Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 11 settembre 2014, n. 19149

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24388-2008 proposto da:
(OMISSIS) GESTIONE STRAORDINARIA IN LIQUIDAZIONE in persona del suo Liquidatore Rag. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.A. IN LIQUIDAZIONE gia’ (OMISSIS) S.A. incorporata in (OMISSIS) questa gia’ (OMISSIS) SPA in persona del suo Liquidatore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio (OMISSIS) l’11.11.2008 apostille dell’11.11.2008 (all. n. 1);
(OMISSIS) – S.P.A. ora (OMISSIS) SPA (OMISSIS) (OMISSIS) in persona del suo Amministratore Unico Rag. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1221/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 11/07/2007, R.G.N. 301/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La liquidazione della “Gestione Straordinaria della (OMISSIS)” (ente regionale dotato di personalita’ giuridica di diritto privato, ai sensi della Legge Regionale Valle d’Aosta 21 dicembre 1993, n. 88, articolo 2; d’ora innanzi, per brevita’, “la Gestione”), nel 1999 convenne dinanzi al Tribunale d’Aosta due societa’ commerciali appartenenti al medesimo gruppo:
(-) la (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.p.a.);
(-) la (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito si fondera’ per incorporazione nella societa’ (OMISSIS) S.A., societa’ di diritto britannico con sede nelle (OMISSIS), ora in liquidazione).
2. Nell’atto di citazione la Gestione espose che:
– la (OMISSIS) aveva gestito dal 1947 al 1994, in virtu’ di concessione regionale, la (OMISSIS), di proprieta’ regionale;
– allorche’ la regione assunse la gestione diretta della casa da gioco, dal 1 luglio 1994, era sorta controversia tra la regione, la (OMISSIS) e la (OMISSIS) in merito all’uso di vari beni di proprieta’ di queste ultime, ma necessari alla gestione del (OMISSIS);
– nel contesto di tale controversia (OMISSIS) e (OMISSIS), per indurre la Gestione ad accogliere le loro pretese, avevano avviato una serie di azioni con fine puramente emulativo, ovvero finalizzate ad indurre la Gestione a concedere nuovamente alla (OMISSIS) o ad altre societa’ del medesimo gruppo la gestione del casino’. Tali azioni furono:
– la minaccia di licenziamento del personale del casino’;
– varie istanze di sequestri giudiziari e conservativi;
– l’impugnativa del bilancio della Gestione;
– la proposizione d’una istanza di fallimento nei confronti della Gestione.
3. La Gestione concluse il suo atto di citazione chiedendo la condanna della (OMISSIS) e della (OMISSIS) al risarcimento dei danni causati dalle suddette iniziative: e cio’ sia ex articolo 96 c.p.c., sia ex articolo 2043 c.c..
4. Le due societa’ convenute si costituirono (l’una tempestivamente, l’altra tardivamente) e chiesero il rigetto della domanda.
Con sentenza 22.11.2004 n. 436 il Tribunale di Aosta accolse la domanda e condanno’:
– la sola (OMISSIS) a pagare alla Gestione l’importo di circa 3,5 milioni di euro;
– la (OMISSIS) e la (OMISSIS) in solido a pagare alla gestione l’ulteriore importo di circa 1,6 milioni di euro.
5. La sentenza venne impugnata dalle societa’ soccombenti dinanzi la Corte d’appello di Torino.
Il giudice di secondo grado con sentenza 11.7.2007 n. 1221 dichiaro’ inammissibile la domanda, sul presupposto che la richiesta di risarcimento del danno per cd. “responsabilita’ aggravata”, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., andasse proposta nello stesso giudizio che si assumeva essere stato introdotto con colpa grave o mala fede, ivi compreso quello prefallimentare. Nel caso di specie, pertanto, secondo la Corte d’appello sarebbe stato onere della Gestione domandare il risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c. nel giudizio concernente l’istanza di fallimento, ed eventualmente proporre reclamo avverso il decreto di rigetto.
6. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla Gestione, sulla base di tre motivi.
