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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  14 maggio 2014, n. 19870

Ritenuto in fatto

Il Gip presso il Tribunale di Napoli, con sentenza del 26/11/2012, resa a seguito di rito abbreviato, ha dichiarato G.E. responsabile dei reati ex artt. 73, d.P.R. 309/90 e 337 cod. pen., perché illecitamente deteneva a fine di vendita sostanza stupefacente del tipo marijuana e faceva cadere a terra il carabiniere che stava procedendo agli accertamenti; lo condannava alla pena di anni 4, mesi 2 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
La Corte di Appello di Napoli, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti dal P.G. e nell’interesse del prevenuto, preso atto della rinuncia dell’Esposito al motivo di impugnazione relativo al reato ex art. 337 cod. pen., con sentenza dell’8/3/2013, in riforma del decisum di prime cure, in accoglimento del gravame del P.G. ha applicato la pena accessoria della interdizione dai pp.uu. a carico del’E.
Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, con i seguenti motivi:
-vizio di motivazione in punto di denegata concessione della attenuante ex co. 5 art. 73 d.P.R. 309/90, nonché erronea applicazione dell’art. 73 citato.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia consente di ritenere logica e corretta la argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, non solo in ordine alla sussistenza del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto, ma anche, in particolare, in relazione alla inapplicabilità, nella specie, della ipotesi di cui al co. 5 dell’art. 73, d.P.R. 309/90.
Con l’unico motivo di annullamento, formulato in ricorso, l’imputato eccepisce il vizio di motivazione in punto di diniego della attenuante della lieve entità.
Osservasi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che per la sussistenza dell’attenuante speciale di cui al co. 5, dell’ art. 73, e, quindi, perché il fatto possa essere ritenuto di lieve entità, si deve avere riguardo non solo al dato quantitativo dello stupefacente rinvenuto, ma deve operarsi una complessiva valutazione di tutti gli altri parametri richiamati dal citato comma (qualità della sostanza, mezzi, modalità e circostanze dell’azione); dopo di che, quand’anche uno soltanto di tali indicati elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità, non potrà essere riconosciuta l’attenuante in questione (Cass. 14/2/2007, Santi; Cass. 19/6/1996, Bolzano).
Orbene, le risultanze istruttorie, esaustivamente analizzate e valutate dalla Corte distrettuale, hanno permesso al decidente di accertare che l’E. custodiva un quantitativo rilevante di stupefacente; svolgeva abitualmente e non occasionalmente, previa predisposizione di mezzi e di organizzazione su base familiare, l’illecita attività, sfruttando la propria abitazione come piazza di spaccio: queste modalità e circostanze dell’attività illecita posta in essere dal prevenuto, sono state ritenute dai giudici di merito, a giusta ragione, preclusive la concedibilità della attenuante della lieve entità.
Tuttavia occorre prendere atto della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale, n. 32/2014, che ha dichiarato la non conformità a Costituzione dei d.L. 272/05, convertito in L. 49/06.
La pronuncia della Consulta ha come conseguenza la applicazione nel caso in esame delle fattispecie incriminatrici e del trattamento sanzionatorio previsti dalla precedente normativa, contenuta nel d.P.R. 309/90, con particolare riguardo alla entità della pena da infliggere per i reati concernenti le sostanze incluse nelle tabelle Il e IV, allegate alla legge.
In particolare, le condotte di detenzione illecita di sostanza psicotropa qualificata “droga leggera” risultavano, e oggi risultano, punibili con la reclusione da anni 2 ad anni 6, oltre la multa, dunque con pena edittale diversa e minore da quella assunta come riferimento dal giudice di merito, visto che la Corte distrettuale ha ritenuto di non potere effettuare alcun intervento in melius sul trattamento sanzionatorio sul rilievo che il Gip era partito, nel determinare la sanzione, dal minimo edittale di anni 6 di reclusione.
Conseguentemente, questo Collegio ritiene di dovere annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, affinchè il giudice ad quem proceda alla rideterminazione della pena.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli; rigetta il ricorso nel resto.

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