Suprema Corte di Cassazione
Sezione III
Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27540
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1486-2008 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nella sua qualita’ di erede e quale procuratore degli eredi della defunta Sig.ra (OMISSIS) quali i Sigg.ri (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) nella sua qualita’ di erede della defunta Sig.ra (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1735/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/11/2006, R.G.N. 1823/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza in data 23 luglio 2004 il Tribunale di Firenze decidendo su due opposizioni riunite promosse, rispettivamente, con ricorso in data 19.01.2001 da (OMISSIS), (OMISSIS) e da (OMISSIS) e con ricorso in data 31.10.2001 da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 5.587.563 per spese di manutenzione relative all’appartamento locato agli opponenti dall’opposta-ingiungente (OMISSIS) – revocava il decreto opposto; condannava gli opponenti al pagamento della minor somma di euro 656,56 oltre accessori; rigettava la domanda del (OMISSIS) di manleva nei confronti degli altri opponenti; condannava gli opponenti alle spese del procedimento monitorio e compensava quelle dell’opposizione.
Il Tribunale – considerato che il contratto di locazione era stato stipulato ai sensi della Legge n. 359 del 1992, articolo 11, comma 2 – riteneva valida la clausola contrattuale che poneva a carico dei conduttori “l’ordinaria manutenzione, ivi compresa quella inerente i servizi e le cose comuni, anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito”, ma escludeva che fosse dovuta dagli opponenti la somma di lire 4.316.293, afferente al rifacimento della facciata dello stabile condominiale, per la considerazione che la relativa spesa, non poteva ritenersi compresa nella ordinaria manutenzione.
La decisione era gravata da impugnazione in via principale, da parte di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nella qualita’ di eredi dell’originaria opposta e dal parte del secondo anche nella qualita’ di procuratore speciale degli altri coeredi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nonche’ in via incidentale da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e da (OMISSIS). Rimaneva, invece, contumace (OMISSIS).
Con sentenza in data 20.11.2006 la Corte di appello di Firenze, decidendo sulle impugnazioni proposte in via principale e incidentale, in parziale riforma, escludeva la condanna degli opponenti alle spese del procedimento monitorio e dichiarava compensate tra le parti le spese dei due gradi del giudizio di opposizione.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), nella indicata qualita’, formulando quattro motivi, illustrati anche da memoria.
Hanno resistito (OMISSIS) e (OMISSIS), depositando controricorso; mentre non si sono costituti ne’ (OMISSIS), ne’ (OMISSIS).
Con ordinanza collegiale del 22.04/17.05.2003 e’ stata rilevata la nullita’ della notificazione del ricorso al (OMISSIS) e disposta la rinnovazione.
Effettuato tale incombente, il ricorso e’ stato assegnato in decisione all’udienza del 12 novembre 2013.
1. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009) – e’ soggetto, in forza del combinato disposto di cui al Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 27, comma 2 e della Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 58, alla disciplina di cui agli articoli 360 cod. proc. civ. e segg. come risultanti per effetto del cit. Decreto Legislativo n. 40 del 2006.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione della Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31 (ora Testo Unico sull’edilizia approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3) e della Legge Regionale Toscana 21 maggio 1980, n. 59, All. lettera A in riguardo agli articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 cod. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3). Con il quesito di diritto ex articolo 366 bis cod. proc. civ. si chiede che la S.C. dica “se, in relazione al contratto di locazione per cui e’ causa, sia ravvisabile violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, specificamente, della Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 31 e Legge Regionale Toscana 21 maggio 1980, n. 59, allegato lettera A), nel ritenere che, ai fini della determinazione della nozione di lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria di cui e’ casa, debba farsi riferimento esclusivamente alla normativa civilistica in materia, di cui agli articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 c.c. e non invece anche della normativa generale dettata in materia dalla predetta Legge n. 457 del 1978 e Legge Regionale Toscana n. 59 del 1980”.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 cod. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3). Con il quesito conclusivo si chiede che la S.C. dica “se in relazione al contratto di locazione di cui e’ causa, sia ravvisabile violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, specificamente, degli articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 c.c. nel ritenere che i lavori di restauro delle facciate dello stabile condominiale de quo non rientrino nella nozione di manutenzione ordinaria, tenuto altresi’ conto che nella fattispecie in esame i conduttori si erano assunti, per contratto, “l’ordinaria manutenzione, ivi compresa quella inerente i servizi e le cose comuni, anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito””.