Hanno resistito con controricorso sia la (OMISSIS) (ex (OMISSIS)) che la (OMISSIS) (ex (OMISSIS)).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso la Gestione sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Espone, al riguardo, di avere eccepito in grado di appello l’inammissibilita’ (per tardivita’) dell’impugnazione proposta dalla (OMISSIS).
Tale eccezione era fondata sul rilievo che, al momento della proposizione dell’appello, amministratore unico della (OMISSIS) era il sig. (OMISSIS);
la stessa persona, tuttavia, all’epoca della notifica dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio era liquidatore della Gestione: di qui l’esistenza d’un conflitto di interessi tra l’amministratore della (OMISSIS) e la societa’ stessa.
Tale eccezione era stata rigettata dalla Corte d’appello sul presupposto che (OMISSIS) era divenuto amministratore della (OMISSIS) nel 2005, sei anni dopo l’abbandono della sua carica nella Gestione: e dunque nessun concreto conflitto di interessi era possibile.
Tale motivazione sarebbe, secondo la ricorrente, contraddittoria: il conflitto d’interessi tra societa’ ed amministratore, infatti, sussisterebbe anche quando sia soltanto potenziale, e nella specie la sussistenza di esso era dimostrata dal fatto che la stessa (OMISSIS) aveva, in accoglimento dell’invito rivoltole dalla Corte d’appello, provveduto a nominare un procuratore speciale per la coltivazione del giudizio d’appello.
1.2. Il motivo e’ inammissibile.
Legittimato a dolersi della nullita’ derivante – in tesi – dalla mancata nomina del curatore di cui all’articolo 78 c.p.c. e’ infatti il rappresentato, non la sua controparte processuale. L’esistenza d’un conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato, infatti, puo’ legittimare la controparte che vi abbia interesse unicamente a chiedere la nomina di un curatore speciale al rappresentato, ai sensi dell’articolo 79 cpv. c.p.c.. Il conflitto d’interessi, per contro, non puo’ essere dedotto dalla controparte processuale del rappresentato per farne derivare l’invalidita’ della costituzione in giudizio del rappresentante, “in quanto l’interesse tutelato dall’articolo 78 cpv. c.p.c. e’ esclusivamente quello della parte rappresentata, e non anche quello delle altre parti” (cosi’ Sez. 1, Sentenza n. 1808 del 29/03/1979, Rv. 398172).
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso la Gestione lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Espone, al riguardo, che la nomina, da parte della (OMISSIS), d’un procuratore speciale in corso di causa, che aveva provveduto a rinnovare l’atto d’appello, non poteva sanare la nullita’ derivante dal conflitto d’interessi tra la stessa societa’ ed il suo amministratore in carica all’epoca dell’introduzione del gravame, perche’ delle due l’una:
– ove si ritenga che la nomina del curatore speciale, nel caso di conflitto d’interessi, debba avvenire prima dell’introduzione della lite a pena di nullita’, nel caso di specie tutti gli atti processuali del giudizio d’appello sarebbero nudi;
– ove, per contro, si ritenga che gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto di interessi siano equiparabili a quelli compiuti dal falsus procurator, la nomina di un procuratore speciale in corso di causa da parte della (OMISSIS) non avrebbe sanato gli atti gia’ compiuti.
Nell’uno come nell’altro caso, pertanto, la nomina del curatore speciale non vale a sanare gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto d’interessi, ed avrebbe percio’ errato la Corte d’appello nel ritenere ammissibile il gravame proposto dalla (OMISSIS) quando suo amministratore era il sig. (OMISSIS), asseritamente in conflitto d’interessi con la societa’.
2.2. Il motivo e’ manifestamente infondato, per varie ed indipendenti ragioni.
2.2.1. La prima ragione e’ che il giudice di merito ha escluso l’esistenza d’un conflitto: e poiche’, per quanto detto ai p.p. 1.1 e ss., tale statuizione resiste al primo motivo di ricorso, diviene irrilevante stabilire se siano state correttamente applicate le norme sul conflitto d’interessi, per la semplice ragione che correttamente il giudice di merito di quel conflitto escluse la sussistenza.
