Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 3 aprile 2017, n. 16535

Inammissibile la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto in tale situazione non può ancora ravvisarsi un interesse concreto e attuale a proporre impugnazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 3 aprile 2017, n. 16535

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. BASSI Alessand – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 22/07/2016 del Tribunale di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo che il provvedimento impugnato sia annullato con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Milano, sezione specializzata per il riesame, ha dichiarato l’inammissibilita’ del ricorso proposto da (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo disposto a fini di confisca per equivalente, in relazione al reato a lui contestato di cui all’articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1, articoli 319 e 321 c.p., articolo 322 bis c.p., comma 2, n. 2, e L. 16 marzo 2006, n. 146, articoli 3 e 4, commesso quale persona di fiducia del ministro algerino dell’energia (OMISSIS) nell’ambito di fatti di corruzione internazionale. L’ablazione cautelare ha ad oggetto diverse somme di denaro depositate su quattro conti correnti del ricorrente, nei limiti della differenza tra 197 milioni Euro e quanto gia’ sottoposto a sequestro in forza di precedenti provvedimenti ablativi. A sostegno del decisum, il Collegio della impugnazione cautelare ha evidenziato che il provvedimento cautelare reale non e’ stato ancora eseguito, essendo stato trasmesso, con richiesta di assistenza giudiziaria, all’Ambasciata d’Italia in Libano per il successivo inoltro all’Autorita’ Giudiziaria di tale Paese per l’esecuzione, sicche’ non e’ (ancora) ravvisabile un interesse a proporre l’impugnazione.

2. Ricorre avverso l’ordinanza (OMISSIS), a mezzo dei propri difensori di fiducia Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), e ne chiede l’annullamento per violazione di legge processuale in relazione all’articolo 568 c.p.p., comma 4, articolo 591 c.p.p., comma 1, e articolo 324 c.p.p.. L’impugnante rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale milanese, in capo all’indagato deve ravvisarsi un interesse a coltivare il ricorso anche nel caso in cui il decreto di sequestro preventivo non abbia avuto ancora esecuzione, in quanto l’interesse va individuato in relazione alla “posizione complessiva del ricorrente e permane anche laddove la misura sia stata revocata o sostituita, ogniqualvolta dall’impugnazione possa trarsi un’utilita’ pratica consistente nella rimozione di un pregiudizio ed il correlativo ottenimento di una decisione piu’ vantaggiosa”. Sotto diverso profilo, il ricorrente pone in luce che l’articolo 322 c.p.p., comma 1, stabilisce che la richiesta di riesame puo’ essere proposta “contro il decreto di sequestro emesso dal giudice”, senza condizionare l’impugnazione alla condizione della intervenuta esecuzione. Fra l’altro, la Corte di cassazione, pronunciandosi in tema di sequestro conservativo ai sensi dell’articolo 318 del codice di rito, ha gia’ avuto modo di riconoscere la proponibilita’ del ricorso per riesame anche prima dell’esecuzione del provvedimento. Infine, il ricorrente evidenzia l’irrazionalita’ sul piano dell’economia processuale della soluzione prescelta dal Tribunale, risultando del tutto antieconomico rinviare il vaglio di legittimita’ sul provvedimento di sequestro ad un momento successivo rispetto alla sua esecuzione, cosi’ che l’eventuale accoglimento del ricorso proposto successivamente all’apposizione del vincolo reale porterebbe alla caducazione di tutti gli atti di esecuzione eseguiti – inutilmente – sulla base di un provvedimento ab origine illegittimo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato giusta l’infondatezza delle censure dedotte.

2. La questione sottoposta al vaglio della Corte si incentra sul nodo ermeneutico se possa o meno ritenersi ammissibile il ricorso per riesame, ai sensi del combinato disposto degli articoli 322 e 324 c.p.p., avverso il provvedimento di sequestro preventivo non ancora eseguito.

3. Ritiene il Collegio che al quesito debba essere data risposta negativa.

3.1. A norma dell’articolo 322, comma 1, “l’imputato ed il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame anche nel merito a norma dell’articolo 324”.

Secondo l’articolo 324 c.p.p., comma 1, la richiesta di riesame deve essere presentata entro dieci giorni “dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro”.

Il dato normativo e’ inequivoco nell’ancorare il dies a quo a partire dal quale puo’ essere azionato il mezzo impugnatorio alla “data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro”. Il che vale non soltanto a definire l’intervallo entro il quale puo’ essere avviata una valida procedura impugnatoria, ma svela altresi’ la volonta’ del legislatore di individuare quale primo momento utile per proporre impugnazione l'”esecuzione” effettiva del vincolo reale.

