In tema di restituzione del termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, la regolarita’ formale della notificazione e’ idonea ad integrare la prova della effettiva conoscenza dell’atto solo ove la stessa avvenga a mani dell’interessato, non incombendo su quest’ultimo l’onere di allegare esplicitamente le ragioni determinative della mancata conoscenza

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 maggio 2015, n. 20413.

In tema di restituzione del termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, la regolarita’ formale della notificazione e’ idonea ad integrare la prova della effettiva conoscenza dell’atto solo ove la stessa avvenga a mani dell’interessato, non incombendo su quest’ultimo l’onere di allegare esplicitamente le ragioni determinative della mancata conoscenza

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 18 maggio 2015, n. 20413

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere

Dott. GAZZARA Santi – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 09/01/2014 del Gip presso il Tribunale di Velletri;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. DI NICOLA Vito;

Lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Gip presso il tribunale di Velletri ha rigettato l’istanza con la quale il ricorrente ha chiesto la restituzione in termini per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 982 del 2004, divenuto esecutivo il 27 maggio 2005, in quanto mai identificato personalmente all’imputato, il quale ne veniva a conoscenza soltanto a seguito di una misura restituita presso il casellario giudiziale in data 17 luglio 2013.

Il giudice per le indagini preliminari e’ pervenuto alla suddetta conclusione sul presupposto che l’ufficiale giudiziario, dopo avere eseguito invano tre accessi presso l’abitazione dell’imputato, depositava l’atto nella casa comunale ed eseguiva l’affissione dell’avviso a norma di legge, comunicando all’imputato l’avvenuto deposito a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, che veniva ritirato da (OMISSIS) in qualita’ di domestica in data 11 maggio 2005, rilevando quindi la regolarita’ formale della notifica ed infine evidenziando la mancata allegazione di qualunque circostanza che potesse far ritenere che la persona incaricata della ricezione dell’atto non avesse provveduto ad informare l’interessato, che risultava avere effettiva e abituale residenza all’indirizzo presso il quale la notifica stessa era stata effettuata.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, il ricorrente solleva, tramite il difensore, due motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la stesura della motivazione.

2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al combinato disposto degli articoli 175 e 462 c.p.p., per erronea applicazione di legge.

Assume che l’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’articolo 157 c.p.p., comma 8, aveva provveduto a comunicare all’imputato il deposito dell’atto presso la casa comunale a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, lettera che risultava essere stata consegnata in data 11 maggio 2005 alla “domestica al servizio del destinatario”, tale non meglio identificata ” (OMISSIS)”.

Tuttavia, sia pure osservate le formalita’ prescritte dalla legge per presumere l’avvenuta conoscenza dell’atto da parte del destinatario, deduce il ricorrente che nei procedimenti speciali, ed in particolare nel procedimento per decreto penale di condanna, si e’ ritenuto necessario innalzare le soglie di garanzia, sul rilievo che l’imputato dovesse avere effettiva conoscenza del decreto e dovendo pertanto la notifica dell’atto raggiungere lo scopo non soltanto a livello “legale” ma anche “reale e materiale”, conseguendo da cio’ che, nei procedimenti speciali, non sempre la regolarita’ della notifica equivale ad effettiva conoscenza dell’atto da notificare.

Alla luce di cio’ – avuto anche riguardo alla giurisprudenza costituzionale, di legittimita’ e convenzionale – il Gip avrebbe dovuto accogliere la richiesta di rimessione in termini.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per manifesta illogicita’ della motivazione.

Sostiene il ricorrente come il giudice, nel rigettare l’istanza, abbia applicato principi giurisprudenziali non pertinenti al caso di specie perche’ ha dato per presupposto il rapporto di convivenza con la Colf, rapporto che tuttavia doveva essere escluso proprio in base al fatto che la frequenza degli accessi dell’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto far rilevare l’inesistenza di alcun vincolo utile tra la collaboratrice domestica ed il (OMISSIS), non avendo il giudice attribuito il giusto valore a quanto riportato dallo stesso notificatore, ossia alla circostanza che questi avesse effettuato ben tre accessi, in giorni e orari diversi, prima di rinvenire qualcuno all’indirizzo, con la conseguenza che avrebbe dovuto pacificamente ritenersi del tutto occasionale la presenza della signora presso l’abitazione dell’imputato, tanto da renderla tutt’altro che idonea a ricevere l’atto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. I motivi, in quanto connessi, possono essere congiuntamente esaminati. Questa Sezione ha affermato, e successivamente ribadito, che, in tema di restituzione del termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, la regolarita’ formale della notificazione e’ idonea ad integrare la prova della effettiva conoscenza dell’atto solo ove la stessa avvenga a mani dell’interessato, non incombendo su quest’ultimo l’onere di allegare esplicitamente le ragioni determinative della mancata conoscenza (Sez. 3 , n. 5920 del 21/01/2014, Lisotto, Rv. 258919; Sez. 3 , n. 20795 del 30/04/2014, Amato, Rv. 259633), aggiungendo che, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la previgente formulazione dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, (introdotta dal Decreto Legge n. 17 del 2005, articolo 1, conv. in Legge n. 60 del 2005), avendo previsto una sorta di presunzione “iuris tantum” di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna, con la conseguenza che la mera regolarita’ formale della notifica non puo’ essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volonta’ del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna (Sez. 3 , n. 38295 del 03/06/2014, Petreto, Rv. 260151).

