Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 22 settembre 2014, n. 4739

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6830 del 2012, proposto da:
Ad.Ma. ed altri (…) rappresentati e difesi dagli avv.ti Gi.Ve., Ma.Fi., Ra.Bo., con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, corso (…);
contro
Comune di Grezzago, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gi.Ma., Ga.Pa., Pa.Sc., con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano: Sezione II n. 01254/2012, resa tra le parti, concernente decreto d’occupazione temporanea e d’urgenza – ris. danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Grezzago;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 maggio 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Ga.Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO

 
I sigg.ri Ma., meglio specificati in epigrafe, sono proprietari di un terreno sito in Comune di Grezzano, inserito in catasto al foglio 3 mappale 365 di mq 3.170 parte del quale (2,00 mq circa) è stata classificata dal PRG del predetto Comune (deliberazione consiliare di adozione n. 49/98 e delibera di approvazione della G.R. Lombardia n. 882 del 3/8/2000) come area F1 (“Attrezzature pubbliche”).
L’Amministrazione comunale con delibera consiliare n.8 del 12/3/2001 approvava il progetto preliminare dei lavori di realizzazione di un giardino attrezzato a servizio di una scuola , interessante l’area de qua; con successiva delibera della Giunta Municipale n.103 del 27/8/2001 veniva quindi approvato il progetto esecutivo di tali lavori unitamente alla dichiarazione di pubblica utilità , urgenza ed indifferibilità delle opere da eseguire ai fini dell’esproprio ai sensi dell’art.1 della legge n.1/78, con fissazione del termine di inizio della procedura e dei lavori alla data del 27/8/2002.
Gli appellanti riferiscono altresì di essere stati informati dal Comune con nota prot. n.4570 del 6/7/2001 dell’ “avvio del procedimento di espropriazione per pubblica utilità finalizzato alla realizzazione del giardino attrezzato a servizio della scuola”.
Il suindicato Comune quindi con delibera della G.M. n. 30 dell’1/4/2003 avviava l’occupazione di urgenza delle aree , con la proroga dei termini iniziali del procedimento per un anno e cioè sino al 27/8/2003 e di tanto dava comunicazione ai sigg.ri Ma. con nota del 2/4/2003 (circostanza pacificamente ammessa dagli stessi appellanti).
Facevano quindi seguito il decreto di occupazione temporanea ed urgente delle aree del 30/4/2003, l’avviso di immissione in possesso del 7/5/2003 e il verbale di immissione in possesso redatto in data 1/6/2003.
I sigg.ri Ma. hanno allora impugnato innanzi al Tar per la Lombardia con ricorso originario la delibera giuntale n.30 dell’1/4/2003, la deliberazione della G.M. n.103/2001 di approvazione del progetto esecutivo dell’opera di che trattasi con la dichiarazione di pubblica utilità ai fini dell’esproprio nonché il decreto di occupazione d’urgenza, con richiesta di risarcimento danni ; successivamente con atto di motivi aggiunti hanno impugnato il decreto di esproprio n.1 del 13/7/2004, reiterando la richiesta di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni, ritenuti prodottisi in conseguenza dell’adozione degli atti impugnati.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.1254/2012 dichiarava in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso introduttivo, nonché inammissibili e comunque infondati i proposti motivi aggiunti, rigettando altresì le formulate domande risarcitorie.
Avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto sono insorti gli interessati, deducendo, a sostegno del proposto appello i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art.24 Cost.; violazione o falsa applicazione dell’art.21 legge n.1934/1971; violazione o falsa dell’art.29 del c.p.a.; insufficiente o contraddittoria motivazione circa il presupposto della piena conoscenza del provvedimento lesivo;
2) Violazione o falsa applicazione dell’art.24 Cost.; violazione o falsa applicazione dell’art.21 della legge n.1034/1971; violazione o falsa applicazione dell’art.29 c.p.a.; omessa motivazione su un fatto decisivo del giudizio; erronea valutazione degli elementi probatori;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art.24 Cost.; violazione o falsa applicazione dell’art.21 legge n.1034 del 1971; violazione o falsa applicazione dell’art.43 c.p.a.; insufficiente o contraddittoria motivazione ; errata interpretazione delle norme e dei principi in tema di ricorsi per motivi aggiunti;
4) Violazione o falsa applicazione dell’art.112 c.p.c.; violazione o falsa applicazione dell’art.6 del regolamento procedura innanzi al Consiglio di Stato; violazione o falsa applicazione degli artt.40 e 41 c.p.a.; vizio di ultrapetizione; erronea valutazione circa i provvedimenti oggetto d’impugnazione.
Parte appellante ha poi riproposto le censure del ricorso di primo grado, rubricati sotto tre mezzi di gravame, riproducendo altresì la domanda risarcitoria.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Grezzago che ha contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione.
 

