Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale per il padre indiano che destina la figlia di 15 anni a fare la sposa-bambina. La Suprema Corte ha ribadito che il genitore esercente la potestà sul figlio minore, laddove sia consapevole degli abusi sessuali da questi subiti ad opera di terzi, ne risponde penalmente in forza della posizione di garanzia, ex art. 40, cpv, cod. pen., sullo stesso gravante ai sensi dell’art. 147 cod. civ., indipendentemente dalla particolare formazione culturale dell’imputato
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 29 settembre 2016, n. 40663
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE;
nei confronti di:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 1 luglio 2014 del GIP TRIBUNALE di PADOVA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GRILLO RENATO;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza ex articolo 444 c.p.p. dell’1 luglio 2014 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Padova ha applicato nei confronti di (OMISSIS), imputato del reato di cui agli articoli 110, 81 cpv., 572, 609 bis e 40 cpv. c.p. (maltrattamenti in famiglia e concorso in violenza sessuale in danno della figlia minore (OMISSIS)) la pena concordata di anno uno e mesi dieci di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dichiarando assorbito il reato di violenta sessuale come contestato, nel reato di maltrattamenti in famiglia.
1.1 Per l’annullamento della sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Venezia deducendo, con un primo motivo, la manifesta illogicita’ della motivazione per avere il giudice ritenuto l’assorbimento del reato di violenza sessuale nel delitto di maltrattamenti, affermando che la condotta dell’imputato, lungi dal costituire sintomo dell’intento di abbandonare la figlia alla condotta violenta del fidanzato-promesso sposo, rappresenterebbe piuttosto l’espressione di una modalita’ maltrattante che trova le sue radici nella formazione culturale. Con il secondo motivo il ricorrente P.G. denuncia violazione di legge per inosservanza della legge penale, evidenziando la totale incompatibilita’ tra la condotta di maltrattamenti e quella di violenza sessuale del tutto ostativa all’assorbimento di quest’ultimo reato in quello previsto dall’articolo 572 c.p., cosi’ come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ formatasi in materia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni che seguono. Va prima di tutto – e indipendentemente dal profilo, pur correttamente affrontato dal ricorrente Procuratore Generale, della incompatibilita’ tra le due figure delittuose oggetto del ricorso, tra loro concorrenti e non suscettibili di assorbimento – osservato che appare decisivo il profilo della manifesta illogicita’ della motivazione che, a giudizio del Collegio, assume valore assolutamente preponderante in riferimento alla vicenda in esame.
1.1 Per comprendere appieno le gravi lacune logiche contenute nella (scarna) motivazione della sentenza impugnata, sembra opportuno riassumere gli aspetti salienti della vicenda sulla base della stessa formulazione del capo di imputazione: questo rispecchia il clima di totale connivenza colpevole del genitore nei confronti del promesso-sposo della figlia quindicenne, pur essendo egli consapevole delle vibrate proteste della ragazzina per le continue (e del tutto sgradite) pretese sessuali del suo fidanzato (OMISSIS). In questo senso deve farsi cenno di quanto risulta – come rettamente evidenziato dal ricorrente P.G. – nella parallela e contestuale sentenza di condanna nei confronti di tale individuo, imputato del reato di violenza sessuale in pregiudizio della minore (OMISSIS), oltre che del reato di maltrattamenti verso la stessa ragazza sulla base di una contestazione in tutto sovrapponibile a quella elevata contro lo (OMISSIS).
1.2 Si ritiene utile a tal fine riportare pedissequamente il testo del capo di imputazione che cosi’ recita: dei delitti p. e p. dagli articoli 110, 81 cpv., 572, 609 bis, 40 cpv. e 609 bis c.p. perche’ il sig. (OMISSIS), padre della minorenne (OMISSIS), con condotte reiterate ma esecutive di un medesimo disegno criminoso, la costringeva a sottostare ai maltrattamenti e agli abusi sessuali di (OMISSIS), fatto sposare con rito religioso alla minore in (OMISSIS), il quale, una volta trasferitosi in Italia presso la casa familiare della ragazza, la costringeva ad avere rapporti sessuali con lui nonostante il netto rifiuto della ragazza, sottoponendola a violenze fisiche e psicologiche nel caso di un suo rifiuto. (Reato commesso in (OMISSIS)).