2. I due motivi possono essere discussi unitariamente per la loro connessione fattuale, logica e giuridica. In sostanza quello che viene censurato nella decisione della Corte di appello e’ l’aver inquadrato e qualificato la spesa di rifacimento della facciata tra le spese straordinarie, escludendo di conseguenza l’onere di partecipazione alla stessa da parte dei conduttori, laddove – a parere dei ricorrenti – detta spesa rientrerebbe nella manutenzione ordinaria alla stregua della distinzione, dettata dalla normativa urbanistica, tra interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, e in considerazione del tenore della clausola contrattuale che, in deroga all’articolo 1576 cod. civ., poneva a carico dei locatari l’ordinaria manutenzione, sia dell’appartamento e dei servizi, sia delle parti comuni, anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito.
2.1. I motivi all’esame non meritano accoglimento.
Pacifica – e, comunque, non piu’ controvertibile, per il giudicato interno sulla validita’ della clausola – la derogabilita’ della normativa civilistica, quanto all’accollo ai conduttori delle spese di ordinaria manutenzione, anche se dipendenti da vetusta’ o fortuito, la quaestio iuris si incentra sull’individuazione delle spese di manutenzione straordinaria che la clausola in oggetto lascia a carico della parte locatrice e, correlativamente, sulla sussunzione delle spese di rifacimento della facciata nella relativa categoria.
La Corte territoriale, da un lato, ha escluso che la linea di demarcazione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria potesse desumersi dalle disposizioni urbanistiche richiamate da parte ricorrente, trattandosi di normativa dettata per altre specifiche finalita’ (quelle della liberta’ dell’intervento edilizio o della necessarieta’ del permesso di costruire); dall’altro, ha ritenuto che il significato della clausola contrattuale e dello specifico richiamo in esso contenuto alla manutenzione ordinaria, dovesse individuarsi, attingendo alla normativa civilistica (articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 cod. civ.), alla cui stregua la distinzione fra riparazioni ordinarie e riparazioni straordinarie puo’ essere effettuata con riferimento al criterio della prevedibilita’ e della normalita’ in relazione al godimento della cosa locata e dell’entita’ della spesa.
2.2. Orbene – quanto al primo profilo – si osserva che il carattere di “norma generale” della Legge n. 457 del 1978, articolo 31 (contenente per l’appunto “norme generali per il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente”), cui fa riferimento parte ricorrente, non autorizza l’automatica sovrapposizione delle definizioni, ivi contenute, di “interventi” di ordinaria e straordinaria manutenzione con le nozioni di ordinaria e straordinaria manutenzione rilevanti nell’ambito dei rapporti tra privati.
D’altra parte l’integrazione, postulata dalla giurisprudenza richiamata in ricorso, tra la normativa edilizia e le disposizioni (ormai abrogate) in materia di “equo canone” – era coerente con la peculiarita’ dei criteri di determinazione del canone legale, ai cui effetti appariva necessario privilegiare l’aspetto edilizio ed era, comunque, solo tendenziale, restando, tra l’altro, fermo che la categoria delle “riparazioni straordinarie”, di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 23, non recepiva la tradizionale distinzione tra opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, rientrando in essa anche le opere di manutenzione di notevole entita’, comunque dirette ad evitare il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo (cfr. Cass. 9 ottobre 1996, n. 8814).
2.3. L’esigenza dell’elaborazione di autonome categorie concettuali, con specifico riferimento al tema che ci occupa della ripartizione delle spese di manutenzione tra il locatore e il conduttore, appare, del resto, evidente ove si consideri che il sistema codicistico fa riferimento al concetto quantitativo della tenuita’ della spesa e a quello della riferibilita’ causale della stessa spesa dall’uso normale del bene per gravare il conduttore, esclusivamente, delle spese di “piccola manutenzione”, alla stregua di una valutazione d’insieme della modesta entita’ del loro valore economico, della destinazione dell’immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali (cfr. Cass. 6 maggio 1978, n. 2181), lasciando a carico al locatore tutte le altre spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, quale modalita’ di adempimento della fondamentale obbligazione di mantenere la cosa in buono stato e in modo da servire all’uso cui e’ destinata (articolo 1575 c.c., n. 2, articoli 1576, 1577 e 1609 cod. civ.); mentre il sistema introdotto dalla Legge n. 392 del 1978 ha previsto che siano a carico del conduttore, sub specie di oneri accessori (ex articolo 9, tuttora in vigore, nonostante l’abrogazione del regime del canone legale), alcune spese di carattere continuativo o periodico, correlate a servizi di cui usufruisce il conduttore – quali quelle “relative al servizio di pulizia” e “alla fornitura di altri servizi comuni” – che, in quanto necessarie a mantenere in buone condizioni di uso le cose comuni, sono ascrivibili all’ordinaria manutenzione delle parti comuni, nonche’ le spese relative “al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore“.