E’ sufficiente richiamare – con l’annotazione che quanto affermato per la sentenza contumaciale vale, a maggior ragione, per il decreto penale di condanna in quanto emanato del tutto inaudita altera parte – la ratio deciderteli della prima delle decisioni segnalate (Sez. 3 , n. 5920 del 21/01/2014,cit.) dove e’ stato affermato come, in tal modo, si sia “rimediato al “difetto strutturale” del sistema processual penalistico italiano che la Corte edu aveva individuato nell’assenza di un meccanismo effettivo, volto a concretizzare il diritto delle persone condannate in contumacia – non effettivamente informate del procedimento a loro carico e non rinuncianti in maniera certa e consapevole a comparire – di ottenere che una giurisdizione esamini nuovamente il caso, dopo averle ascoltate sul merito delle accuse, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 6 Convenzione edu (cfr. Corte edu 10/11/2004, Sejdovic; Corte edu 18/05/2004, Somogyi). Di qui la conseguenza, appunto, che la sentenza di condanna in contumacia dell’imputato o il decreto penale di condanna reso, sempre, in contumacia, danno luogo, per cio’ solo, al diritto del condannato a chiedere ed ottenere la restituzione in termini con la sola eccezione rappresentata, come inequivocabilmente espresso dalla legge, dalla comunque intervenuta conoscenza di fatto del procedimento o del provvedimento e sempre che, in tal caso, la presenza dell’imputato in giudizio non sia stata impedita da eventi estranei alla sua volonta’.

Puo’ dunque dirsi che, cosi’ facendo, la legge ha dunque introdotto, in favore del condannato in contumacia, una presunzione “iuris tantum” di non conoscenza del procedimento o del provvedimento (tale da consentire per questo solo fatto la restituzione in termini), presunzione, tuttavia, superabile dal giudice ove si dimostri che, al contrario, l’interessato abbia ugualmente potuto avere conoscenza dell’uno o dell’altro.

E’ per tali ragioni, pertanto, che questa Corte ha uniformemente affermato che la nuova disciplina della restituzione in favore del contumace, a differenza della precedente, pone a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’eventuale prova contraria rispetto alla presunzione di non conoscenza e, piu’ in generale, di svolgere le verifiche necessarie ad accertare se il condannato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire (tra le altre, Sez. 6 , n. 2718 del 16/12/2008, Holczer, Rv.242430 e Sez. 4 , n. 23137 del 14/05/2008, Mostardini, Rv.240311) e che, quindi, l’istanza di restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale puo’ essere rigettata solamente quando il giudice abbia conseguito certezza, sulla base di dati fattuali concreti e non di mere ipotesi congetturali, in ordine alla “effettiva conoscenza” del procedimento o del provvedimento da parte dell’interessato (Sez. 5 , n. 21712 del 30/01/2009, Russo, Rv. 243975).

Ne consegue che la circostanza che un atto del procedimento o lo stesso provvedimento siano stati ritualmente notificati all’imputato puo’ ritenersi idonea a far superare al giudice la presunzione ricordata solo ove la stessa sia stata effettuata con modalita’ tali da far ritenere appunto acquisita, in capo all’interessato, la conoscenza “effettiva” dell’atto notificato, restando escluso che possa ricorrersi, a tali fini, proprio in ragione della menzionata necessaria effettivita’, alla presunzione legale di conoscenza che fonda la stessa legittimita’ del meccanismo della notificazione nei casi in cui questa avvenga con meccanismi e modalita’ che prescindono da un diretto coinvolgimento del destinatario.

