Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 29 dicembre 2016, n. 55111

Ove manchi qualsiasi attività di indagine con riferimento all’attività di trasporto, il fumus del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non può essere ritenuto sussistente unicamente sulla base della mera presunzione, non valorizzabile, secondo cui non sarebbe ipotizzabile che, in vista del trasporto, i materiali lecitamente utilizzabili siano preventivamente “ripuliti” di quelle parti che, in quanto non utilizzabili, acquistano la qualità di rifiuti

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 29 dicembre 2016, n. 55111

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari;

nel procedimento nei confronti di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 21/01/2016 del Tribunale del riesame di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Carlo Renoldi;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, Dott. Fimiani Pasquale, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Bari ha accolto la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS), nella sua qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) S.p.a. avverso il decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso dal Pubblico ministero in data 2/12/2015 per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 nonche’ articoli 515 e 517-bis c.p.p.

Detto provvedimento aveva fatto seguito ad attivita’ di indagine nel corso della quale si era riscontrato che la (OMISSIS) S.r.l. aveva ricevuto materiale derivante dalla potatura e dal taglio di alberi ubicati su terreni identificati al foglio di mappa (OMISSIS) del catasto dei terreni di (OMISSIS)

utilizzabili tuttavia come biomassa soltanto all’interno della zona in questione, giacche’ la stessa era stata individuata come “infetta”, in quanto interessata dal batterio patogeno denominato Xylella fastidiosa. Nel prosieguo si era poi appurato che l’olio extravergine di oliva italiano prodotto dalla societa’ (OMISSIS), proveniva da varieta’ non coltivate in Italia e che il materiale trasportato e consegnato alla centrale a biomasse della (OMISSIS), in quantitativi rilevanti e sulla base di attivita’ continuative ed organizzate, andava qualificato come “rifiuto speciale” (in quanto derivante da attivita’ agricole e agro-industriali ex Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 184, comma 3, lettera a).

2. Con un primo motivo lamenta la violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260, articolo 183, lettera a) e articolo 184, comma 3, lettera a).

Deduce che il Tribunale ha ritenuto controversa la natura degli sfalci e delle potature ed in particolare la classificazione degli stessi tra i rifiuti speciali, trascurando che l’area relativa agli alberi in oggetto e’ risultata infetta in quanto interessata dal batterio patogeno denominato Xylella fastidiosa, essendo per tale motivo stata prescritta dalla Determinazione del Dirigente Ufficio Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia 6/02/2015, n. 10 la utilizzazione dei residui di potatura come biomassa all’interno della zona infetta ovvero la loro bocciatura, ovvero, ancora, la loro trinciatura e distribuzione si’ da assumere carattere di estrema pericolosita’ il trasporto e la consegna al di fuori della zona infetta di materiale che mai avrebbe potuto essere utilizzato in normali pratiche agronomiche essendo necessario liberarsene immediatamente.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 125 c.p.p. e la motivazione assente o apparente del provvedimento; deduce in particolare che l’ordinanza impugnata, dopo aver affermato l’irrilevanza, ai fini della legittimita’ del decreto di sequestro, dell’elemento soggettivo del reato, e’ giunta contraddittoriamente ad escludere la configurabilita’ del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 per la mancanza dell’ingiusto profitto, attinente proprio all’elemento soggettivo stesso. Aggiunge che l’ordinanza non ha considerato che, in ogni caso, analogo profitto potrebbe essere conseguito dagli altri soggetti attivi del reato, vale a dire a “chi taglia il frascame proveniente da zona infetta, a chi lo trasporta all’esterno di essa, a chi sarebbe tenuto ad eliminarlo ed invece lo vende alle aziende del (OMISSIS)”.

4. Infine, con un terzo motivo, lamenta sempre la violazione dell’articolo 125 c.p.p. e l’assenza o apparenza della motivazione circa il fatto che le indagini non avrebbero considerato gli esiti della consulenza tecnica di parte laddove si sottolineava la legittima movimentazione delle parti piu’ grosse degli alberi come branche e tronchi, senza considerare tuttavia che la nota interlocutoria del corpo forestale dello Stato del 15/01/2016 ha sottolineato, come evidenziato da riprese fotografiche del 20/03/2015, che il materiale esaminato e’ stato in massima parte fogliame e non legno massiccio di qui dovendo, a maggior ragione, ricavarsi la pericolosita’ di materiale che rappresenta fonte di inoculo del batterio e dunque non movimentabile al di fuori della zona infetta.

