, giacché a quest’ultimo riguardo opera il potere correttivo di cui all’art. 384 cod. proc. civ., potendo la Corte di cassazione procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata anche in presenza di errori in procedendo (cfr. Cass. 14 marzo 2001, n. 3671).
Merita, altresì, puntualizzare che – sebbene parte ricorrente abbia posto in dubbio il riferimento al verbale “ricostruito”, da cui la Corte di appello ha desunto che la sentenza di primo grado venne pronunciata ex art. 281 sexies cod. proc. civ. – la deduzione non è suscettibile di integrare alcuno dei vizi di cui all’art. 360 cod. proc. civ..
2.2. Ciò posto, si osserva che la tesi assunta dalla Corte di appello che assegna alla lettura della sentenza in udienza ex art. 281 sexies cod. proc. civ. il valore di sostanziale notifica della sentenza stessa è manifestamente infondata, impropriamente attribuendo alla scelta del Giudice di decidere nelle forme di cui alla norma cit. la medesima valenza della scelta della parte di notificare la sentenza ai sensi dell’art. 285 cod. proc. civ..
Invero dal combinato disposto dell’art. 326 cod. proc. civ. (che dispone che i termini brevi per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ. decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne che per i casi previsti dalla stessa norma che qui non rilevano) e dell’art. 285 cod. proc. civ. (che disciplina la modalità di notificazione della sentenza) emerge con evidenza che l’impugnazione deve essere proposta entro il termine breve (per l’appello di trenta giorni) soltanto se è intervenuta, a seguito di istanza di una della parti in causa, la notifica da parte dell’ufficiale giudiziario della sentenza impugnata e che, in mancanza di tale notifica, l’impugnazione invece va proposta entro il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ. e, quindi, entro un anno dalla pubblicazione della sentenza nel testo qui applicabile ratione temporis (ed entro sei mesi nei giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009).
Per altro verso l’art. 281 sexies cod. proc. civ. – disponendo che il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (comma 1) e che in tal caso la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria (comma 2) – introduce una deroga all’art. 133 cod. proc. civ. il quale dispone che la sentenza è pubblicata mediante deposito in cancelleria, ma non lascia intendere, neppure implicitamente, che sia stato derogato anche il disposto dell’art. 326 cod. proc. civ. (nel senso, cioè, che la lettura del dispositivo equivalga anche alla sua notificazione) o dell’art. 327 cod. proc. civ. (nel senso, cioè, di rendere inapplicabile il termine “lungo” nell’ipotesi in cui sia stata adottata tale forma di decisione.
2.3. Consegue da quanto sopra che nei casi in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi del citato art. 281 sexies cod. proc. civ., la discussione orale della causa e abbia pronunciato, al termine della discussione, sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine lungo per proporre impugnazione decorre dalla data della pronuncia (cfr. Cass. 08 novembre 2010, n. 22659), equivalendo, questa, alla pubblicazione. Inoltre, la lettura del provvedimento in udienza ai sensi della stessa norma e la sottoscrizione del verbale che lo contiene da parte del giudice non solo equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 cod. proc. civ., ma esonerano la cancelleria, in applicazione del principio stabilito dall’art. 176 co. 2 cod. proc. civ., dall’onere della comunicazione, la quale oltre ad essere superflua (non aggiungendo nulla a quanto le parti hanno già avuto modo di integralmente conoscere), contrasterebbe con l’intento di semplificazione delle forme perseguite dal legislatore (cfr. Cass. ord. 24 luglio 2007, n. 16304; Cass. ord. 28 febbraio 2006, n. 4401).
La norma di cui all’art. 281 sexies cod. proc. civ. non contiene, invece, alcuna deroga al comb. disp. degli artt. 326 e 285 cod. proc. civ., che assegna alla parte il potere di decidere se mettere o meno “in mora” la controparte per l’impugnazione nel termine breve, disponendo, a tal fine, che la sentenza va notificata su istanza di parte. Il termine breve di cui all’art. 325 cod. proc. civ. per impugnare una sentenza postula, infatti, una conoscenza “legale” della sentenza e, quindi, decorre, di regola, secondo quanto previsto dal comma 1 dell’art. 326 cod. proc. civ. dalla notificazione ai sensi degli artt. 285 e 170 stesso codice, a meno che la proposizione della stessa o di altra impugnazione abbia determinato il decorso del termine per chi l’ha proposta e le altre parti, ai sensi del capoverso dell’art. 326 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Unite, 09 giugno 2006, n. 13431).
2.4. In aderenza all’insegnamento nomofilattico delle SS.UU. deve, dunque, ribadirsi che il termine breve d’impugnazione, previsto dall’art. 325 cod. proc. civ., decorre dalla notificazione della pronuncia anche per le sentenze emesse ex art. 281 sexies cod. proc. civ., non potendosi ritenere equipollente alla notificazione, in quanto atto ad istanza di parte, la lettura del dispositivo e della motivazione in udienza che, unitamente alla sottoscrizione del verbale contenente il provvedimento da parte del giudice, caratterizza tale tipologia di sentenze (cosi: Cass. 28 maggio 2009, n. 12515).
È appena il caso di aggiungere che il precedente cui fa riferimento la Corte di appello – siccome relativa allo speciale procedimento per regolamento di competenza di cui all’art. 47 cod. proc. civ., il quale espressamente individua il dies a quo dell’impugnazione nella “comunicazione dell’ordinanza” (comma 2) – non è pertinente al caso di specie.
Ciò posto e considerato che, per quanto emerge dai dati temporali sopra riportati, nella specie, il termine lungo per appellare risulta rispettato, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

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