3.2. Non puo’ invero condividersi la diversa opinione espressa in una pronuncia di questa Corte – peraltro rimasta isolata – secondo la quale “il momento di decorrenza iniziale di un termine non serve tanto alla individuazione del primo momento utile per il compimento di un atto, quanto generalmente per il calcolo del termine finale entro il quale l’atto stesso puo’ essere compiuto” (Sez. 5, n. 29835, 27/05/2011, Giorgianni, non massimata; in tema di riesame ex articolo 318 c.p.p.). Se puo’ dirsi pacifico che l’indicazione del dies a quo serva a descrivere l’intervallo temporale entro il quale puo’ essere legittimamente fatto valere il diritto all’impugnazione, non puo’ nondimeno svalutarsi la circostanza che, proprio con l’individuazione di tale termine iniziale, il legislatore abbia inteso evidenziare come soltanto a partire da tale momento possano validamente attivarsi gli strumenti di reazione previsti dall’ordinamento avverso il provvedimento ablativo assunto dall’A.G..

3.3. Tale conclusione discende, d’altronde, dalla piana applicazione del principio generale in tema di impugnazioni codificato al combinato disposto dell’articolo 568 c.p.p., comma 4, e l’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a), alla stregua del quale per proporre impugnazione “e’ necessario avervi interesse”. Interesse all’impugnazione che puo’ stimarsi sussistente soltanto allorquando dall’ipotetica decisione favorevole possa discendere un vantaggio concreto per il ricorrente cioe’ la rimozione di un pregiudizio effettivo che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato – e l’utilita’ ad ottenere tale vantaggio persista sino al momento della decisione (Sez. 1, n. 1695 del 19/03/1998, Papajani Rv. 210562).

Orbene, non e’ revocabile in dubbio che il risultato tipico del mezzo di impugnazione reale disciplinato in via paradigmatica dall’articolo 324 c.p.p. – giusta il richiamo espresso contenuto negli articoli 318 e 322 stesso codice – sia quello di rimuovere il vincolo reale e di consentire al ricorrente di ottenere la restituzione della cosa sottoposta a sequestro. Cio’ e’ codificato nell’articolo 322 c.p.p., comma 2, la’ dove individua i soggetti terzi legittimati a ricorrere nella “persona alla quale le cose sono state sequestrate” ed in quella che avrebbe “diritto alla restituzione”, con una netta definizione dell’ambito dell’interesse salvaguardabile con lo strumento del riesame in una chiara prospettiva restitutoria.

Ne discende la carenza d’interesse a promuovere il mezzo d’impugnazione prima che il vincolo sia stato apposto. L’interesse prescritto dall’articolo 568 c.p.p., comma 4, puo’ invero dirsi sussistente soltanto se con l’impugnazione possa raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole per il ricorrente, di tal che tale condizione non ricorre allorquando lo strumento sia attivato al mero fine di ottenere un’affermazione di non conformita’ a diritto di un provvedimento che non ha ancora inciso in nessun modo sulla sfera patrimoniale del soggetto.

3.4. La soluzione ermeneutica sin qui sostenuta poggia solidamente su alcuni arresti di questa Corte – nei quali si e’ avuto modo di affermare l’inammissibilita’ della richiesta di riesame avverso decreto di sequestro probatorio non eseguito (Sez. 2, n. 29022 del 30/06/2010, Fontana ed altro, Rv. 248144) – e, soprattutto, discende logicamente dall’insegnamento delle Sezioni Unite in tema di (sopravvenuta) carenza d’interesse ad impugnare il provvedimento cautelare reale in caso di intervenuta restituzione del bene oggetto del vincolo (Sez. U., n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397).

