In tema di tutela dell’ambiente, i materiali bituminosi provenienti da escavazione o demolizione stradale non sono riconducibili all’interno della categoria delle rocce e terre da scavo, neanche dopo l’entrata in vigore degli artt. 41 e 41 bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in legge 9 agosto 2013, n. 98, atteso che essi non sono costituiti da materiali naturali, ma provengono dalla lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 7 settembre 2016, n. 37168
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/07/2014 del Tribunale di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Manzon Enrico;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 25 luglio 2014 il Tribunale di Firenze, nella parte che qui rileva, condannava (OMISSIS) alla pena di Euro 12.000 di ammenda per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 81 cpv., articolo 256, comma 4, (capo B), Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 81 cpv., articolo 256, comma 1, lettera a), comma 2, (capo C). Il primo giudice rilevava in particolare che ai materiali oggetto delle contestazioni non potesse attribuirsi qualita’ di “sottoprodotto”, come in tesi difensiva, bensi’ di “rifiuto speciale”, come in tesi di accusa, e che cosi’ considerati se ne fossero detenuti dalla (OMISSIS) spa, di cui l’imputato condannato era il legale rappresentante, in misura eccedente l’autorizzazione amministrativa correlativa, ancorche’ non realizzandosi una discarica abusiva, bensi’ soltanto un “deposito incontrollato”.
2. Contro la decisione, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS) deducendo quattro motivi.
2.1 Con un primo motivo lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla qualificazione dei materiali in oggetto non come “sottoprodotto”, bensi’ come “rifiuti speciali”.
2.2 Con un secondo motivo si duole di violazione di legge e vizio della motivazione relativamente all’ affermato superamento delle soglie quantitative previste dalla autorizzazione amministrativa.
2.3 Con una terza censura denunzia violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla qualifica dell’accumulo di detti materiali come “deposito temporaneo” incontrollato.
2.4 Con un quarto motivo lamenta violazione di legge in relazione alla determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
2. Pacifico in fatto che si tratti di “fresato di asfalto” riveniente da lavori di manutenzione stradale, con il primo motivo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia erroneamente applicato la norma incriminatrice evocata al capo B della rubrica (Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 81 cpv., articolo 256, comma 4), affermando che i materiali de quibus siano “rifiuti” e non “sottoprodotti” come previsto dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 184 bis; deduce altresi’ che la motivazione su tale punto decisionale sia comunque macante/contraddittoria.
La censura e’ infondata.
In via dirimente ed assorbente il Collegio intende ribadire e dare seguito all’ indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che “In tema di tutela dell’ambiente, i materiali bituminosi provenienti da escavazione o demolizione stradale non sono riconducibili all’interno della categoria delle rocce e terre da scavo, neanche dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, articoli 41 e 41 bis, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 98, atteso che essi non sono costituiti da materiali naturali, ma provengono dalla lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione” (v. Sez. 3, n. 46227 del 23/10/2013, Bruno, Rv. 258289).
Tale principio di diritto e’ stato correttamente applicato dalla decisione della Corte d’appello fiorentina, la quale con adeguata e logicamente ineccepibile motivazione ha chiarito in fatto e nel merito perche’, concretamente, i materiali rivenuti presso la (OMISSIS) spa non potessero considerarsi “sottoprodotti”, bensi’ appunto “rifiuti speciali”. La Corte territoriale puntualmente ha rilevato che nessuna delle condizioni previste dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 184 bis, comma 1, lettera a/d, potevasi riscontrare nel caso di specie ed in particolare quella di cui alla lettera a), trattandosi di impresa che ha anche come oggetto la produzione del fresato, quella di cui alla lettera b), poiche’ incerto il concreto riutilizzo del fresato stesso, quella di cui alla lettera c), in quanto il materiale di recupero dalle manutenzioni stradali era sicuramente rilavorato nello stabilimento della (OMISSIS), quello di cui alla lettera d), poiche’ il processo produttivo presso la (OMISSIS) non dava le garanzie richieste a tutela dell’ambiente e della salute umana.
Oltre tali, essenziali, considerazioni questa Corte in ogni caso non puo’ andare, seguendo il percorso argomentativo della censura in esame, trattandosi di valutazioni meritali che le sono precluse.
3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’accertamento dei quantitativi di materiale effettivamente trattati dalla (OMISSIS) spa.
La censura e’ inammissibile, poiche’ chiaramente implica considerazioni valutative delle fonti probatorie che pacificamente non pertengono al giudizio di legittimita’, secondo il principio che “Anche a seguito della modifica apportata all’articolo 606 c.p.p., lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimita’ il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito” (tra le molte, Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
4. Per la stessa ragione va rilevata l’inammissibilita’ del terzo motivo, con il quale si duole il ricorrente di violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla affermazione di “abbandono incontrollato” del deposito di materiali di cui al capo C della rubrica.
Peraltro si deve anche osservare che, essendo pacifico in fatto che il deposito de quo fosse situato al di fuori dell’area produttiva della (OMISSIS) spa, per cio’ stesso risulta adeguata e logica l’affermazione del giudice di merito che si tratta di un deposito “incontrollato”.
5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla determinazione della pena, affermandone l’eccessivita’.
Il motivo e’ infondato.
Basti considerare che il giudice di merito ha irrogato la pena pecuniaria, in alternativa a quella detentiva, partendo da una pena base assai prossima al “medio edittale”, il che, per giurisprudenza di legittimita’ pacifica, rende insindacabile il punto decisionale in questa sede, secondo il principio che “La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed e’ insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor piu’, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equita’ e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p.” (tra le molte, Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).
6. Il ricorso va dunque rigettato ed il ricorrente dev’essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
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