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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 14 maggio 2014, n. 19883

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Torino confermò l’ordinanza emessa il 21.6.2013 dal Gip del tribunale di Torino, che aveva applicato a T.M. la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art. 600 ter e 56 e 609 bis cod. pen. in danno di due minori quattordicenni, commessi via internet.
L’imputato, a mezzo dell’avv. F.R., propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell’art. 309 cod. proc. pen. e mancanza del rispetto dei termini ivi previsti, in quanto il dies a quo dal quale doveva decorrere il termine per la trasmissione degli atti dal PM al tribunale era quello del 28 giugno 2013, data nella quale è pervenuto via fax al tribunale il ricorso ex art. 309 depositato presso la cancelleria del tribunale di Monza, e non quella del 10 luglio 2013, in cui è arrivato per posta l’originale del ricorso, come si evince dalla documentazione e dallo stesso decreta di fissazione di udienza in camera di consiglio, nel quale si legge appunto che la richiesta di riesame è stata proposta il 28 giugno. Il tribunale pertanto avrebbe dovuto prendere atto che la misura coercitiva aveva perso efficacia.
2) deduce che la competenza territoriale è del tribunale di Milano e non di quello di Torino, in quanto, come prospettato anche dall’accusa, nel fatto di cui al capo Al non si rinvengono i requisiti dell’ipotesi di cui agli artt. 81, 609 bis, comma 1, n. 1 e 2, e nel fatto di cui al capo E) non si rinvengono i requisiti dell’ipotesi di cui agli artt. 56, 609 bis, co. 1, e 609 ter, co. 1 n. 1, ma piuttosto quelli ex art. 56 e 600 ter cod. pen. Le condotte di cui ai capi A) ed E) possono configurare più ipotesi della medesima condotta unite dal vincolo della continuazione.
3) lamenta che la misura cautelare è stata disposta sulla base della mera riqualificazione del fatto, senza addurre nel merito ulteriori elementi probatori, al solo fine di consentire la proroga sine die dei termini di custodia cautelare per poter proseguire le indagini preliminari. Semmai erano venuti meno i gravi indizi di colpevolezza a seguito della perizia informatica di parte e delle dichiarazioni rese in incidente probatorio dalle due ragazze, che avevano detto di avere sempre avuto la convinzione di rapportarsi con una donna.
Con una successiva memoria integrativa il ricorrente fa presente che l’attestazione di conformità del ricorso per riesame è insita nella dichiarazione allegata al fax del tribunale di Monza del 28 giugno 2013.

Motivi della decisione

Il primo motivo è fondato e va dunque accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi.
Nella specie la richiesta di riesame, con cui si impugnava l’ordinanza cautelare del Gip del 21.6.2013, è stata depositata presso il tribunale di Monza, luogo di residenza dell’indagato, in data 28 giugno 2013, ed è stata immediatamente trasmessa lo stesso giorno 28 giugno 2013 via fax dalla cancelleria del tribunale di Monza alla cancelleria del tribunale di Torino. L’originale dell’istanza di riesame è stato poi trasmesso dalla cancelleria per posta ed è pervenuto alla cancelleria del tribunale di Torino solo il 10 luglio 2013. Gli atti posti a fondamento dell’ordinanza cautelare sono stati chiesti al PM lo stesso 10 luglio 2013, ossia quando erano ampiamente spirati, rispetto alla data del 28 giugno, i termini di cui al comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata ha però ritenuto che tali termini dovessero decorrere non dalla data del 28 giugno 2013 in cui era pervenuta alla cancelleria a mezzo fax la copia dell’originale dell’istanza di riesame, bensì dal 10 luglio 2013, data in cui è pervenuto via posta l’originale dell’istanza stessa. L’ordinanza del tribunale del riesame è stata poi depositata il 16 luglio 2013.
L’ordinanza impugnata ha respinto l’eccezione sollevata dalla difesa per due ragioni: a) perché l’orientamento dominante della giurisprudenza sarebbe nel senso di ritenere che il dies a quo dei detti termini corrisponda a quello del pervenimento presso la cancelleria dell’originale dell’atto di impugnazione; b) perché in ogni caso il cancelliere del tribunale di Monza nell’inviare l’atto via fax non aveva attestato di avere inviato l’originale ai sensi dell’art. 64 disp. att. cod. proc. pen.