2.4. Merita, altresi’, puntualizzare che il richiamo alla normativa in tema di usufrutto e, segnatamente, alla nozione di riparazioni straordinarie, di cui all’articolo 1005 cod. civ. (secondo cui “riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilita’ dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”) non e’, di per se’ risolutivo ai fini che ci occupano; e cio’ sia perche’ per riparazione si intende l’opera che rimedia ad un’alterazione gia’ verificatasi nello stato della cosa a differenza della manutenzione, che propriamente si riferisce all’opera che previene l’alterazione (laddove l’espressa previsione, nella clausola che qui rileva, della “manutenzione ordinaria anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito”, finisce per assimilare l’uno e l’altro concetto, accordando rilievo, piuttosto, che alla maggiore o minore attualita’ del danno da riparare, alla essenza dell’opera e al suo carattere ordinario), sia perche’ l’elencazione contenuta nella norma cit. sebbene di carattere generale, non ha carattere tassativo, ma solo esemplificativo (cosi’ Cass. 3 aprile 1979, n. 1881).
Soprattutto l’inserimento della nozione dettata dall’articolo 1005 cod. civ. nella trama del rapporto locatizio va attuato nella considerazione dell’equilibrio sinallagmatico sotteso a detto rapporto e dei principi specificamente dettati in materia, in relazione al quale beneficiario ultimo dei miglioramenti apportati all’immobile condotto in locazione mediante spese di manutenzione straordinaria, rimane esclusivamente il locatore (cfr. articoli 1576, 1609 e 1621 cod. civ.).
2.5. Cio’ precisato, ritiene il Collegio che i giudici di appello – assumendo, quali utili parametri di riferimento, la norma di cui all’articolo 1005 cod. civ. e le ulteriori disposizioni in materia di locazione sopra cit. – abbiano individuato, sulla base di un corretto approccio ermeneutico (“nella logica ricostruzione della comune intenzione delle parti e anche al fine dell’equo contemperamento degli interessi contrapposti”), nei suoi tratti salienti la manutenzione ordinaria qualificandola come “quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilita’, essendo connotata inoltre da una sostanziale modicita’ della spesa” e inquadrando, invece, nell’ambito della manutenzione straordinaria “quelle riparazioni non prevedibili e di costo non modico, eccezionali nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio” ovvero anche quelle “di una certa urgenza e di una certa entita’ necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrita’ ed efficienza” (cosi’ al fl. 7 della sentenza impugnata).
Di conseguenza la spesa di rifacimento delle facciate condominiali, per la sua importanza, nonche’ per la “natura episodica” nell’arco di una gestione condominiale pluriennale, e’ stata qualificata come spesa di manutenzione straordinaria (altra cosa e’, evidentemente, se ai fini urbanistici dovesse considerarsi intervento di manutenzione ordinaria), escludendo percio’ che fosse compresa tra quelle contrattualmente a carico dei conduttori.
Contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione della normativa di riferimento, utilizzando esattamente i parametri valutativi individuati nella normativa civilistica, per qualificare come manutenzione straordinaria facente carico al locatore i lavori di rifacimento delle facciate condominiali, attesa la “complessita’ e radicalita’ dell’intervento” operato nella specie (cfr. fl. 7 della sentenza impugnata).
2.6. Si rammenta, alla stregua di consolidata giurisprudenza, che la qualificazione delle opere di ordinaria manutenzione o di manutenzione straordinaria, e l’attribuzione dei lavori all’una o all’altra categoria, spettano al giudice di merito, involgendo indagini di fatto, e il relativo apprezzamento si sottrae a censura in sede di legittimita’, se sia sorretto da esatti criteri nomativi e sia adeguatamente motivato (cfr. Cass. 20 marzo 2003, n. 4064; Cass. 4 gennaio 1969, n. 10).
Nella decisione impugnata la distinzione tra le spese di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria risulta correttamente affidata ai profili della normalita’ e/o prevedibilita’ dell’intervento e dell’entita’ materiale della spesa, con il necessario adeguamento della nozione civilistica di riparazioni straordinarie di cui all’articolo 1005 cod. civ. allo statuto del rapporto di locazione, quale consacrato, nella specie, nell’accordo in deroga. Invero per spese straordinarie, facenti carico al locatore, devono intendersi le opere che non si rendono prevedibilmente o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione; rientrando nella categoria anche le opere di manutenzione di notevole entita’, finalizzate non gia’ alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo.
