Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 gennaio 2016, n. 819

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRILLO Renato – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cuneo nel procedimento nei confronti di:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del Tribunale di Cuneo, in data 18/03/2015;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. MARINELLI F., che ha concluso per l’annullamento senza rinvio;

udite le conclusioni dell’Avv. (OMISSIS), in sostituzione del Difensore di fiducia;

Avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cuneo ha proposto ricorso avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Cuneo, in accoglimento dell’istanza di riesame presentata da (OMISSIS) quale legale rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., ha annullato il decreto di sequestro probatorio di documentazione bancaria e finanziaria emesso dal P.M. per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 in relazione alla indicazione nelle dichiarazioni, per gli anni 2011, 2012 e 2013 di fatture per operazioni inesistenti.

2. Con un primo motivo lamenta che il Tribunale, valorizzando il mancato superamento delle soglie di punibilita’ avrebbe inteso riqualificare i fatti ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 in relazione alla giustificazione fornita da (OMISSIS) circa il fatto che le somme in entrata desunte da una contabilita’ non ufficiale ed in un primo tempo indicate dalla coindagata (OMISSIS) quali restituzioni di somme di importi relativi a fatture per operazioni inesistenti erano, per la (OMISSIS), in realta’, restituzioni di prestiti personali effettuati precedentemente da (OMISSIS), e per la (OMISSIS), pagamenti di prestazioni di manutenzione forfetizzate.

Al contrario, dagli elementi acquisiti sarebbero emersi dati ben valorizzagli nel senso della configurabilita’ di un’ipotesi di dichiarazioni fraudolente e su tale ipotesi (ovvero quella in relazione alla quale e’ avvenuto il sequestro della documentazione) il Tribunale era tenuto a pronunciarsi.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 2 cit. posto che, ove invece si ritenesse che alcuna indebita riqualificazione sia stata operata dal Tribunale, per tale ipotesi nessuna soglia di punibilita’ e’ stata mai prevista dal legislatore; in tale contesto, dunque, il provvedimento di sequestro era strumentale alla verifica dei fatti previsti dalla legge come reati.

4. In data odierna ha depositato “memoria di replica” la Difesa degli indagati che, deducendo come il Tribunale abbia correttamente valutato nel merito se gli elementi rappresentati dal P.M. consentissero di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato, e rappresentando come nei fatti accertati dalla Guardia di Finanza mancherebbe qualunque profilo di rilevanza penale, ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso e’ fondato.

Occorre premettere che il sequestro probatorio e’ stato operato in relazione a condotte addebitate a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sub specie del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 essendo infatti stata contestata la indicazione, nelle dichiarazioni annuali Iva per gli anni di imposta 2010, 2011 e 2012, di fatture aventi ad oggetto sponsorizzazioni riferite ad operazioni ritenute inesistenti.

Cio’ posto, il provvedimento impugnato, dopo avere preso atto della contestazione mossa in relazione al citato articolo 2 ed osservato che gli importi Iva che sarebbero stati evasi, e corrispondenti ad euro 25.000 per gli anni 2010 e 2011 e in euro 15.000 per la successiva annualita’, non avrebbero raggiunto la “soglia di euro 50.000…normativamente prevista per la rilevanza penale dei fatti”, ha concluso per la “indiziaria insussistenza del reato”.

Tale conclusione e’ pero’ affetta da violazione di legge, come puntualmente dedotto dal P.M. ricorrente con il secondo motivo di ricorso, in realta’ esaminabile in via logica come motivo di carattere preliminare : infatti il reato di cui all’articolo 2 cit., dallo stesso Tribunale chiaramente assunto a parametro per giudicare della legittimita’ del sequestro probatorio operato (come desumibile da quanto osservato circa la “assai specifica contestazione provvisoriamente levata dal P.M., certo non ancora cristallizzata, ma non per questo irrilevante o superabile nella fase”), non prevede alcuna soglia di punibilita’; ne’, proprio in ragione di quanto affermato dalla stessa ordinanza impugnata ed appena sopra testualmente riportato, appare essere stata operata alcuna riqualificazione dei fatti ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 (presupposto, questo, da cui muove il primo motivo di ricorso, invero logicamente subordinato rispetto al secondo) che consentirebbe invece di valutare o meno il superamento delle soglie di punibilita’ per tale fattispecie contemplate.

Consegue gia’ solo per quanto detto (in ogni caso essendo tardiva la memoria presentata dalla difesa degli indagati che, nel merito, appare eccentrica rispetto alle censure mosse dal P.M.), l’illegittimita’ dell’ordinanza impugnata che va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Cuneo per nuovo giudizio cautelare.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Cuneo.

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