DIRITTO

 
L’appello è infondato.
Con la sentenza qui impugnata il Tar per la Lombardia senza entrare nel merito delle censure dedotte dagli interessati , in accoglimento dell’eccezione sollevata ex adverso dalle difese avversarie ha dichiarato irricevibile il ricorso degli attuali appellanti in quanto non tempestivamente proposto.
Parte appellante con le doglianze variamente articolate a mezzo dei denunciati motivi di gravame censura la sentenza del primo giudice in rapporto alla detta declaratoria di irricevibilità che regge la pronuncia, evidenziando, in particolare, l’assenza di una piena conoscenza del provvedimento da impugnarsi quanto alla lesività del medesimo ai fini del decorso del termine di impugnazione, senza che se ne possa dedurre la tardività
Le statuizioni assunte sul punto dal T.A.R. appaiono immuni dalle critiche operate dagli appellanti, rivelandosi le stesse, avuto riguardo alla fattispecie concretamente in rilievo, in linea con i principi giurisprudenziali costantemente affermati in subiecta materia.
In linea generale, relativamente al termine decadenziale per l’impugnativa giurisdizionale occorre fare riferimento all’art.21 della legge n.1034 , istitutiva dei tribunali amministrativi regionali secondo cui il termine per ricorrere avverso un provvedimento decorre dal giorno in cui l’interessato ha avuto piena conoscenza del provvedimento medesimo e tale previsione trova il suo pendant nella norma recata dall’ art.41 (2 comma) c.p.a. secondo cui “il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza entro il termine previsto dalla legge decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza.”
Il giudice amministrativo si è preoccupato di interpretare la locuzione ” piena conoscenza” avendo cura di evidenziare come per essa deve intendersi, ai fini della tempestiva impugnazione, la consapevolezza dell’atto e della portata lesiva dello stesso (Cons. Stato Sez. IV 28/6/2011 n.5346; idem 28/1/2011 n.678; Cons. Stato Sez. V 3/3/2004 n.10223), affermando altresì che per la tardività occorre fornire da parte di chi la eccepisce precisi riscontri in ordine alla conoscenza dell’atto gravato in tempi antecedenti al termine decadenziale di impugnazione (Cons. Stato Sez. IV 7/5/2013 n.2462; Cons. Stato sez. V 5/2/2007 n.452).
Questa Sezione ha avuto modo peraltro di far notare che il tema dell’effettiva conoscenza del provvedimento amministrativo, rilevante ai fini del decorso del termine per l’impugnativa si connota secondo modalità articolate che rispecchiano la tipologia e i contenuti dello stesso atto da gravare, con la conseguenza che la conoscenza degli elementi essenziali e lesivi del provvedimento deve essere accertato in concreto, rendendosi così giustificata in giurisprudenza una casistica diversificata in relazione ai diversi eventi che possono giustificare l’inizio della decorrenza del termine decadenziale di che trattasi (cfr sentenza n.4132 del 17 aprile 2012).
Sulla scorta della impostazione data da questo giudice alla problematica della “piena conoscenza”, tenuto conto degli elementi di fatto che connotano il caso all’esame, come concretamente verificatosi, bisogna convenire sulla correttezza delle conclusioni con cui il Tar ha dedotto l’ avvenuta tardiva impugnazione del provvedimento oggetto di contestazione giudiziale, costituito, nel caso de quo, dall’atto comunale recante la proroga del termine dell’inizio dei lavori dell’opera pubblica che ha interessato il terreno degli appellanti.
E’ accaduto invero che il Comune con comunicazioni individuali trasmesse ai ricorrenti e dagli stessi ricevute tra il 9/4/2003 e il 16/4/2003 (la circostanza è pacifica in causa) ha fatto presente che con deliberazione della G.M. n.30 dell’1/4/2003 l’Amministrazione comunale aveva proceduto a prorogare di un anno il termine di inizio lavori avviando il procedimento di occupazione d’urgenza delle aree di loro proprietà e a fronte di tale notiziazione gli interessati hanno proposto ricorso giurisdizionale avverso la delibera in questione solo in data 27/6/2003, oltre il termine decadenziale d’impugnazione.