Entrambe queste argomentazioni sono chiaramente infondate. La giurisprudenza richiamata dalla ordinanza impugnata è infatti irrilevante perché non riguarda la fattispecie in esame. Il principio che queste decisioni pronunciano è infatti che «Qualora la richiesta di riesame sia presentata nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti o davanti a un agente consolare all’estero, a norma dell’art. 582, comma secondo, cod. proc. pen., ovvero sia proposta con telegramma o mediante raccomandata, il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame, a norma dell’art. 309, comma quinto, stesso codice decorre dal giorno in cui la richiesta stessa perviene alla cancelleria del tribunale del riesame, e non già dal giorno della sua presentazione o proposizione, non potendo ipotizzarsi, a carico del presidente del tribunale, l’adempimento dell’obbligo di immediato avviso prima della ricezione della richiesta» (Sez. Un., 22.3.2000, n. 10, Solfrizzi, m. 215827); «Qualora la richiesta di riesame sia presentata nella cancelleria del tribunale in cui si trovano le parti ovvero spedita con le modalità di cui all’art. 583 cod. proc. pen., i termini a disposizione del tribunale del riesame per ricevere gli atti dall’autorità procedente e per emettere la propria ordinanza decorrono comunque dal giorno in cui detta richiesta perviene alla cancelleria del tribunale del riesame stesso, restando a carico delle parti richiedenti il lasso di tempo intercorrente tra la presentazione o spedizione della richiesta e il suo successivo pervenimento al tribunale competente» (Sez. III, 17.12.2007, n. 4113, Tanase, m. 239242; Sez. I, 8.7.2011, n. 30526, Abderrahman, m. 250911).
Il principio affermato è dunque quello – che qui si condivide – che nel caso di presentazione dell’istanza nella cancelleria del tribunale del luogo di residenza, il dies a quo decorre dalla data di pervenimento dell’istanza stessa al tribunale competente. La questione che si presenta in questa sede è invece quella – differente – di stabilire quale sia la data di tale pervenimento quando l’istanza sia trasmessa – da cancelleria a cancelleria (e non da privato a cancelleria) – a mezzo fax e non a mezzo posta.
La fattispecie è regolata dall’art. 64 disp. att. cod. proc. pen. il quale, al comma 3, dispone che nei rapporti tra un ufficio giudiziario ed un altro, «in caso di urgenza o quando l’atto contiene disposizioni concernenti la libertà personale, la comunicazione è eseguita col mezzo più celere nelle forme previste dagli articoli 149 e 150 del codice … »; ed al comma 4, che al fine di tale comunicazione «la copia può essere trasmessa con mezzi tecnici idonei, quando il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l’atto attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale».
Ora, è evidente che, se il legislatore ha stabilito che, nel caso di atti contenenti disposizioni relative alla libertà personale, la comunicazione da un ufficio all’altro debba essere eseguita con il mezzo più celere ed anche a mezzo telefax, sarebbe poi paradossale ritenere che questa comunicazione celere non abbia nessuna finalità e nessun effetto perché, ai fini del decorso dei termini, occorrerebbe poi comunque aspettare il successivo arrivo dell’originale via posta. La norma, infatti, secondo una tale interpretazione, non avrebbe alcun senso. Ne consegue che l’unica interpretazione possibile, conformemente del resto alla lettera ed alla ratio della disposizione, è quella che nel caso di comunicazione di copia di atti per mezzo telefax, da ufficio a ufficio, la data di pervenimento dell’impugnazione, ai fini del decorso dei termini di cui all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., è quella in cui il fax con la copia dell’istanza originale perviene alla cancelleria del tribunale del riesame competente.