Seppure il principio richiamato sia stato affermato dalla Corte riunita nel suo piu’ ampio consesso in una situazione per un certo aspetto diversa da quella sottoposta al vaglio di questo Collegio (cioe’ in caso di avvenuta restituzione del bene dopo l’esecuzione del sequestro), non puo’ essere trascurata la ratio decidendi della decisione a Sezioni Unite Tchmil secondo la quale e’ necessario “prediligere tra le varie scelte possibili l’interpretazione che piu’ si armonizza col sistema” ed, in particolare, col “principio generale espresso dal comma 4 dell’articolo 568 del codice di rito”, in forza del quale la richiesta di riesame deve “sempre essere sorretta da un interesse concreto ed attuale, derivante, per ogni legittimato, dalla menomazione di una qualunque situazione giuridica soggettiva sulla cosa, apportata con il vincolo impresso dal sequestro”, “menomazione che, per quanto sopra detto, cessa con la restituzione della cosa medesima ai sensi dell’articolo 262 c.p.p.”. Il dictum delle Sezioni Unite e’ dunque categorico nell’ancorare l’interesse concreto ed attuale” – indispensabile ai fini della presentazione di una valida ed ammissibile impugnazione – alla sussistenza/persistenza di una “menomazione di una qualunque situazione giuridica soggettiva sulla cosa” che sia pero’ effettiva, tangibile, tanto che non puo’ piu’ dirsi tale in caso di avvenuta restituzione del bene.

Da che si ricava, quale naturale corollario, che un interesse concreto ed attuale all’impugnazione non puo’ ravvisarsi allorquando nessuna menomazione della situazione giuridica soggettiva sulla cosa si sia ancora prodotta per non essere stato eseguito il provvedimento ablativo. Provvedimento che, fra l’altro, potrebbe anche non trovare materiale esecuzione per mancanza fisica della res da assoggettare al vincolo.

3.5. Ne’ puo’ trarsi un’indicazione antitetica alla tesi sin qui sostenuta nella previsione dello stesso articolo 324, comma 2, secondo la quale “la richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento”. Contrariamente a quanto osservato nel citato precedente di questa Corte n. 29835/2011, la procedura di esecuzione di un provvedimento ablativo non e’ istantanea, almeno non e’ necessariamente tale, la’ dove puo’ riguardare numerosi beni – mobili e immobili -, possibilmente localizzati in luoghi diversi o presso terzi, dunque non attingibili contemporaneamente, di tal che e’ errato ritenere che l’esecuzione di un decreto di sequestro non sia suscettibile di essere – almeno in ipotesi sospesa.

La citata norma dell’articolo 324, comma 2, e’ espressamente volta a disciplinare il caso in cui la richiesta di riesame sia presentata nella fase iniziale di esecuzione del provvedimento o comunque allorquando l’esecuzione sia ancora in corso, chiarendo come l’attivazione della procedura incidentale non valga quale causa impeditiva dell’ablazione.

3.6. Mette conto di rimarcare come il ricorrente abbia impropriamente valorizzato il precedente di questa Corte n. 26012/2004 (Sez. 6, del 27/04/2004, Manghisi, Rv. 229977, altrettanto non correttamente richiamato nella sentenza Sez. 5 n.12535 del 25/02/2016, Rosolani, non massimata), nel quale si e’ affermato che l’interesse alla impugnazione e’ ravvisabile quando sia stato emesso un “provvedimento idoneo a produrre una lesione nella sfera giuridica dell’impugnante” ed il ricorrente solleciti l’eliminazione o la riforma dello stesso per la realizzazione di un risultato a se’ giuridicamente favorevole. Ed invero, se si ha riguardo alla motivazione della citata decisione e – soprattutto – al caso sottoposto al vaglio della Corte in tale caso, risulta evidente come l'”idoneita’ a produrre una lesione” delineata come conditio sine qua non per l’ammissibilita’ del ricorso non fosse meramente potenziale, ma – al contrario – concreta ed attuale, come risulta pacificamente dimostrato dalla circostanza che, con tale decisione, questa Corte dichiarava l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame in quanto il vincolo reale sul bene era gia’ venuto meno e questo era stato ormai restituito all’avente diritto.

In altri termini, contrariamente all’assunto difensivo, nella pronuncia Manghisi non puo’ ritenersi sancito il principio secondo il quale e’ ravvisabile un interesse a proporre impugnazione avverso un provvedimento di sequestro non ancora eseguito in vista della tutela di un interesse non concreto ne’ attuale, ma solo virtuale.

3.7. La tesi sin qui sostenuta non contrasta, a bene vedere, neanche col principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 21420/2003 (del 16/04/2003, Monnier, Rv. 224184) che ha riconosciuto l’ammissibilita’ della richiesta di riesame avverso la rogatoria diretta all’estero per l’esecuzione di un sequestro probatorio. Ed invero, le Sezioni Unite hanno incentrato l’affermazione di tale principio di diritto sul presupposto che il vincolo di indisponibilita’ da eseguire all’estero consegue a una decisione sulla rilevanza e legalita’ della prova che si vuole rendere disponibile per il processo da celebrare in Italia, profilo – quello probatorio – che si appalesa del tutto alieno dal sequestro preventivo che viene in rilievo nel presente ricorso.

