Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 1 aprile 2014, n. 14953

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. GENTILE Mario – rel. Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/07/2013 della Corte di Appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile;
Udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giuseppe Volpe che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza emessa il 05/07/2013, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, in data 09/02/2012 – appellata dal PG nei confronti di (OMISSIS), assolto dal reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, (come contestato in atti) – dichiarava l’imputato colpevole del predetto reato e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione; pena sospesa e non menzione.
2. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e).
2.1. In particolare il ricorrente esponeva che nella fattispecie non ricorreva l’elemento soggettivo del reato contestato, ossia il dolo. (OMISSIS) non aveva corrisposto le somme dovute unicamente perche’ versava in una situazione di carenza di liquidita’ economica, dovuta a debiti pregressi.
Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
1.1. La Corte Territoriale, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, ha accertato che (OMISSIS), quale rappresentante legale dell’omonima ditta individuale – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – aveva omesso di versare entro il 27/12/2006 l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale relativa all’anno 2005 per l’ammontare complessivo di euro 108.172,00, imposta superiore al limite di non punibilita’, pari ad euro 50.000,00 (vedi sentenza 2 grado pagg. 2 – 3).
2. Le censure dedotte nel ricorso – circoscritte alla sola sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (ossia il dolo) – sono infondate per le seguenti ragioni principali:
2.1. Le asserite difficili condizioni economi che avrebbero determinato la carenza di liquidita’ da parte della ditta di cui (OMISSIS) era rappresentante legale sono state solo prospettate, ma non provato in modo univoco, specifico e certo.
2.2. Dette precarie condizioni economiche, comunque – almeno che le stesse non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione – non costituiscono di per se’ solo un caso fortuito o di forza maggiore (articolo 45 c.p.), come tale idoneo ad escludere la punibilita’ o quantomeno il dolo del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter. Invero l’eventuale crisi di liquidita’ economica – nell’ambito dell’attivita’ di impresa – di norma non costituisce un evento imprevedibile e come tale insuperabile. La crisi di liquidita’, invece, rappresenta un evento possibile, concretizzando lo stesso un rischio inerente all’attivita’ di impresa, cui occorre far fronte tempestivamente con opportuni interventi sul cosiddetto “flusso di cassa” dell’azienda, quali: a) tempestivi e frazionati accantonamenti; b) il ricorso all’acquisizione di ulteriori somme erogate da istituti bancari /o finanziari ed altri.
2.3. Sussisteva l’elemento soggettivo del reato de quo, poiche’ il ricorrente, (OMISSIS), era pienamente consapevole di omettere il pagamento dell’IVA dovuta (euro 108.172,00) nel prescritto termine del 27/12/2006. L’asserita crisi di liquidita’ economica costituiva, tutt’al piu’, soltanto motivo personale e soggettivo per il quale il (OMISSIS) non effettuava il versamento dovuto. La stessa (cioe’ la crisi di liquidita’), tuttavia, non era una valida ragione giuridica idonea a giustificare il mancato pagamento dell’IVA dovuta.
3. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da (OMISSIS), con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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