E’ per tali ragioni, dunque, che la regolarita’ formale della notificazione e’ idonea ad integrare la prova della effettiva conoscenza dell’atto solo ove la stessa avvenga a mani dell’interessato (in tal senso, Sez. 4 , n. 3564 del 12/01/2012, Amendola, Rv. 252669; Sez. 5 , n. 39369 del 21/09/2011, Amante, Rv. 251520; Sez. 1A, n. 16523 del 16/03/2011, Scialla, Rv. 250437; Sez. 3 , n. 24605 del 13/05/2010, Battanta, Rv. 247796; Sez. 3 , n. 35866 del 05/06/2007, Pannunzi, Rv. 237281; Sez. 3 , n. 17661 del 12/04/2006, Ricci, Rv. 233641) non potendo conseguentemente convenirsi con il diverso orientamento secondo cui, nel caso di regolare notificazione dell’atto, anche ove la stessa non sia avvenuta a mani dell’interessato, questi debba comunque esplicitamente allegare le ragioni determinative della mancata conoscenza (Sez. 2 , n. 9776/13 del 22/11/2012, El Badaoui, Rv. 254826, in caso di notifica a mani del cugino dell’interessato; Sez. 6 , n. 7533 del 31/01/2013, Basile, Rv. 255149 e Sez. 3 , n. 17965 del 08/04/2010, Rescio, Rv. 247159, ambedue in caso di notifica avvenuta a mani della collaboratrice domestica; Sez. 1 , n. 2934/09 del 09/12/2008, Fiocco, Rv. 242627, in caso di notifica avvenuta ex articolo 157 c.p.p., comma 8).

Tale seconda non condivisibile opzione, infatti, finisce, evidentemente, con il pretendere che sia ancora una volta l’interessato a dovere dimostrare la non conoscenza dell’atto, per ribaltare sul medesimo un onere incombente, invece, per quanto detto, sul giudice, in tal modo vanificando le stesse ragioni poste a suo tempo alla base della modifica legislativa”.

3. Cio’ posto, nella specie e’ lo stesso provvedimento impugnato a dare atto del fatto che la notifica non e’ avvenuta a mani del destinatario e che per tre volte l’accesso dell’ufficiale giudiziario presso il domicilio e’ stato infruttuoso nel senso che nel luogo della notificazione non era presente alcuna persona, neppure la “pretesa” collaboratrice domestica; ciononostante lo stesso provvedimento ha rigettato l’istanza di restituzione in termini avendo ritenuto, in contrasto con i principi sopra richiamati, che l’unica notifica intervenuta (la lettera raccomandata con avviso di ricevimento che l’atto da notificare era stato depositato presso la casa comunale) fosse dimostrativa della conoscenza del decreto penale.

Ne’ la soluzione interpretativa muta con la riformulazione dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, disposizione sostituita dalla Legge 28 aprile 2014, n. 67, articolo 11, comma 6, secondo la quale “l’imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, e’ restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato”, dovendosi interpretare la nuova formulazione del testo della novella nel senso che soltanto in presenza di una volontaria rinuncia a proporre l’opposizione non rileva se l’imputato abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento giacche’, in caso contrario ossia in assenza di una volontaria rinuncia alla opposizione, l’imputato condannato con decreto penale deve essere rimesso nel termine per proporla, a meno che si dimostri che egli abbia avuto tempestivamente la conoscenza del provvedimento, dimostrazione conseguibile solo sulla base di dati fattuali concreti e non di mere ipotesi congetturali, in ordine alla “effettiva conoscenza” del “provvedimento” da parte dell’interessato, non essendo tollerabili decisioni penali definitive, soprattutto quando emesse inaudita altera parte, e la cui conoscenza non sia “effettiva” bensi’ affidata a presunzioni, seppure relative, di conoscenza di un provvedimento di condanna, risolvendosi tali presunzioni in una violazione dei principi del processo equo.

Ne consegue che, anche all’esito della novella ex Legge n. 67 del 2014, mentre e’ legittima una presunzione relativa di non conoscenza del decreto penale di condanna, vincibile se dagli atti risulti la tempestiva ed effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato o che questi abbia volontariamente, con atto quindi personalissimo, rinunciato all’opposizione, non lo e’ quella della conoscenza fondata su meccanismi meramente formali desunti dal perfezionamento del procedimento notificatorio, che non sia sfociato nella notifica dell’atto a mani dell’interessato.

L’ordinanza va dunque annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Velletri per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Velletri.

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