1.3 Dalla lettura dei pochi passaggi motivazionali che caratterizzano la sentenza qui impugnata, oltre ad evincersi un giudizio di sostanziale indifferenza verso gli atteggiamenti dello (OMISSIS) sottovalutati per quel che attiene alla valenza penale della sua condotta omissiva e valorizzati soltanto per giustificare la sua condanna per il reato di maltrattamenti che acquista il sapore di un vero e proprio compromesso giudiziario, quel che maggiormente sorprende e’ la patente di subcultura attribuita dal giudice allo (OMISSIS) per giustificare da un lato il delitto di maltrattamenti come delineato nel nostro ordinamento interno ed escludere, dall’altro, qualsiasi coinvolgimento dello (OMISSIS) nella deliberata e colpevole tolleranza nei confronti del genero per le condotte abusanti commesse in danno della figlia con loro convivente.
1.4 Peraltro il Giudice, nell’avallare l’accordo negoziale, ha escluso l’applicabilita’ dell’articolo 129 c.p.p. richiamando sia i contenuti delle informative di P.G., sia le reiterate dichiarazioni della minore vittima degli abusi dalle quali – per come emerge dalla ricordata sentenza nei riguardi dell’ (OMISSIS) – si desume un vero e proprio clima di sopraffazione sessuale dettato dalla convinzione che per effetto del matrimonio, ma anche per effetto del pregresso fidanzamento organizzato dallo (OMISSIS), tutto fosse consentito all’ (OMISSIS) sul piano sessuale nel segno di un dominio assoluto da esercitare sulla ragazzina onde assoggettarla ai suoi desideri sessuali.
1.5 Il triangolo familiare che vede protagonisti, da un lato, suocero e genero tra loro alleati in una sorta di patto di ferro che doveva vedere la ragazza assoggettata per effetto del vincolo paraffettivo creato dallo (OMISSIS), ai voleri sessuali dell’ (OMISSIS) e dall’altro, la minore (OMISSIS) vittima sacrificale in ossequio a regole non scritte di legittimita’ del dominio sessuale per effetto del vincolo matrimoniale secondo i costumi indiani, fa si che lo (OMISSIS) debba in realta’ considerarsi soggetto tenuto a vigilare sulla figlia minore per evitare che la stessa potesse subire le violenze sessuali che pure la ragazza aveva avuto modo di denunciare ripetutamente al padre rimanendo inascoltata.
1.6 L’inascoltata denuncia della minore costituisce quindi il presupposto per affermare la illogicita’ della motivazione: non appare superfluo ricordare in questa sede l’orientamento assolutamente costante della giurisprudenza di legittimita’ in tema di responsabilita’ ex articolo 40 cpv. c.p. del genitore esercente la potesta’ sulla figlia minore laddove, consapevole degli abusi sessuali da costei subiti ad opera di terzi (anche facenti parte del suo nucleo familiare) perche’ diretto testimone ovvero recettore delle denunce ad opera della vittima. Tra le piu’ significative decisioni va segnalata quella di questa Sezione secondo cui il genitore che esercita la potesta’ sul figlio minore riveste una specifica posizione di garanzia ai sensi dell’articolo 147 c.c. (posizione che ovviamente vale anche per lo straniero residente in Italia ed assoggettato quindi al regime civilistico interno) che lo porta a rispondere ex articolo 40 cpv. c.p., a titolo quindi di causalita’ omissiva, degli atti di violenza sessuale compiuti in danno del minore nei cui confronti riveste quella specifica posizione di garanzia, purche’ sia a conoscenza dell’evento o in grado di conoscerlo, ed ancora, sia a conoscenza dell’azione doverosa su di lui incombente ed abbia la possibilita’ oggettiva di impedire l’evento (Sez. 3 14.12.2007 n. 4730, B., Rv. 238698; v. anche Sez. 3 8.7.2009 n. 36824, N. e altro, Rv. 244931; idem, 11.10.2011 n. 1369, V. Rv. 238698 che rimarca l’obbligo di denuncia del responsabile degli abusi da parte del soggetto garante).