L’applicazione di siffatti principi al caso specifico involge valutazioni di stretto merito, che non sono sindacabili in questa sede, anche in considerazione dell’inammissibilita’ della censura motivazionale di cui si dira’ di seguito.
In definitiva entrambi i motivi all’esame vanno rigettati.
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5) per non avere la Corte di appello esaminato le singole voci di spesa.
3.1. Il motivo non e’ corredato dalla “chiara indicazione” richiesta dalla seconda parte dell’articolo 366 bis cod. proc. civ. in relazione al vizio di cui all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 5, la quale deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, che, seppure libera da qualsiasi rigidita’ formale, si concretizzi in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza di motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556). Tale requisito non puo’, dunque, ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anziche’ su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002).
Il motivo e’, dunque, inammissibile.
4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 91, 92, 97, 112, 329 e 343 cod. proc. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3) riguardo all’integrale compensazione delle spese anche del primo grado ovvero della fase monitoria a favore dell’appellato contumace (OMISSIS). Con il quesito conclusivo si chiede che questa S.C. dichiari “se in relazione al suddetto capo della impugnata sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1735/06 che ha compensato integralmente a favore del contumace in appello anche le spese del giudizio di primo grado, sia ravvisabile violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, specificamente, degli articoli 91,92, 91, 112, 329 e 343 c.p.c. nel ritenere che qualora la parte parzialmente soccombente in primo grado, rimanendo contumace in appello, non abbia proposto alcuna impugnazione della sentenza di primo grado, che la condannava al pagamento parziale delle spese di lite, il Giudice di appello possa disporre la compensazione delle dette spese di primo grado, riformando sul punto la sentenza di primo grado in senso peggiorativo per l’appellante”.
4.1. Il motivo muove dal presupposto, che la posizione del (OMISSIS) sia stata riformata in senso migliorativo, con riguardo vuoi alla regolazione delle spese del primo grado dell’opposizione, vuoi anche alle spese del monitorio, nonostante il predetto (OMISSIS) non avesse proposto appello incidentale, come avevano fatto gli altri originari opponenti e, anzi, fosse rimasto contumace nel secondo grado del giudizio.
4.2. Il motivo va rigettato.
Prima di ogni altra considerazione si rileva che la non perspicua elaborazione del quesito (nel quale manca il preciso riferimento alle spese del monitorio, che e’ invece riportato nella rubrica e di cui si discorre nel corpo del motivo) e’ sintomatica di un equivoco di fondo della censura, che sostanzialmente assimila le spese del monitorio a quelle del primo grado.
Soprattutto occorre osservare che la premessa su cui si fonda il motivo trova sicura smentita nel tenore della decisione impugnata.
Invero la Corte territoriale – precisato che “quanto alle spese di lite, il primo giudice considerava che essendovi un credito residuo degli opponenti questi ultimi dovevano essere condannati a rifondere la parte opposta le spese del procedimento monitorio e che andavano invece integralmente le spese del giudizio di opposizione” (fl. 4 della sentenza impugnata) – non ha affatto modificato in parte qua la posizione del (OMISSIS), tantomeno in senso migliorativo, essendosi limitata a rilevare che “le spese dell’opposizione anche per lui possono restare compensate” (fl. 9 della sentenza impugnata) e avendo escluso la condanna alle spese del procedimento monitorio con riguardo ai soli appellanti incidentali. Tanto emerge chiaramente dalla motivazione della decisione impugnata, laddove la posizione del (OMISSIS) e’ nettamente distinta da quella degli altri originari opponenti/appellanti incidentale ed esaminata da ultimo (successivamente all’accoglimento del motivo di appello incidentale concernente il capo relativo alle spese della fase monitoria) al solo fine di ribadire la compensazione delle spese dell’opposizione gia’ effettuata in primo grado; e non e’ affatto smentito dal tenore del dispositivo nel punto in cui si “esclude la condanna degli opponenti alle spese del procedimento monitorio”, atteso che la locuzione “opponenti” – per la stretta connessione letterale e logica con il precedente inciso (“..pronunciando in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze in data 12/5-23/7/2004, appellata …. in via incidentale da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)”) – deve inequivocamente intendersi riferita ai soli (opponenti) appellanti incidentali.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza, con la conseguenza che parte ricorrente e’ tenuta al relativo rimborso di tali spese, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012 in favore dei resistenti (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore dei resistenti in euro 1.500,00 (di cui euro 200,00 per compensi) oltre accessori come per legge.
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