In questo senso, del resto, già si è espressa questa Corte con la sentenza 29.3.2013, n. 18203, Semo, m. 255507, secondo cui «È legittima l’istanza di riesame avverso un’ordinanza di misura cautelare personale presentata, ex art. 582 cod. proc. pen., – mediante deposito nella cancelleria del tribunale del luogo in cui le parti ed i loro difensori si trovino – e comunicata al tribunale territorialmente competente a mezzo “telefax” dall’Ufficio ricevente, il quale attesti l’intervenuta trasmissione dell’originale dell’atto, ex art. 64, comma terzo, disp. att. cod. proc. pen.; in tal caso, ai fini della decorrenza del termine perentorio di cui all’art. 309, comma quinto, cod. proc. pen., si ha riguardo al giorno in cui la richiesta perviene alla cancelleria del tribunale competente». Erroneamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto di non dover seguire questo orientamento considerandolo minoritario rispetto all’altro dianzi ricordato, senza rendersi conto che in realtà le diverse decisioni non sono tra loro in contrasto, riguardando fattispecie diverse, e che quest’ultima decisione risulta invece quella che specificamente ha affrontato e risolto la questione prospettata in questa sede.
Questa Corte ha anche precisato che le indicazioni dell’apparecchiatura, segnalate nel provvedimento impugnato, “OK message confirmation”, o simili, valgono a documentare l’avvenuta comunicazione dell’atto (Sez. 5, 5.06.1996, n. 2798, Semo, m. 205518).
Nel caso in esame risultano osservate tutte le formalità di trasmissione dell’istanza di riesame, previste dalle richiamate disposizioni di legge, per il caso di comunicazioni “di atti del giudice ad altro giudice”, secondo la dizione dell’art. 64, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Ed invero, dall’esame degli atti (direttamente esaminabili trattandosi di questione di natura processuale) risulta: che il tribunale di Monza, ufficio che ricevette l’istanza di riesame del Sala il 28 giugno 2008, la comunicò lo stesso giorno 28 giugno al competente tribunale di Torino per mezzo telefax; che il funzionario della cancelleria del tribunale di Monza ha effettuato la dovuta attestazione, relativa all’intervenuta trasmissione, a mezzo fax, dell’originale dell’atto (come risulta dalla dichiarazione contenuta nella nota di accompagnamento del detto fax, in cui si certifica appunto che viene comunicata l’allegata istanza di riesame, il cui originale viene poi trasmesso a mezzo posta); che del resto anche nel decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per l’udienza del 16.7.2013, si afferma che la richiesta di riesame è stata proposta il 28 giugno.
In conclusione deve affermarsi che, stante il legittimo impiego dei richiamati mezzi tecnici, rispetto alla trasmissione di atti in materia di libertà personale e vista la positiva funzionalità della trasmissione, nel caso in esame la data del 28 giugno 2013 in cui è effettivamente ed efficacemente pervenuta, via telefax, la richiesta di riesame presso il competente tribunale di Torino costituisce il dies a quo rispetto alla decorrenza dei termini di cui all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen.
Pertanto, ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., il pubblico ministero procedente avrebbe dovuto trasmettere gli atti al tribunale del riesame entro la data del 3 luglio 2013, mentre nella specie gli atti sono pervenuti al tribunale del riesame di Torino in data 12 luglio 2013.
Parimenti, ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. il tribunale del riesame avrebbe dovuto in ogni caso disporre sul ricorso per riesame entro la perentoria data del 13 luglio 2013, mentre l’ordinanza impugnata è stata depositata il 17 luglio 2013.
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. l’ordinanza che aveva disposto la misura coercitiva aveva perso efficacia.
Pertanto, si impone la declaratoria di perdita di efficacia della misura coercitiva adottata dal G.i.p. di Torino con ordinanza 21 giugno 2013, ai sensi e per gli effetti del disposto di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. con immediata liberazione di T.M., se non detenuto per altra causa. L’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, a causa della evidenziata violazione di legge, stabilita a pena di nullità, che il tribunale del riesame di Torino ha omesso di rilevare. Resta assorbito ogni ulteriore motivo di doglianza. La cancelleria viene demandata per le immediate comunicazioni ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e per l’effetto dispone la perdita di efficacia dell’ordinanza impositiva della misura del G.i.p. del tribunale di Torino del 21 giugno 2013.
Ordina l’immediata liberazione di T.M., se non detenuto per altra causa.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.

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