1.7 Che lo (OMISSIS) fosse a conoscenza della reale situazione di oppressione sessuale da parte del fidanzato-futuro sposo della vittima e’ dato assolutamente certo, agevolmente ricavabile sia dal testo della parallela sentenza di condanna dell’ (OMISSIS), sia dalle dichiarazioni rese dalla insegnante della minore cui costei si era rivolta per sfogarsi e confidare i costringimenti sessuali paludati sotto lo schermo del diritto di pretesa sessuale per effetto della relazione coniugale (o anche paraconiugale) ed ancora, dalla dirigente scolastica alla quale la stessa minore aveva fatto analoghe confidenze. In presenza di simili riscontri affermare – come fa il giudice – che il genitore, solo per effetto di una particolare – e comunque non condivisibile – biasimevole formazione culturale che urta contro le coscienze e non puo’ trovare la minima giustificazione, avesse il diritto di imporre alla figlia di ubbidire ai voleri dell’ (OMISSIS), e’ una vera e propria banalita’ che non puo’ trovare ingresso nel nostro sistema giuridico e che non puo’ non sorprendere per la facilita’ e superficialita’ con la quale tale affermazione sia stata fatta, quasi nel segno della ovvieta’.
2. Ne consegue la manifesta illogicita’ della motivazione che impone l’annullamento della sentenza senza rinvio e contestuale trasmissione degli atti al Tribunale di Padova.
3. Ma il detto annullamento si impone anche per ragioni piu’ squisitamente tecnico-giuridiche legate, stavolta, alla diversa oggettivita’ giuridica dei due reati in contestazione che osta all’affermato assorbimento. Anche su questo punto e’ granitica la giurisprudenza di legittimita’ che esclude l’assorbimento tra le due figure delittuose in parola, precisando che il delitto di cui all’articolo 572 c.p. concorre con quello di cui all’articolo 609 bis c.p. qualora le reiterate condotte di abuso sessuale, oltre a cagionare sofferenze psichiche alla vittima, ledono anche la sua liberta’ di autodeterminazione in materia sessuale, attesa la diversita’ dei beni giuridici offesi (tra le numerose, Sez. 3 16.5.2007 n. 22850, P.G. e P.C. in proc. Recupero Rv. 236888; idem 15.4.2008 n. 26165, R., Rv. 240542, configurandosi l’assorbimento soltanto nel caso in cui vi sia piena coincidenza tra le due condotte, nel senso che il delitto di maltrattamenti sia consistito nella mera reiterazione degli atti di violenza sessuale: in termini Sez. 3 12.7.2007 n. 36962, Ponti e altro, Rv. 237312). Sotto tale specifico profilo appare palese la violazione di legge per inosservanza della norma penale essendo del tutto evidente per come denunciato dalla vittima – la mancata coincidenza tra le due condotte, anche perche’ i maltrattamenti lamentati dalla ragazza al proprio genitore non erano strumentali esclusivamente alla violenza sessuale ma assumevano contorni indipendenti sfocianti in ripetute umiliazioni o privazioni della autonomia decisionale ad opera del genitore che non esitava ad imporre alla figlia limitazioni di ogni tipo nel segno della cieca ubbidienza al fidanzato poi sposo.
4. Sulla base di tali considerazioni la sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Padova.
P.Q.M.
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