A cio’ si aggiunga che la sentenza Monnier aveva comunque ad oggetto l’impugnabilita’ col ricorso per riesame della richiesta di commissione rogatoria e non del provvedimento di sequestro probatorio seppure ad essa sottostante.

E cio’ a tacer del fatto che la decisione non affrontava minimamente il tema della ricorribilita’ del provvedimento prima della sua esecuzione, esecuzione che per quanto e’ dato di evincere dal ritenuto in fatto di tale decisione – in tale caso di specie doveva essere gia’ avvenuta, la’ dove la difesa invocava “la conseguente inutilizzabilita’ della prova acquisita”.

3.8. Si deve ancora rimarcare come l’impugnabilita’ del provvedimento cautelare reale non ancora eseguito non possa desumersi, tracciando un parallelismo, dalla ritenuta ammissibilita’ del ricorso avverso un provvedimento restrittivo della liberta’ personale anche nel caso in cui non sia stato ancora eseguito (Sez. 3, n. 10388 del 25/01/2012, Romano, Rv. 252343).

Va difatti osservato come, in caso di misure cautelari personali, il codice di rito preveda espressamente la proponibilita’ del ricorso ex articolo 309 c.p.p., comma 2, da parte del latitante, in una situazione nella quale l’esecuzione del provvedimento e’ solo “formale” (ex articolo 165 stesso codice) e non effettiva, dunque delineando – nella sostanza – una situazione di interesse solo potenziale a proporre impugnazione. Una disposizione analoga non si rinviene invece in tema di ricorso avverso il provvedimento di sequestro non eseguito.

Ne’ tale disparita’ di trattamento puo’ ritenersi irrazionale o contraria ai principi di eguaglianza e di difesa sanciti dagli articoli 3 e 24 Cost.. La stessa Corte costituzionale ha avuto modo di tracciare il discrimen, proprio sul piano della diversa tutela apprestata dall’ordinamento, ai beni della liberta’ personale e della liberta’ patrimoniale in relazione ai provvedimenti limitativi di esse adottati in via cautelare dall’A.G., evidenziando come diversi fra loro siano i valori che l’ordinamento prende in considerazione: “da un lato, l’inviolabilita’ della liberta’ personale, e, dall’altro, la libera disponibilita’ dei beni, che la legge ben puo’ contemperare in funzione degli interessi collettivi che vengono ad essere coinvolti. Cio’ comporta, dunque, la possibilita’ di costruire differentemente il “potere” del giudice di adottare le misure e, conseguentemente, la tipologia del controllo in sede di gravame, con i naturali riverberi che da cio’ scaturiscono sul piano della difesa che gli interessati possono sviluppare” (Corte cost. n. 48/1994; n. 176/1994 e n. 229/1994).

3.9. Infine, va rilevato come la lettura interpretativa sin qui sostenuta non conduca di per se’ ad un risultato contrastante con il principio di economia processuale, come paventato dal ricorrente.

Ragionando in astratto, potrebbe invero darsi effettivamente il caso prospettato dal ricorrente – nel quale lo sbarramento alla proposizione del ricorso avverso il provvedimento di sequestro non eseguito possa comportare il rischio di dare inutile esecuzione ad un provvedimento ablativo suscettibile di rivelarsi ab origine illegittimo all’esito del mezzo di impugnazione successivamente proposto, ma potrebbe darsi anche il caso opposto, nel quale – proprio seguendo l’impostazione suggerita dal ricorrente – si dia corso ad un’inutile attivita’ processuale ritenendo proponibile il ricorso avverso il provvedimento di sequestro preventivo non ancora eseguito, sebbene esso sia insuscettibile di trovare una concreta esecuzione per insussistenza della res da assoggettare a vincolo reale.

La compatibilita’ col principio di economia processuale deve allora essere apprezzata in coerenza col principio dell’interesse all’impugnazione, di tal che deve stimarsi antieconomico tutto quanto non sia utile a realizzare un risultato processuale concretamente – e non solo virtualmente – apprezzabile.

3.10. Conclusivamente, deve essere affermato il principio di diritto secondo il quale e’ inammissibile la richiesta di riesame avverso decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto in tale situazione non puo’ ancora ravvisarsi un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione.

4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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