2.2.2. La seconda ragione e’ che in ogni caso la nomina di un curatore speciale in corso di causa ha sanato con effetti ex tunc l’eventuale difetto originario di rappresentanza della societa’ appellante (come gia’ ritenuto, sia pure in diversa fattispecie, da Sez. 1, Sentenza n. 1891 del 14/07/1964, Rv. 302687, e soprattutto da Sez. 3, Sentenza n. 20659 del 25/09/2009, Rv. 610339, in motivazione).
Non pertinente e’, al riguardo, la giurisprudenza invocata (alle pp. 48-52 del ricorso) dalla ricorrente, la quale fa dire a questa Corte quel che mai non disse, e confonde il problema dell’ammissibilita’ dell’appello proposto dal falsus procurator, con quello degli effetti della nomina del curatore speciale ex articolo 78 c.p.c..
Ed infatti altro e’ stabilire quale debba essere la sorte d’un appello proposto dal falsus procurator (sostanziale) dell’appellante, ben altro e’ stabilire quale debba essere la sorte del gravame proposto da chi rappresentante pur sempre sia, ma abbia agito in conflitto d’interessi: problema relativamente al quale mai si e’ dubitato che il curatore speciale possa essere nominato anche in corso di causa, e che la nomina di questi sani con effetto ex tunc gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto.
2.2.3. La terza ragione di infondatezza del secondo motivo di gravame e’ che in ogni caso l’interpretazione dell’articolo 78 c.p.c. propugnata dalla ricorrente e’ erronea, perche’ renderebbe la norma produttiva di effetti antitetici rispetto ai suoi fini.
Si consideri infatti che la (OMISSIS) nel presente giudizio era stata condannata in primo grado, e l’appello fu proposto dal legale rappresentante che si assume in conflitto di interessi.
La Gestione pretenderebbe ora che, ravvisato dal giudice d’appello il conflitto e scelto dall’appellante un procuratore speciale, la nomina di quest’ultimo avrebbe efficacia ex nunc. E poiche’ tale nomina avvenne dopo la scadenza del termine per appellare, l’appello proposto dal rappresentante (che si assume essere stato) in conflitto di interessi sarebbe tardivo. Sicche’, a seguire la tesi della Gestione, si perverrebbe all’assurdo che le norme sul conflitto di interessi, preordinate a tutelare il rappresentato, si ritorcerebbero a danno di questi, il quale in tutti i casi di nomina del curatore in corso di causa, ex articolo 78 c.p.c., correrebbe il rischio di incorrere in preclusioni e decadenze.
Molto chiara, al riguardo, fu la motivazione di Sez. 2, Sentenza n. 8803 del 30/05/2003, Rv. 563809, ove si affermo’ che il conflitto di interessi di cui all’articolo 78 c.p.c. sussiste quando vi e’ il pericolo che “il potere rappresentativo sia esercitato dal rappresentante in contrasto con l’interesse del rappresentato, essendo il primo portatore d’interesse personale ad un esito della lite diverso da quello vantaggioso per il secondo”. Per contro, aderendo alla tesi sostenuta dalla ricorrente, ne discenderebbe che l’appello tempestivamente proposto dal rappresentante in conflitto (e quindi utile per il rappresentato) diverrebbe tamquam non esset nell’esatto momento in cui, rilevato il conflitto, all’appellante fosse nominato in corso di causa un curatore speciale. Con le ulteriori surreali conseguenze che, da un lato, il rappresentato non avrebbe alcun interesse ad instare per la nomina del curatore; e dall’altro che proprio dall’applicazione della norma che dovrebbe tutelare il rappresentato scaturirebbe un grave pregiudizio per quest’ultimo.
2.3. Il motivo d’appello va dunque rigettato (anche) in base al seguente principio di diritto:
La nomina del curatore speciale previsto dall’articolo 78 c.p.c. ha efficacia ex tunc. Essa, pertanto, se avviene in appello e dopo lo spirare del termine per appellare lascia fermi gli effetti dell’appello tempestivamente proposto dal rappresentante dell’appellante conflitto di interessi.