Osserva il Collegio che la nota di comunicazione fatta pervenire ai destinatari della procedura espropriativa in ragione del tenore delle notizie in essa contenute reca una serie di elementi idonei a far identificare vuoi il soggetto procedente vuoi l’oggetto delle determinazioni assunte nei confronti dei sig.ri Mapelli e di conseguenza ha messo i medesimi in condizione di percepire pienamente e comunque concretamente gli effetti lesivi dell’atto deliberativo adottato dal Comune (la delibera giuntale n.30/2003).
Se così è, nella specie, gli elementi essenziali e qualificanti dell’atto, indispensabili per approntare un rimedio a tutela delle posizioni giuridiche soggettive per una efficace difesa delle stesse (art.24 Cost.) sono stati portati esaustivamente a conoscenza degli interessati e ciò è valso a far conseguire ai destinatari della comunicazione la consapevolezza della iniziativa amministrativa unitamente alla portata lesiva dell’atto deliberativo assunto dalla Giunta Comunale relativamente alle loro posizioni con la conseguenza che in capo agli stessi non poteva non insorgere l’onere precipuo ed inderogabile di gravare tempestivamente e cioè nei termini previsti (sessanta giorni) il provvedimento di proroga dei termini di inizio dei lavori, quale atto con effetti di per sé immediatamente lesivi, sin dal momento in cui di tale adozione sono stati resi edotti e cioè dal 16/4/2003.
Parte appellante sostiene che il dies a quo per l’impugnativa deve farsi decorrere dalla data in cui gli interessati, a seguito di accesso hanno ottenuto copia degli atti della procedura, ma il rilievo non è condivisibile posto che la lesività delle determinazioni adottate dall’Amministrazione si è materializzata già nel momento in cui è stata comunicata l’avvenuta adozione delle stesse a mezzo della delibera giuntale n.30/2003, senza che fosse necessario avere cognizione dell’integrale contenuto degli atti della procedura.
Invero, con la notifica della comunicazione dell’atto deliberativo che ha disposto la proroga è insorto e si è attualizzato l’interesse sostanziale e processuale ad agire nei confronti di siffatto provvedimento, tant’è che non a caso nei gravami viene contestata proprio la disposta proroga: se così non fosse, se cioè si volesse ancorare la decorrenza del termine impugnatorio ad una diversa, successiva data, significherebbe aggirare la regola legislativamente fissata della decadenza del termine di impugnazione, a danno del principio della certezza e stabilizzazione delle situazioni giuridiche come conformate dall’azione della P.A.
Quanto sin qui osservato trova conferma nell’istituto processuale dei “motivi aggiunti”, rimedio giurisdizionale introdotto dalla legge n.205/2000, configurato proprio per consentire una difesa integrativa delle ragioni dell’interessato una volta venuto a conoscenza di ulteriori atti o dei motivi originariamente non conosciuti, senza che però possa venir meno l’inderogabile regola del radicarsi dell’onere impugnatorio sin dal momento in cui si è avuto conoscenza, come nel caso all’esame, degli elementi essenziali del provvedimento (cfr Cons. Stato Sez. III 22/8/2012 n.4593).
I profili di irricevibilità per tardività del ricorso di primo grado precludono la disamina di ogni altra questione sia processuale che di diritto sostanziale, non restando al Collegio che confermare quanto esattamente già rilevato dal giudice di prime cure, rimanendo le altre censure, sia di primo grado qui riproposte che d’appello, interamente assorbite e comunque inidonee a far mutare le prese conclusioni.
Naturalmente anche per la parte relativa alla domanda risarcitoria, vanno confermate le statuizioni rese sul punto dal T.A.R. non potendosi nella specie in considerazione dei su illustrati assorbenti profili processuali configurare quale che sia richiesta di riconoscimento di danni da attività amministrativa.
Nella peculiarità della vicenda esaminata si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
 

P.Q.M.

 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Raffaele Greco – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo – Consigliere
Depositata in Segreteria il 22 settembre 2014.

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