5. Con memoria pervenuta in data 5/09/2016, il Difensore dell’indagato ha preliminarmente osservato che dal momento che il ricorso sarebbe stato formulato limitatamente ai fatti qualificati sensi dell’articolo 260 cit. e non con riferimento al fumus del delitto di cui agli articoli 515 e 517 c.p., ne deriverebbe, con riferimento a quest’ultima fattispecie, l’inammissibilita’ del ricorso proposto per violazione dell’articolo 581 c.p.p., lettera a), b) e c), residuando l’impugnazione per la sola imputazione ex Decreto Legislativo 152 del 2006, articolo 260.

Sotto diverso profilo, il ricorso sarebbe inammissibile per violazione dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, non avendo il Pubblico ministero denunciato all’unaviolazione di legge ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b).

In ogni caso, sarebbe insussistente il fumus del delitto di cui all’articolo 260 cit. giacche’ il tribunale avrebbe messo in luce che il conferimento del materiale alla (OMISSIS) S.r.l. sarebbe avvenuto in totale autonomia di organizzazione e mezzi dai produttori di legname, che il materiale proveniente dalle zone infette avrebbe riguardato soltanto tronchi e branche triturati, che dall’inizio del 2015, i conferimenti in questione sarebbero stati soltanto dieci, per un totale di 313,74 tonnellate, pari a circa lo 0,35% del totale dei conferimenti lavorati annualmente e che essi sarebbero stati pagati dalla (OMISSIS) S.r.l. ad un prezzo superiore a quello medio normalmente corrisposto ai fornitori, il che escluderebbe in nuce il requisito dell’ingiusto profitto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.

2. Preliminarmente va precisato che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali puo’ essere esaminato solo in relazione al vizio di violazione di legge non essendo consentita, in subiecta materia, la deduzione del vizio di motivazione per espresso dettato dell’articolo 325 c.p.p., comma 1. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito come nella violazione di legge siano ricompresi anche i vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, con conseguente violazione dell’articolo 125 c.p.p. (cfr., ex multis, Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692 e, da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, dep. 11/02/2013, Gabriele, Rv.254893).

2.1. Sempre in premessa e’ necessario rammentare che alla Corte di cassazione e’ preclusa la possibilita’ non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), la possibilita’ di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilita’ delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, dep. 24/03/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, dep. 30/09/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, dep. 25/03/2014, P.G., non massimata; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, dep. 22/02/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).

Inoltre, e’ opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del giudice del gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilita’ delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericita’ delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, dep. 28/10/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, dep. 14/05/2009, Arnone e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Giagnorio, Rv. 231708).

3. Cio’ posto, e chiarito che l’ordinanza impugnata non appare incentrata tanto sull’affermazione in assoluto che il materiale trasportato non avrebbe natura di rifiuto, quanto che la stessa non sarebbe, nel fumus sufficiente ai fini cautelari, dimostrata, il Tribunale ha dato compiutamente conto, quanto al primo e al terzo motivo, congiuntamente esaminabili, dei motivi per i quali si e’ appunto ritenuto che non fosse stato acquisito un compendio indiziario sufficiente in tal senso con riguardo in particolare al delitto di cui all’articolo 260 cit. (essendo stato, infatti, il ricorso incentrato unicamente su tale fattispecie incriminatrice).

Dopo avere premesso come il divieto di utilizzare, fuori dall’area territoriale contaminata, il materiale proveniente dalla potatura, posto dalla Determinazione del Dirigente Servizio Agricoltura della Regione Puglia del 16/01/2015 n. 3, concernesse unicamente il frascame e non anche le branche e i tronchi, i giudici del riesame hanno infatti sottolineato come il Pubblico ministero non avesse dimostrato, pur con riferimento ad uno standard indiziario – proprio del sequestro probatorio – comunque meno rigoroso rispetto a quello richiesto per le altre misure reali, che la (OMISSIS) S.r.l. avesse effettivamente ricevuto frascame proveniente proprio dalle piante contaminate. Cio’ in quanto la documentazione fotografica prodotta dall’Accusa non poteva assumere, tanto piu’ a fronte degli esiti della consulenza tecnica di parte, un’indiscutibile valenza indiziaria sia in ordine alla effettiva provenienza del carico dalla zona infetta, sia in ordine alla datazione dello stesso, non essendo stato accertato, a questo proposito, da quale momento fosse scattata la zona di interdizione anche nei comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS), dai quali, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbe provenuto il carico in questione, ne’, in ogni caso, se al momento del conferimento il divieto fosse operativo. In definitiva, essendo anche mancata ogni indagine con riferimento all’attivita’ di trasporto, il fumus del reato sarebbe stato ritenuto unicamente sulla base della mera presunzione, non valorizzabile, secondo cui non sarebbe ipotizzabile che, in vista del trasporto, i corpi “piu’ grossi”, lecitamente utilizzabili, siano preventivamente “ripuliti” dei germogli.