3. Il terzo motivo di ricorso.
3.1. Coi terzo motivo di ricorso la Gestione lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
La norma violata e’ individuata nell’articolo 96 c.p.c.; e negli articoli 6, 18, 21, e 22 L.F..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria, ex articolo 96 c.p.c., sul presupposto che tale domanda si sarebbe dovuta proporre nel giudizio in tesi callidamente introdotto, ovvero quello scaturito dall’istanza di fallimento.
Deduce per contro la Gestione che la domanda di risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c. puo’ essere proposta anche in via autonoma, quando il processo introdotto in mala fede ha una struttura tale da non consentirne l’esame: e tale e’, giustappunto, l’ipotesi di istanza di fallimento seguita da provvedimento di rigetto. Il giudizio prefallimentare, infatti, per struttura e contenuti non e’ idoneo ad una istruttoria approfondita, qual e’ quella necessaria per l’accertamento del danno.
3.2. Il motivo e’ infondato.
Gia’ in passato questa Corte ha ritenuto che il Tribunale il quale rigetti, ai sensi della L.F., articolo 22, un’istanza di fallimento, e’ competente a provvedere sulla richiesta di condanna del creditore ricorrente al rimborso delle spese processuali ed al risarcimento dei danni da responsabilita’ aggravata a norma dell’articolo 96 cod. proc. civ.. (Sez. 1, Sentenza n. 2216 del 28/02/2000, Rv. 534473).
Il principio e’ stato implicitamente corroborato da Corte cost., 20-07-1999, n. 328, la quale come noto ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’articolo 22, comma 2, L.F., nella parte in cui non prevede che avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento possa proporre reclamo alla corte d’appello il debitore in relazione al mancato accoglimento da parte del tribunale di domande proposte dallo stesso debitore.
3.3. Non convincenti appaiono, al riguardo, gli argomenti con i quali la Gestione sollecita un ripensamento di tale tradizionale orientamento.
3.3.1. L’argomentazione secondo cui il giudice prefallimentare possa avere “difficolta’” a svolgere una istruttoria piena e completa e’ una petitio principii: quel giudice, come qualsiasi altro, dinanzi ad una domanda di danno formulata ex articolo 96 c.p.c. potra’ e dovra’ compiere tutti gli accertamenti del caso: e quindi acquisire documenti, assumere prove testimoniali, disporre consulenze. Da un lato nessuna norma lo vieta, e dall’altro lo impone l’articolo 111 cost., il quale inibisce interpretazioni delle norme processuali che dilatino l’attivita’ giurisdizionale, la’ dove sia possibile ridurla: e nel nostro caso non si comprende perche’ celebrare due processi, quando uno basterebbe.
3.3.2. L’argomentazione secondo cui il decisum di Corte cost. 328/99, cit., sarebbe irrilevante nel presente giudizio, e comunque sarebbe irretroattivo, sembra non cogliere la portata di quella decisione. Infatti, una volta ammesso che l’imprenditore ha a disposizione uno strumento processuale per impugnare la decisione che, rigettando l’istanza di fallimento, non si sia pronunciata sulle sue eventuali domande riconvenzionali (di qualsiasi tipo: spese, danni, responsabilita’ aggravata), viene a cadere l’esigenza di proporre la domanda di risarcimento ex articolo 96 c.p.c. in un autonomo giudizio.
Quanto, poi, alla allegazione secondo cui le pronunce della Consulta che investano norme processuali non avrebbero effetto retroattivo, bastera’ rinviare al principio esattamente opposto sancito da Sez. 2, Sentenza n. 3642 del 16/02/2007, Rv. 596057.
4. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
-) rigetta il ricorso;
-) condanna la liquidazione della “Gestione Straordinaria della (OMISSIS)” alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) S.A. in liquidazione, in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 20.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A. ed accessori di legge.

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