L’ordinanza ha poi aggiunto, ai fini, evidentemente, del necessario riscontro dei requisiti di configurabilita’ del reato di cui all’articolo 260 cit., come, nel corso delle perquisizioni operate, non siano emersi altri episodi di approvvigionamento dalle zone infette.

Cosi’ facendo, dunque, i giudici del riesame hanno pienamente adempiuto all’onere motivazionale sugli stessi incombente, specificando, in maniera logicamente congrua, le ragioni per le quali hanno ritenuto insussistente il fumus commissi delicti del delitto di cui all’articolo 260 cit.. E del resto, giova sottolineare che, come correttamente posto in luce dalla difesa, e’ lo stesso Pubblico ministero ad ammettere l’esistenza della motivazione allorche’, nel proprio ricorso, configura un vizio di contraddittorieta’ della stessa, peraltro non configurabile nella specie.

Ne consegue, pertanto, la inammissibilita’ della doglianza formulata dal ricorrente, che sotto l’apparente prospettazione di un vizio di violazione di legge per mancanza di motivazione ha, in realta’, inteso censurare, in contrasto con i principi gia’ ricordati in premessa, una supposta insufficienza dell’apparato logico-argomentativo posto a fondamento della decisione gravata.

3.1. Rileva, inoltre, il Collegio che, anche a voler prescindere dalle considerazioni che precedono, il ricorso appare sostanzialmente incentrato su mere censure di fatto, laddove lo stesso, con riferimento alla questione preliminare relativa alla configurabilita’ di una effettiva situazione di pericolo conseguente alla contaminazione del frascame dall’agente batterico, fonda la sua argomentazione principale sulla ripresa fotografica del 20/03/2015, ritraente i Forestali nell’atto di esaminare del materiale vegetale, presso il centro di stoccaggio delle biomasse.

E’, infatti, evidente che tale passaggio argomentativo del ricorso, il quale attiene ad aspetto del tutto preliminare rispetto ad ogni altra considerazione, attinge essenzialmente a profili di merito, rispetto ai quali, come gia’ osservato, i giudici baresi hanno fornito ampia ed adeguata motivazione, che, come tale, si sottrae a qualunque sindacato in sede di legittimita’.

3.2. Sotto altro aspetto, proprio la circostanza che l’ordinanza impugnata offra, con motivazione logicamente congrua, una compiuta spiegazione delle ragioni che impediscono di configurare, nella specie, il fumus delle ipotizzate fattispecie delittuose, finisce per relegare le argomentazioni poste a corredo del ricorso nell’ambito di una generica riproposizione di censure gia’ valutate, senza che il Pubblico ministero si cimenti in una puntuale e articolata confutazione delle ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. Cio’ che, pertanto, configura un ulteriore profilo di inammissibilita’ del ricorso.

4. Quanto infine al secondo motivo, lo stesso e’ manifestamente infondato atteso che, in realta’, il provvedimento impugnato, senza cadere in alcuna contraddizione, ha, facendo corretta applicazione del principio secondo cui ben e’ possibile, in sede di riesame, rilevare la insussistenza ictu oculi dell’elemento soggettivo del reato, dato atto delle emergenze fattuali (segnatamente il contenuto della documentazione prodotta dalla Difesa non contrastata da altri dati processuali) dimostrative del fatto che la (OMISSIS) S.r.l. abbia corrisposto alle aziende conferenti biomassa un corrispettivo assolutamente nella media se non superiore a quanto corrisposto ad altre aziende, da qui discendendo la mancanza del fine di trarre un ingiusto profitto.

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del PM

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